“Se cercate Carlo guardate in mare”, quando in Piazza Alimonda Haidi Giuliani pronuncia queste parole, molti dei trecento che sono venuti a ricordare il ragazzo ventitreenne ucciso dalla pistola di un carabiniere il 21 luglio 2001 a Genova non sanno che nella mattinata le ceneri di Carletto erano state sparse in mare. Un battello era partito da Boccadasse (Boca d'azë o Bocadâze in genovese), l’antico borgo marinaro della città, situato all'estremo lato orientale che ha l’accesso da una tipica "crêuza de mâ" com’è via Aurora.
E “lo vedrete correre sul mare” è l’ultimo verso del poemetto dal titolo “La condanna a morte del reprobo”, composto da Carlo quando aveva 17 anni e letto ieri pomeriggio dal palco, in diverse lingue, dal suo amico d’infanzia “Gogo”.
“Bocadâze” ha dato origine anche al nome della squadra argentina del “Boca Junior” fondata nel quartiere “la Boca” di Buenos Aires, abitato prevalentemente da immigrati genovesi. E di migranti e dei loro diritti negati, delle nuove leggi razziali, si è parlato nell’accorato intervento di Don Gallo, che ha esortato tutti a resistere alla barbarie che sta venendo avanti. Il prete ottantunenne della Comunità di San Benedetto al Porto, ha ricordato i suoi 17 anni il 25 aprile del 1945, ha sostenuto l’opportunità di continuare ad essere antifascisti orgogliosi, per proseguire una battaglia di libertà e di giustizia sociale oggi più che mai necessaria.
Sono passati 8 anni dalle giornate del G8, dalle manifestazioni, dalla mattanza poliziesca, dalle torture nelle caserme per gli arrestati, dall’assassinio di un ragazzo genovese che era andato al “corteo delle tute bianche”, partito dallo Stadio Carlini, dopo essere stato la mattina al mare in una delle spiagge intorno a Genova. Ieri, Haidi e Giuliano Giuliani hanno deciso di dedicare la ricorrenza alle “risposte negate”. A pochi passi dove Carlo è stato ucciso, lungo la cancellata della chiesa (che un parroco zelante aveva ripulito dai fiori, dai biglietti, dagli oggetti, dai ricordi che tanti giovani e meno giovani avevano lasciato in questi anni), sono stati attaccati dei fogli A3 dove erano impressi tanti “perché”: “Perché quel defender, da cui partirono gli spari, non adeguato a compiti di ordine pubblico, era in Piazza Alimonda?”, “Perché il carabiniere Placanica fu interrogato solo un’ora e mezza dalle sue dimissioni dall’ospedale?”. “Perché il vicequestore Lauro tirava sassi ai manifestanti?”, “Perché un fotografo che riprese la scena fu picchiato selvaggiamente dagli agenti?”, “Perché il vicequestore Lauro gridò all’ultimo ragazzo rimasto in piazza che era stato lui ad uccidere con un sasso Carlo?”, “Chi infierì con un pietra sul viso di Carlo già deceduto?” “Perché gli alti ufficiali dei CC chiamarono l’ambulanza per un politraumatizzato senza menzionare i colpi di pistola?”, “Perché fecero lanciare lacrimogeni a chi voleva soccorrere Carlo?”
Risposte che solo un dibattimento pubblico avrebbe potuto chiarire, ma quel processo è stato da sempre (e forse per sempre) negato.
Risposte del resto negate anche ai compagni di Francesco Lorusso (assassinato dai carabinieri l’11 marzo ’77 a Bologna), alla sorella di Iaio (ucciso insieme al suo compagno Fausto nel 1978 davanti al Leoncavallo), alla mamma di Renato Biagetti (ucciso a coltellate mentre usciva da una festa reggae nelle vicinanze di una spiaggia romana)… Ieri erano tutti in piazza Alimonda, così come c’erano per tutti gli altri 8 anniversari. Insieme a loro, alcune centinaia di compagni venuti da tutte le parti d’Italia e in buon numero anche da Genova.
La “Genova ufficiale” sembra aver rimosso le giornate del G8 del luglio 2001 e la morte di Carlo Giuliani: ieri sulle cronache locali dei quotidiani La Repubblica, Il Lavoro, Il Secolo XIX, non c’era traccia della manifestazione di Piazza Alimonda. Nella stessa piazza l’Amministrazione comunale si era premunita di cancellare sulla targa toponomastica la scritta col pennarello “Carlo Giuliani, ragazzo” diventata famosa perché stampata su migliaia di T-shirt. Per fortuna, poco prima dell’inizio degli interventi una mano saggia aveva riscritto con lo stesso pennarello blu la stessa frase.
L’ignavia del Comune di Genova mi era stata sollecitata, poco prima, da una compagna di Bologna, presente in piazza: “Almeno per lavarsi i sensi di colpa, in via Mascarella, da 30 anni, una corona del Comune e un mazzo di fiori della Provincia, davanti alla lapide che ricorda l’uccisione di Francesco Lorusso, la mattina dell’11 marzo, ci sono sempre… i bolognesi saranno farisei… ma gli amministratori genovesi sono sicuramente dei vili”.
Dopo il lunghissimo, commovente applauso delle 17 e 27 che ogni anno ricorda a quel modo Carlo, la manifestazione si è conclusa con il concerto di una serie di gruppi musicali: Renato Franchi & l'Orchestrina del Suonatore Jones, le "Cantacronache di ieri e di oggi" di Alessio Lega, Marika, Pier e Fabio "Bricchi, Gotti e Lambicchi". L’ultima band a salire sul palco è stata "LibertAria", il cantante Marco Rovelli (prima era con gli Anarchistes) privilegia ancora “canzoni di lotta e di anarchia”. Gli arrangiamenti e l’interpretazione molto passionale hanno reso ancora più caldo il tramonto genovese.
E del movimento che aveva riempito le strade e le piazze di Genova? Nel 2001 si era in 300 mila… ieri appena in 300… Le sue tracce si sono perse da tempo, i suoi contenuti sono ancora una risorsa preziosa tutta da utilizzare… come è tutto da discutere.
Non so se il dibattito organizzato nel pomeriggio di oggi, al Circolo “Lo Zenzero”, dal “Comitato Verità e Giustizia per Genova”, riuscirà ad affrontare in pieno la questione. Il titolo del confronto è stimolante “Che rimane del luglio 2001”. Il coordinatore della discussione è una persona di valore: Lorenzo Guadagnucci, il giornalista che rimase vittima del pestaggio poliziesco alla scuola Diaz. Il parterre dei relatori probabilmente non è il più adatto per dare un’interpretazione completa della situazione. Forse la cosa più efficace è la frase di Luis Sepulveda, scritta sul volantino di convocazione: “I morti danno fastidio, le vittime danno fastidio e quelli che chiedono giustizia sono ancora più scomodi”.
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