Se a novembre dell'anno scorso si apprendeva con rabbia che dopo i pestaggi subiti, l'assassinio e il "terrore cileno", non rimaneva che "pagare caro, pagare tutto", dai danni patrimoniali a quelli d'immagine, il 14 luglio 2008 prendiamo atto della sadica solidarietà tra giurisprudenza e forze dell'ordine, tra giudici e criminali in divisa. In Italia allora, stando alle sentenze, esistono ufficialmente i vandali, che devastano e saccheggiano, ma non c'è traccia di torturatori o di sicari di Stato; troviamo solo varie sbiadite figure che abusano (abuso d'ufficio - tra l'altro reputato inesistente a Bolzaneto -, abuso di potere, ecc.) o che mentono. Il nostro è uno Stato che ha paura di sfigurare per i fatti compiuti da cittadini (molti dei quali stranieri), piuttosto che dai comportamenti incivili di un proprio organo come le forze dell'ordine.
Nonostante l'impianto accusatorio dei PM che denunciavano le violenze e le torture accadute all'interno della Caserma di Bolzaneto durante le giornate del G8 del 2001, la verità emersa dalle testimonianze delle vittime di Bolzaneto è stata solo parzialmente riconosciuta: le pene per 15 su 45 inquisiti sono state lievi. Lievi erano state le richieste, ancora più lievi sono state le condanne.
Ora, nemmeno troppo metaforicamente, ci ritroviamo come asini tra il bastone e la carota: il bastone della caserma di Bolzaneto infatti lo abbiamo appena ricevuto. E se il 21 luglio 2001 "avete fatto i bravi", e invece che in caserma eravate a scuola, potrete aggrapparvi alla carota giudiziaria e sperare (nemmeno tanto) sulla sentenza definitiva riguardante la mattanza della Diaz. Giovedì 17 luglio i pm Zucca e Cardona Albini hanno reso note le richieste delle condanne per i superpoliziotti: 109 anni e 9 mesi in totale, con reati che vanno dall'abuso d'ufficio alle calunnie e percosse.
A settembre sapremo se ci sarà concesso mangiare la carota, o se ci procurerà anch'essa dei lividi.
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