Quella che è divenuta col passare degli anni l'ennesima festa commerciale, fatta di mimose vendute a peso d'oro, orde di donne euforiche e deprimenti strip-tease maschili, potrebbe ritrovare quest'anno il suo significato originario di giornata volta alla riflessione sulla condizione femminile e alla lotta per il riconoscimento del ruolo attivo ed autonomo della donna nella sfera politica e sociale.
A questo preciso scopo, sabato 8 marzo un corteo organizzato dalla Rete delle donne di Bologna partirà da Piazza XX settembre alle ore 15, per culminare in una serie di iniziative che occuperanno Piazza Maggiore.
L'evento rappresenta di certo un'occasione importantissima per esprimere in forma collettiva l'indignazione verso quelle scelte politiche maschiliste e reazionarie che pretendono di controllare il corpo femminile, privandolo dei diritti basilari per cui le donne hanno lottato con veemenza nel secolo scorso. Al centro dell'attenzione saranno dunque i recenti e scandalosi attacchi alla legge 194, quella che concede alla donna la possibilità di scegliere se dare alla luce un figlio. Non verrà a questo proposito trascurato il tema della famiglia, concetto che deve essere allargato non solo dal punto di vista culturale, ma anche politico e legale, per comprendere forme diverse dal tradizionale nucleo patriarcale. Si discuterà infine degli integralismi religiosi, dei soprusi e delle privazioni che essi esercitano così frequentemente sulle donne e sulla loro libertà di scelta individuale.
Pare infatti essere in atto un processo politico a ritroso verso scelte conservatrici e anacronistiche, che minano i pochi diritti che le donne sono riuscite a conquistare in oltre un secolo di lotta. Da questo apparente ritorno al Medio Evo è necessario difendersi a spada tratta, alimentando a livello pubblico la consapevolezza e l'informazione, non solo attraverso cortei e manifestazioni, ma anche con la creazione di servizi pubblici laici e gratuiti e la diffusione di informazioni riguardo a contraccezione, prevenzione e salute.
Perchè infatti scegliere di abolire una legge come la 194, volta a prevenire i pericolosi aborti clandestini e gli ulteriori danni sanitari e sociali ad essi collegati? Perchè non rendere invece accessibili e facilmente reperibili tutti i contraccettivi, oltre a mettere a disposizione tecniche non chirurgiche e meno invasive di aborto come la Ru486, assicurandosi infine che medici non obiettori siano costantemente presenti in ciascuna struttura ospedaliera?
Finchè i rapporti sessuali liberi e le gravidanze indesiderate costituiranno per una buona parte della popolazione un'onta morale e sociale, argomenti soggetti al segreto e alla vergogna, l'aborto continuerà infatti ad essere visto come una soluzione praticabile, utile a cancellare in fretta le ragioni della propria vergogna. Solo il dialogo e l'apertura sociale potranno diminuire effettivamente il numero di donne che intraprendono questa dolorosa scelta e accrescere invece il numero di quelle in grado di vivere la propria sessualità in maniera piena, libera e consapevole. La manifestazione prevista a Bologna per l'8 marzo è senz'altro un passo avanti in questa direzione.
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