Sono passate poche settimane da quando si è parlato dei centri sociali come luoghi che alimentano un “brodo di coltura” in cui il terrorismo può attecchire. Di fronte allo scarse fortune di questa bizzarra teoria, adesso, a Palazzo d’Accursio, sostengono che “non c'è pregiudizialmente nessuna ostilità verso questi soggetti, ma le loro iniziative devono rispettare le regole e si devono svolgere all'interno della legalità”. Insomma, la pericolosità sociale, non si misura più, come nei mesi passati sul terreno dell’eversione, ma su quello dell’evasione (fiscale).
E’ singolare che in una città in cui la maggioranza dei dentisti dichiara meno di un lavoratore precario, in cui gli affitti in nero sono un elemento distintivo come le famose “3 T”, che si decida (dopo l’ordinanza anti-birra, le ruspe lungo il Reno, il racket dei lavavetri) di proseguire la non proprio strabigliante campagna “law & order” con un nuovo scontro politico con i centri sociali sullo “scontrino”.
E la cosa ancora più curiosa è che a sollevarla sia un’assessora che si è iniziato a conoscere quando propose, con un vero e proprio coup de théâtre, di analizzare il DNA delle cacche dei cani.
Forse diversi degli zelanti amministratori del Comune di Bologna non si sono accorti che, da due anni a questa parte, in via Paolo Fabbri 110, esiste un luogo, un’Officina dei Media Indipendenti che ha uno strano nome: VAG61.
Passando dall’incrocio con via Sabatucci, si possono notare i muri dipinti, i graffiti che via via si sono sovrapposti, o le tante persone che frequentano questo luogo. E non è difficile afferrare che quel grande edificio, un tempo pieno di carte giudiziarie e forse anche di fantasmi, per anni buio e abbandonato, è oggi un luogo vivo, dove centinaia di persone si incontrano, discutono, producono informazione… (e a volte si divertono pure!).
Noi non abbiamo nessun problema a spiegare (a chi ancora non ci conosce) chi siamo e cosa vogliamo.
Siamo un gruppo di giovani e meno giovani, di varia provenienza e con interessi diversi, ma con un obiettivo comune: costruire uno spazio pubblico aperto a tutti i cittadini, per promuovere il dibattito sull’informazione, sulla comunicazione, sulle tematiche sociali e politiche locali, nazionali e internazionali. Per questo abbiamo lottato, fino a conquistarci un luogo fisico dove poter costruire una nuova idea di città, confrontandoci con i sogni e desideri di molti. E’ un progetto ambizioso, difficile e anche costoso, che stiamo portando avanti grazie all’apporto volontario di tante persone che credono in questi obiettivi. Attualmente a Vag 61 operano una radio, un gruppo video, la redazione di un giornale on-line, un centro di documentazione sui movimenti, un infoshop, una libreria, uno studio di registrazione, un gruppo teatrale, corsi di lingue straniere, e tante altre attività. Spesso ospitiamo iniziative proposte da associazioni cittadine, tra le più diverse. Proponiamo proiezioni gratuite di film, presentazioni di libri, mostre, assemblee e dibattiti. Tutti i martedì, dalle 18 alle 21, si tiene un mercatino dei produttori biologici.
Le serate del sabato, fino allo scorso 21 aprile, erano dedicate alla musica. Pensavamo e pensiamo ancora che anche questi sono momenti importanti per tanti giovani, che oggi a Bologna (dove chi non ha soldi non può permettersi di bere neanche una birra) incontrano molte difficoltà a ritrovarsi in luoghi pubblici. Siamo convinti di questa scelta, perché riteniamo che i tanti studenti che fanno di Bologna una città vitale (per non parlare degli introiti che portano alla città) abbiano diritto a spazi di aggregazione e di socialità.
Proprio perché siamo attenti alla realtà che ci circonda, abbiamo cercato di limitare l’impatto sonoro di queste serate, e di sensibilizzare tutti affinché rispettassero il sonno altrui.
Quando ci siamo resi conto che, comunque, alcune famiglie venivano disturbate dalle iniziative musicali del sabato, abbiamo deciso di sospenderle. Anche perché non siamo degli irresponsabili che non hanno a cuore anche la sicurezza delle persone che vengono in via Paolo Fabbri.
Quello che non accettiamo è la descrizione che l’assessora Sant’Andrea e il questore Cirillo hanno voluto dare di noi, la prima paragonandoci alla stregua dei rapinatori, il secondo come se fossimo degli spacciatori di alcol (pericolosi per la salute di tanti giovani) o la discoteca più trasgressiva della città.
Vag 61 non è una piccola impresa (più o meno alternativa) del “divertimentificio” bolognese, è un luogo dove, attraverso l’impegno volontario e gratuito, si tenta di esprimere un bisogno di socialità per tante persone che non trovano risposte dalle proposte dell’industria dell’intrattenimento: il calendario delle iniziative che si può trovare sul nostro sito (http://www.vag61.info/vag61/articles/art_895.html) è una cartina di tornasole di quello che siamo e delle idee che avanziamo.
Le iniziative di autofinanziamento, come le feste e le cene, sono necessarie per sostenere i nostri progetti culturali, politici e sociali, ma, a volte, sono anche iniziative di solidarietà verso chi ha bisogno, come nel caso delle cene per la raccolta fondi a favore della Casa delle donne per non subire violenza, dei collettivi migranti o di progetti internazionali in Colombia e Palestina.
Anche questa attività è importante e trasparente e continueremo a farla, non ce ne “vergogniamo” e non abbiamo paura a rivendicarla. Pensiamo sia una delle tradizioni più belle dei nostri territori: è la storia di anni e anni, che attraversa le associazioni di mutuo soccorso, le leghe operaie e bracciantili, le case del popolo, le associazioni di volontariato, i movimenti e i centri sociali (e un altro lunghissimo elenco di esperienze di aggregazione).
Ora, noi non chiediamo solidarietà per l’attacco che ci è stato rivolto, abbiamo spalle robuste per poter rispondere in maniera adeguata. Quello che chiediamo alle associazioni, ai collettivi, alle reti di movimento e alle singole persone che hanno frequentato VAG 61, che conoscono il nostro progetto e che l’hanno anche solo parzialmente sostenuto e condiviso, di fare un percorso insieme, per costruire delle alternative al deserto culturale e sociale che ci circonda