«In serata arriva una telefonata da L., che racconta nei dettagli i fatti: la Concerta [la stessa ditta a cui è appaltata la Mensa Universitaria di piazza Puntoni, ndR] fornisce cibo confezionato; in una di queste confezioni contenenti carne L. ha trovato dei vermi. Subito ha chiesto di vedere un medico per accertarsi che fossero vermi e non illusioni date dal rincoglionimento provocato da psicofarmaci: il medico conferma... sono proprio vermi. E conferma 2 volte, perché l'ispettore non ci crede. Così vengono controllate anche altre confezioni di carne e i vermi sono anche lì»
Questa testimonianza è stata raccolta nei giorni scorsi dal blog anarchico Scheggia, lo stesso che sollevò pubblicamente, lo scorso mese, il caso del pestaggio di Raya, donna tunisina reclusa nella struttura di via Mattei.
Il garante dei detenuti, l'avvocato Desi Bruno, informa in una nota di non aver «mai constatato nulla di anomalo» nelle forniture di pasti alla struttura, e di aver comunque chiesto lo scorso 17 giugno alle autorità competenti che venissero fatti accertamenti. Bruno rende anche nota una lettera dell'Ufficio Assicurazione Qualità della Concerta stessa, che, riferendosi a «controlli eseguiti su un campione del pasto del 10/6/2009 presso un laboratorio di analisi» segnala che non sono state riscontrare anomalie.
«Non c'era nessun verme nella carne e sul cibo non abbiamo mai ricevuto lamentele. Quello dei pasti è un servizio che la Concerta gestisce ottimamente», smentisce invece seccamente alla stampa dalla direttrice dell'ex Cpt Anna Maria Lombardo.
Ma gli anarchici, che mercoledì scorso hanno anche manifestato davanti in Piazza Puntoni offrendo un pasto agli studenti che passavano, rincarano la dose denunciando un altro maltrattamento. Di seguito il (colorito) passaggio del medesimo post su Scheggia: «E continuano anche i pestaggi nel lager di via Mattei: oggi [venerdì, NdR] un ragazzo doveva essere liberato. In mattinata è stato prelevato con la forza dagli sbirri che lo volevano portare al consolato tunisino di Genova. Essendosi rifiutato di lasciare la struttura, a M. sono state legati polsi e caviglie con del nastro e poi manette e botte. Ora è libero, in ritorno da Genova.»