Appello per una manifestazione nazionale il 1° marzo a Roma

Ritiro immediato dei contingenti militari italiani da tutti i fronti di guerra. L'Italia cessi di essere complice della guerra permanente


11 febbraio 2008

Lanciamo un appello affinché sabato 1 marzo una nuova e grande
manifestazione popolare porti in piazza la richiesta del ritiro immediato
delle truppe italiane da tutte le aree di guerra e affinché le crescenti
spese destinate al settore militare vengano utilizzate per le assai più
urgenti esigenze sociali.

Il Consiglio dei Ministri del decaduto governo Prodi, ha reiterato – tra i
suoi ultimi atti istituzionali – il decreto che rifinanzia e mantiene le
missioni militari italiane in Afghanistan, Balcani, Libano, Africa. Questo
decreto dovrà essere approvato in Parlamento. La sua bocciatura metterebbe
in seria crisi la partecipazione e la complicità del nostro paese con la
guerra permanente in corso dal 2001 in diverse regioni del mondo e che
rischia una nuova escalation in aree come i Balcani e l'Iran.

Chiamiamo a scendere in piazze tutte le reti, le associazioni, i soggetti
che hanno animato in questi anni il movimento contro la guerra .
In questi anni abbiamo portato in piazza con coerenza il nostro
No alla guerra, senza fare sconti a nessuno, né al governo Berlusconi
né al governo Prodi, anche quando quest'ultimo ha potuto godere del
sostegno dei gruppi parlamentari dei partiti della sinistra
e delle associazioni aderenti alla Tavola della Pace.

La realtà dei fatti ha rivelato che le missioni militari approvate dai governi
negli anni scorsi, vedono le truppe italiane impegnate nei combattimenti in
Afghanistan ("Operazione Sarissa"), nell'occupazione del territorio libanese
a puntello di un governo ostile a metà di quel paese, nella copertura
militare alla secessione pilotata del Kosovo che prelude ad una nuova guerra
"umanitaria" gestita militarmente anche dall'Unione Europea, nell'opera di
gendarmeria contro gli immigrati in Africa (vedi l'accordo Italia-Libia).
Queste missioni operano nel quadro della NATO, dell'ONU o sulla base di
accordi multilaterali, ma rivelano sistematicamente il loro carattere
bellicista e neocoloniale. Il fatto che le truppe sui fronti di guerra
vengano affiancate talvolta da organizzazioni civili finanziate dai governi
occupanti e appoggiate ai governi-fantoccio locali, non ne modifica affatto
la natura e gli obiettivi strategici. ma contribuisce alla manipolazione
mediatica sulle guerre umanitarie coperte da "missioni di pace."

In questi due anni abbiamo visto le spese militari crescere del 24% e l'ampliamento
della presenza di basi militari USA e NATO nel nostro paese. E' il caso di
Vicenza, dove ben tre manifestazioni nazionali e l'opposizione popolare
hanno fatto capire molto chiaramente che la nuova base al Dal Molin non si
deve costruire, ma parliamo anche di Camp Darby, Sigonella, Taranto. Abbiamo
visto progettare nuovi luoghi di guerra come l'impianto per l'assemblaggio
degli F 35 a Novara e l'adesione – quasi segreta – dell'Italia allo Scudo
missilistico statunitense o alla cooperazione militare con Israele. Abbiamo
verificato che il governo ha mantenuto l'embargo contro la già stremata
popolazione palestinese di Gaza o che circa 90 bombe nucleari USA sono
ancora stoccate nelle basi di Ghedi ed Aviano.

Noi vogliamo mettere in crisi questa politica militarista che espone il
paese a tutte le devastanti conseguenze della guerra e vogliamo renderne
difficile l'attuazione in ogni luogo.

L'opposizione alla guerra resta una questione decisiva e dirimente nei
movimenti sociali a livello internazionale. Lo ha dimostrato la giornata
mondiale del 26 gennaio scorso che ha visto centinaia di manifestazioni No
War in tutto il mondo e manifestazioni in dodici città italiane.

Ci sentiamo parte di un vasto movimento internazionale che ripudia la guerra
nei paesi che conducono aggressioni e interventi militari contro altri paesi
e siamo solidali con le popolazioni che resistono alle occupazioni militari
e coloniali.
Ci sentiamo solidali con gli attivisti no war condannati assurdamente
e pesantemente dal tribunale di Firenze per una manifestazione del maggio '99
contro la guerra alla Jugoslavia. A nessuno può sfuggire la minaccia
alle libertà democratiche e le derive razziste che vengono prodotte
da un apparato statale impegnato nella guerra

Noi chiediamo l'immediato ritiro dei contingenti militari italiani dai paesi
in cui sono stati inviati, la destinazione a uso sociale dei fondi previsti
per le spese militari e la riconversione a uso civile dei luoghi di guerra
(basi, caserme, impianti) disseminati nel nostro paese, a cominciare dalle
numerose caserme in dismissione che altrimenti diventerebbero preda della
speculazione immobiliare.

Vogliamo agire per una radicale inversione di tendenza rispetto alle
politiche militariste di tutti i governi degli ultimi anni di centrodestra e
centrosinistra e da qualsiasi eventuale futuro governo che voglia proseguire
su questa strada.

Chiamiamo alla mobilitazione per sabato 1 marzo con una manifestazione
nazionale a Roma che incida sia sulle decisioni del Parlamento che nella
società, impedendo la conferma del decreto che rinnova e finanzia le
missioni militari italiane all'estero.

Il Patto permanente contro la guerra
(Action, Confederazione Cobas, Disarmiamoli, Global Meeting Network, Mondo senza guerra, Partito Comunista dei Lavoratori, Rappresentanze Sindacali di Base, Red Link, Rete dei comunisti, Semprecontrolaguerra, Sinistra Critica)