Dove vogliamo andare con questo movimento che negli ultimi sei mesi ha saputo esprimere non solo la contestazione del globalismo capitalista ma anche l'unica opposizione sociale e politica al governo di mafia? 
Dopo le dimissioni del ministro Ruggero (segretario del World Trade  Organization che a Seattle fu contestato e disperso), esplode in maniera  drammatica la contraddizione tra interessi nazionali del capitalismo mafioso italiano e interessi europei. 
La defunta sinistra dalemiana, dal suo sepolcro imbiancato, si precipita a manifestare per il Ministro defenestrato. Fanno pena, ma non c'è da  meravigliarsene, perché la subalternità è la cultura di questo striminzito partitello che ormai rappresenta solo gli interessi di un ceto di burocrati allo sbando. Le dimissioni di Ruggero pongono un problema serio, anzi due problemi. Il primo è: come agire per approfondire la crisi di questo governo, e come  prepararsi alla eventualità di una sua caduta? 
Il secondo è: quale posizione esprime il movimento dei social forum sul  divenire europeo, tema che fino a questo momento è rimasto un po' al margine della nostra riflessione e invece deve diventarne il punto focale? 
Quanto alla prima domanda, è chiaro che una caduta del governo a breve  scadenza non è auspicabile (ma del resto nemmeno probabile). Data  l'inesistenza di un'alternativa elettorale la mafia andrebbe a una vittoria definitiva. Molti si stanno ponendo il problema di dare rappresentanza politica - e  perché no, elettorale - al movimento che emerge dalla società, al movimento che disobbedisce. Il problema è legittimo, ma sarebbe sbagliato farne il  centro della nostra attenzione, perché questo rischierebbe di indebolire il fronte principale della nostra iniziativa. Nei prossimi mesi dobbiamo intensificare l'attacco contro la dittatura dell'ignoranza che è già iniziato nelle scuole superiori e deve allargarsi a tutte le università. 
Dobbiamo portare dovunque la critica della guerra e del razzismo. Dobbiamo aiutare il movimento degli operai a battere la  politica padronale di Maroni, a estendere i diritti del lavoro alle forme nuove e flessibili della produzione, anziché subire la flessibilità come  mano libera sulla forza lavoro. E soprattutto dobbiamo puntare a unificare i diversi fronti di lotta in un'offensiva che renda inoperante il governo della mafia, che moltiplichi i  punti di conflitto, e i processi di autorganizzazione. 
La nostra parola d'ordine sul governo Berlusconi, oggi, e per i prossimi  mesi, non sarà: "facciamo cadere questo governo", ma "disobbediamo sistematicamente" Disautorare il governo, rendere inoperanti le sue decisioni, contestarle  sistematicamente, e contemporaneamente far crescere nelle scuole nelle  fabbriche nella vita quotidiana, nei media, nei centri di ricerca,  l'autorganizzazione sociale. 
Nel corso di un processo di questo genere, che è già iniziato e che deve  intensificarsi nei prossimi mesi deve crescere anche l'alternativa politica al governo di destra per toglierci definitivamente dai piedi i D'Alema e i Violante (e i Rutelli), che hanno aperto la strada alla vittoria dei mafiosi e dei fascisti, iniziando e legittimando la politica di privatizzazione e di guerra. Ma la soluzione al problema squisitamente politico dell'alternativa non la troveremo se ci concentriamo sui problemi della rappresentanza politica. La troveremo se saremo capaci di spostare il campo tematico e il territorio  politico dello scontro. 
E qui vengo alla seconda questione che ponevo all'inizio, quella del contributo del movimento anticapitalista al divenire europeo. 
