I pubblici ministeri del processo per le torture inflitte ai dimostranti anti-g8 nella casema genovese di Bolzaneto nel 2001 hanno rinunciato alle proprie repliche, inizialmente previste per il 14 luglio prossimo. Lunedì al giudice Delucchi non resterà quindi che ritirarsi in camera di consiglio, per emettere entro il giorno successivo la sentenza di primo grado del processo che vede coinvolti quarantacinque tra agenti e funzionari di Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria e personale sanitario penitenziario. Abuso d'ufficio, abuso d'autorità sugli arrestati, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce e falso ideologico le ipotesi d'accusa.
L'accellerazione è stata voluta dai pm per giocare d'anticipo sui nefasti effetti del decreto blocca-processi in discussione alle camere, che avrebbe potuto causare un anno di rinvio al processo a pochi giorni dalla fine dello stesso. La prescrizione è prevista per il prossimo gennaio, ai legali degli agenti di polizia basterà dunque presentare ricorso in appello per avere la certezza di non scantare alcuna pena. La sentenza di primo grado è tuttavia sufficiente perché le vittime possano rivalersi sui colpevoli in sede civile, con la tutt'altro che remota possibilità di ottenere cospicui risarcimenti pecuniari.
Ancora incerto invece il destino del processo per l'irruzione alla scuola Diaz. Sia a causa della nuova formulazione con cui nei prossimi giorni il blocca-processi sarà discusso alla camera, che rende più dubbia la sua applicabilità in questo caso, sia in virtù dell'accusa di "porto di armi da guerra" a carico del vice-questore Pietro Troiani e dell'agente Michele Burgio, che avrebbero portato nella scuola due bottiglie molotov per giustificare la perquisizione arbitraria: un'imputazione gravissima che potrebbe (il condizionale è d'obbligo) portare al rifiuto di una eventuale richiesta di stop al dibattimento.
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