La mattanza prosegue, indisturbata. Il bilancio dell'operazione "Piombo fuso" sale a circa trecentosettanta morti, millecinquecento feriti di cui trecento gravi, sono fonti mediche a rivelarlo. Gli attacchi aerei proseguono ormai ininterrottamente da sabato. Nel frattempo 6500 riservisti si ammassano ai confini sigillati della Striscia in attesa del via all'operazione di terra, già paventata dal ministro della difesa E. Barack. Da parte sua, Olmert conferma oggi che l'impiego di cacciabombardieri è solo una prima parte di un intervento su più ampia scala, nonostante la proposta di 'cessate il fuoco' della presidenza europea.
Si può costruire, raccogliendo notizie per il web, un primo approssimativo elenco dei colpi portati da parte israeliana e così provare a fare una stima del rapporto tra gli obiettivi 'strategico militari' colpiti e quelli civili. Limitandosi alle ultime due giornate e basandosi sulle notizie diffuse dall'I.D.F si annoverano: la distruzione di un campo di addestramento delle Brigate Ezzedin al Qassam, braccio militare di Hamas nel centro della Striscia; il bombardamento di un laboratorio-deposito di armi e munizioni non si sa bene dove; un'incursione di rambo israeliani che oltre ad aver affrontato miliziani di Hamas avrebbe sabotato anche delle loro basi; ucciso pure un esponente della Jihad insieme al suo piccolo figlio. E' stato poi bombardato l'ufficio del premier Ismal Hanyieh e, sempre ieri, secondo fonti palestinesi, il Ministero degli Interni che, contrariamente a quanto diceva Repubblica.it, non è il primo attacco contro un edificio del governo (nei giorni scorsi erano state infatti bombardate Tawam, sede delle forze preventive, Ansar, la direzione civile e Al Safina, la sede dei passaporti, n.d.r). Oggi, trenta Dicembre, bombardata pure l'intera zona dei ministeri, in questo attacco sarebbero rimasti uccisi dieci cittadini palestinesi. In ogni caso è dubbio se l'amministrazione pubblica debba essere considerata un obiettivo militare o civile. Fonti dal campo ( reporters, free lancers, palestinesi) riferiscono invece che, per quanto riguarda gli obiettivi civili, sono state colpiti e uccisi: tre fratellini della famiglia Absi a Rafah, una mamma con quattro dei suoi figli a Jabalia durante il bombardamento della moschea della stessa cittadina e cinque sorelle sempre nel Nord della Striscia. Colpita ripetutamente la casa della famiglia Ekilan, accanto a quella del premier Haniyeh. Bombardate l'Università di Gaza e sei moschee oltre ad un deposito di medicinali e ad un'ala dell'ospedale di Gaza Ash Shifa. Oggi, tra i fatti che destano maggiore indignazione, è da segnalare un'altra uccisione 'collaterale': due sorelle di quattro e undici anni alla guida di un calesse hanno perso la vita a causa di una bomba. Difficile, in ogni caso, contare i civili che muoiono sotto le macerie.
Le proporzioni del massacro, insieme alle ultime notizie, indicano quindi che i civili hanno un peso elevatissimo tra le vittime di quella che non si può che considerare un'ecatombe. Tale verità, come è facile aspettarsi, viene ampiamente ritrattata dagli esponenti del governo israeliano. In particolare il ministro degli esteri T. Livni ha affermato avant'ieri che Israele rispetta i civili perché fa parte delle sue tradizioni non ucciderli. Tralasciando il cinismo di queste affermazioni aberranti, la stessa Livni dichiarava ieri che le vittime tra i civili sono un effetto collaterale. Non c'è limite alle menzogne dei politici e di quelli israeliani in particolare, tuttavia il problema che queste dichiarazioni sollevano è quello di capire esattamente cosa si nasconda tra le loro righe e, di conseguenza, valutare quanto sia opportuno continuare a rimanere ancorati ad una logica del bilancio tra civili e non per interpretare il massacro. Il rapporto tra queste due categorie è senz'altro reso ancora più importante dal fatto che i media occidentali, oltre ad omettere, incorniciano informazioni all'interno di una costruzione discorsiva che ne minimizza la portata o le fa apparire come una conseguenza dell'operato di Hamas. Vale a dire: è inutile piangere sul lato versato, ve lo siete meritati. Le dichiarazioni dei politici fanno poi il paio con quelle dei media, del resto si alimentano a vicenda, e scagliano, ad ogni appuntamento con l'informazione, spirali di silenzio non solo su ciò che succede a Gaza ma anche su posizioni altre rispetto a quelle 'main' nei tanti contesti della chiacchiera quotidiana.
