Soldato italiano ucciso in Afghanistan

Continua lo stillicidio di soldati italiani in un'inutile guerra da tempo dichiarata conclusa ed invece ancora perpetuata, con il favore dei governi di ambedue le parti politiche.
14 febbraio 2008 - Rete nazionale Disarmiamoli!

Alle 15 locali (le 11.30 in Italia) del 13 febbraio un militare italiano è stato ucciso a 60 chilometri da Kabul, in Afghanistan, e un altro è rimasto ferito. I due, entrambi dell'Esercito, sono rimasti coinvolti in un attacco con armi da fuoco portatili mentre stavano svolgendo una missione nel distretto di
Uzeebin, a circa 60 chilometri dalla capitale.
Per qualche giorno i media nazionali torneranno a parlare di quello sfortunato paese, dove quotidianamente gli aerei, gli elicotteri e gli uomini della N.A.T.O. versano tonnellate di esplosivi, bombe e pallottole, producendo in 7 anni migliaia di vittime civili innocenti.

L'impressionante volume di fuoco non ha però risolto i gravi problemi
militari delle forze occupanti.
Secondo un recente rapporto del Senlis Council intitolato ''Afghanistan
sull'orlo del precipizio'' i talebani controllano il 54 percento del territorio
afgano, sono attivi in un altro 38 percento (compresa la provincia 'italiana' di Herat) e minacciano ormai la stessa capitale Kabul (la cui difesa è ora
responsabilità dei soldati italiani) .
Sta fallendo una strategia bellica incurante della storia di un popolo capace
di sconfiggere, nei secoli, grandi potenze cimentatesi nel vano tentativo di
controllare quelle terre impervie ed inospitali, agognate per collocazione
geografica, per il passaggio di oleodotti, gasdotti e per produzione di oppio.

I governi succedutisi recentemente in Italia hanno cambiato le parole con le
quali giustificare e cogestire in ambito N.A.T.O. il massacro afgano. Alla retorica bellicista di Berlusconi e Martino è stata sostituita la linea
del "peacekeeping" e della "riduzione del danno" di
D'Alema, Parisi e Menapace.

La realtà sul campo ci dice che negli ultimi due anni di governo di centro
sinistra il coinvolgimento diretto dell'esercito italiano nei
combattimenti è aumentato, quantitativamente e qualitativamente.
Dall'estate 2006, infatti, è operativa nell'ovest dell'Afghanistan, la Task
Force 45 ("la più grande unità di forze speciali mai messa in campo dall'Italia dai tempi dell'operazione Ibis in Somalia" secondo l'esperto militare Gianandrea Gaiani) comprendente i Ranger del 4° Alpini, gli incursori del Comsubin, il 9° Col Moschin e il 185° Rao della Folgore. In tutto circa duecento uomini, impegnati fin dal settembre 2006 nell'operazione segreta 'Sarissa' (la lancia delle falangi oplitiche macedoni) volta a combattere i talebani a fianco delle Delta Force statunitensi e delle Sas britanniche, in particolare nella provincia occidentale di Farah. (vedere Enrico Piovesana su http://www.peacereporter.it ).

Non sappiamo se, come sembra, dal prossimo dibattito parlamentare sul decreto di rifinanziamento delle missioni di guerra all'estero, previsto per il
20 febbraio, la missione afgana verrà stralciata dalle altre, in modo da dare
una chance alla "sinistra" di distinguersi nel voto.
Sappiamo invece su chi ricade la responsabilità politica della morte dei
militari italiani e delle migliaia di civili di questi ultimi due anni di guerra: sui partiti, sui singoli senatori e deputati che nel 2006 e nel 2007 hanno votato a favore del rifinanziamento di tutte le cosiddette "missioni di pace".

Non sarà certo un'ennesima capriola pre elettorale, tanto meno un
tardivo distinguo sulla sola missione afgana a salvare un ceto politico
direttamente compromesso con la politica militarista e neo colonialista del
decaduto governo Prodi.

La Rete nazionale Disarmiamoli!
www.disarmiamoli.org - info@disarmiamoli.org
3381028120 - 3384014989