Il prossimo 21 luglio, a sette anni esatti dai fatti, dovrebbe essere pronunciata la sentenza per le torture inflitte a trecento manifestanti nella caserma Bolzaneto durante le giornate del G8 2001 a Genova. Quarantacinque tra agenti e funzionari di Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria e personale sanitario penitenziario rispondono ad accuse di abuso d'ufficio, abuso d'autorità sugli arrestati, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce e falso ideologico. Il quadro che esce dalle testimonianze ascoltate al processo è dei più angoscianti.
Sarebbe attesa per novembre, invece, la conclusione del processo per la violentissima incursione notturna della Polizia di Stato alla Scuola Diaz, occupata dai dimostranti anti-g8. Tra i ventinove imputati spicca Vincenzo Canterini, allora capo della Celere romana e ora ai vertici dell'Interpol. Perquisizione arbitraria, danneggiamento, furto e lesioni personali i capi d'accusa.
In entrambi i casi i tempi di prescrizione sono abbastanza ristretti (inizio 2009), ed è sempre stato chiaro che non si sarebbe mai arrivati ad una sentenza definitiva. Tuttavia, una condanna in primo grado di giudizio sarebbe sufficiente per il risarcimento dei danni fisici e morali subiti dalle numerose vittime della violenza poliziesca costituitesi parte civile.
Ma si è messo di mezzo il nuovo pacchetto sicurezza varato dal governo di centrodestra. In un provvedimento già di per sé autoritario e razzista si annida una norma, inserita con un emendamento, voluta ufficialmente per dare "priorità assoluta" ai reati che destano grave allarme sociale. In sostanza, si prevede la sospensione per un anno di tutti processi per reati commessi fino al 30 giugno 2002 che non siano punibili con pene superiori a dieci anni o con l'ergastolo, o che riguardino delitti della criminalità organizzata.
Tale provvedimento si è meritato la definizione di "salva-premier", perché di fatto bloccherebbe un processo per corruzione in atti giudiziari che vede imputato Silvio Berlusconi; ma tra gli "effetti collaterali" c'è anche lo stop per i suddetti processi alle forze dell'ordine per i fatti del G8: allo scadere dell'anno di sospensione al giudice non resterebbe che disporre l'archiviazione degli stessi per sopravvenuta prescrizione. In sintesi, niente sentenza e niente risarcimenti. E un bel salvagente per molti esponenti di spicco della polizia italiana, oggi ai vertici di antimafia, antiterrorismo e servizi segreti: se fossero condannati Antonio Manganelli si troverebbe con non pochi grattacapi.
Il pacchetto sicurezza è stato votato oggi dal Senato e deve essere approvato dalla camera entro il 25 luglio. Per il processo Diaz significherebbe morte certa, per il processo Bolzaneto si tratta di una corsa contro il tempo.
Come sottolinea Amnesty International, questa situazione si crea anche in ragione del fatto che l'Italia in barba al terzo articolo della Convenzione Europea sui Diritti Umani non ha mai istituito uno specifico reato di tortura, in virtù del quale i tempi di prescrizione sarebbero senza dubbio ben più dilatati.
Ancora pochi giorni, dunque, per sapere se ingiustizia è definitivamente fatta: nessuna condanna per le violenze di polizia, lunga vita al processo ai manifestanti, giunto lo scorso novembre alla sentenza di primo grado con dieci condanne per devastazione e saccheggio e quattordici per danneggiamento aggravato.
E non solo: il 7 giugno è stata pronunciata la prima sentenza definitiva di terzo grado a carico di Valérie Vie, giornalista francese quarantenne, che tentò di violare la zona rossa con gli attivisti di Attac. La griglia cedette e lei fece un passo a mani alzate dove le era proibito: arrestata immediatamente, condotta a Bolzaneto e lì rinchiusa e malmenata per tre giorni, condannata a cinque mesi per resistenza e danneggiamento.
Tolleranza zero per chi fa un passo nei santuari del potere, tolleranza mille per chi il potere lo usa per torturare.
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