C'è quindi una prima operazione di sbugiardamento da compiere per dare il giusto risalto a quegli effetti che la Livni definisce 'collaterali'. Tuttavia muoversi dall'una all'altra di queste due dimensioni, continuando a tenerle contrapposte, significa forse fare il gioco di Israele senza accorgersene. Se si dicesse, invece, che tra obiettivi civili e militari c'è assoluta continuità? Che Israele non distingue tra gli uni e gli altri perché ciò che intende fare è eliminare sistematicamente le condizioni per lo sviluppo di un processo politico autonomo da parte dei palestinesi (attraverso l'operazione 'Piombo fuso' adesso, attraverso la costruzione della crisi umanitaria sempre, in una parola con tutte le sue politiche - accomunate dal fatto di essere tatticamente pluri-obiettivo e, comunque, strettamente coerenti sul piano strategico). Se ora Israele volesse veramente segnare un solco tra le esperienze palestinesi di resistenza passate e quelle future? Piuttosto che un bombardamento non intelligente il popolo palestinese subisce allora una pianificata operazione di distruzione di risorse materiali e immateriali che intende minare alle fondamenta la possibilità che si verifichi una terza intifada.Una piccola Nakba di Natale quindi; ci vollero circa quindici anni dal '48 per la prima azione offensiva diretta contro Israele. E non si trattava, per l'appunto, di una sollevazione popolare come quella dell'ottantasette-novantadue. Mettersi d'accordo con l'Anp, con i politici e i notabili di tanti paesi arabi è sicuramente più agevole che dialogare con una resistenza diffusa e organizzata che, peraltro, non verrebbe composta solo da Hamas..
Colpire i miliziani per colpire i civili e viceversa, screditare Hamas per smontare la forma che l'irriducibilità al sionismo della maggior parte della popolazione palestinese ha assunto, seppure all'interno di un campo politico andato sempre più restringendosi nel corso degli ultimi quindici-venti anni. Questo il vero leitmotiv di Israele per Gaza. Come farlo? Superando la soglia oltre la quale far appassire la rabbia in disperazione e impotenza e 'spingere' la gente tra le braccia della collaborazionista A.N.P. L'altra questione fondamentale è se poi si possa, e fino a che punto, fare una distinzione antropologica, sociologica, tra civili e Hamas. Non solo Hamas nasce nel sociale per poi darsi al politico, non solo Hamas ha vinto regolari elezioni, e questo, dal punto di vista democratico è il momento per eccellenza in cui la sovranità popolare si carica di un segno distintivo e particolare. Il discorso è chiaramente spinoso e deve, evidentemente, tener conto anche della non laicità di un movimento come quello di Hamas, ma ciò che intendo è che occorrerebbe vedere qual è la capacità di ricostruzione della sua base in seguito ai colpi ricevuti.In questo modo si potrebbe capire il grado di osmosi tra un movimento politico organizzato e la società in cui questo agisce, e quindi la loro sovrapposizione o la loro lontananza. E' difficile avere risposte precise a queste domande, ma si possono citare le parole di sicuri conoscitori dei marosi e delle dinamiche israelo-palestinesi. Sono perfette quelle dell'ex capo della sicurezza a Gaza, uomo di ferro di Fatah e quisling (collaborazionista in palestinese) Dahlan, così come riportate da un giornalista egiziano citato da InfoPal.it: "Ad-Darawi ha affermato che Dahlan ha chiesto agli americani e ai sionisti di infliggere a Hamas “un duro colpo" che non permetta al movimento di "rialzarsi di nuovo, perché se il colpo è passeggero Hamas tornerà più forte di prima".
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