Scusatemi una breve digressione, prima di giungere al punto. Il centrosinistra sta conducendo la sua critica al governo sul tema della legalità e della lealtà europeista. Si tratta di un terreno perdente in partenza. Prima di tutto perché non si costruisce consenso denunciando l'illegalità  di Berlusconi, che è cosa ben nota anche ai suoi elettori. L'uso dei media ha permesso alla mafia berlusconiana di rovesciare in forme di vittimismo  ogni offensiva su questo piano. In secondo luogo il terreno della legalità europea è un terreno scivoloso e  contraddittorio. L'assenza di una base costituzionale rende l'azione  istituzionale europea esitante e talvolta controproducente. Come accadde con le sanzioni all'Austria di Haider si rischia di determinare un consolidamento della reazione nazionalista. Che occorre fare allora? Non è sul tema della legalità che si rovesciano i rapporti di forza ma sul tema della condizioni di vita, sui temi della  scuola, della sanità, del reddito, dei diritti del lavoro. E il movimento  ha giustamente scelto di non privilegiare il terreno della legalità, ma quello dell'autorganizzazione sociale, per impedire al governo di avanzare. 
Ma, fino a questo momento, il movimento non ha saputo agire in un orizzonte  europeo. E questo invece può diventare il modo giusto per rovesciare la  situazione. E' inutile stare a fare i primi della classe in europeismo, quando restiamo  nei limiti della forma europea presente. 
Quel che possiamo fare è invece iniziare un processo costituzionale dal basso dell'Europa che è mancato fino a oggi. Proprio mentre chiamiamo l'attenzione dei cittadini e dei media europei (oltre che, naturalmente, delle istituzioni comunitarie) sulla crisi della democrazia in Italia, dobbiamo e possiamo porre anche il problema della  democrazia in Europa. Proprio dal paese in cui più acuta è la crisi può nascere un processo costituzionale che sancisca il carattere democratico del divenire Europa. 
La costruzione europea non è stata finora, al di là della retorica, un processo democratico. Non c'è stato fino ad ora un movimento per l'Europa. C'è stato un disegno di architettura postnazionale originale e complesso, ma non si è tradotto in forma postnazionale della democrazia. L'Europa è rimasta così una costruzione tecnocratica e finanziaria, e si presenta come una fortezza senza generosità senza energia e senza fascino. Senza altro fascino, se non il fascino della sue finanze. 
Eppure noi sappiamo che nel mondo della guerra globale, dall'Europa può  nascere una prospettiva che si opponga al dilagare dell'autoritarismo, del  militarismo e della violenza inter-etnica. E' un compito difficile, per un movimento così giovane come il nostro, ma lo dobbiamo affrontare. Dobbiamo perseguire due obiettivi di grande ampiezza. Il primo è quello di delegittimare definitivamente il governo della mafia berlusconiana, e porre le premesse per il suo crollo. Il secondo è quello di accelerare il processo costituzionale europeo, fondandolo su un processo  di integrazione legislativa sul piano sociale. Il terreno su cui si gioca la partita finale tra la guerra e la pace, tra la barbarie liberista e una democrazia socialmente radicata, tra il razzismo e l'accoglienza è (o almeno può essere) quello di un processo costituzionale europeo. 
Perciò credo che il movimento dei social forum, e tutte le forze sociali e culturali che nel nostro paese si sono opposte alla guerra, alla mafia e al fascismo debbano prepararsi a portare in Europa una battaglia 
- contro il nazionalismo, il localismo, il razzismo, l'antieuropeimo del governo Berlusconi;
- per una costituzione europea fondata sulla pace, aperta alla libera circolazione degli uomini e delle donne di tutto il mondo; 
- per una compiuta democrazia dell'entità europea in divenire, che sia  fondata sulla solidarietà sociale e non sul profitto;
- per un internazionalismo europeo che sia capace di proporsi come modello  di una nuova epoca postimperiale e neo-sociale del pianeta. 
Partendo da queste considerazioni, io credo che dovremmo lanciare, per la  primavera, l'appuntamento di una manifestazione a Bruxelles e a Strasburgo contro il governo di destra in Italia, e per una costituzione sociale ed internazionalista dell'entità europea in  divenire. 
Credo che dovremmo chiamare a questa manifestazione tutti coloro che in  tutte le contrade d'Europa sono preoccupate dalla protervia mafiosa italiana e interessate a dar vita a un movimento capace di modificare il senso dell'entità europea. 
Credo che dovremmo usare questa occasione per dare vita, finalmente, a una  discussione dal basso sulle prospettive europee oltre i limiti della sua  concezione attuale, oltre i limiti del globalismo capitalista, e della dittatura liberista.