> La prima arringa della difesa, lunedì 29: «Tutto nelle regole»
DAL NOSTRO INVIATO A FERRARA
Presenti in aula entrambi i genitori di Federico.
Prende la parola l'avvocato Michela Vecchi, difensore di Luca Pollastri ed Enzo Pontani, che in una lunghissima arringa è ben determinata nello smontare le tesi dell'accusa e del P.M. Il punto di partenza sono i già noti capisaldi della difesa ovvero l'ipotesi di agitazione psicomotoria e l'assunzione in quantità di un mix di alcool e droghe. Da qui si citano le prime testimonianze degli amici di Aldro che confermerebbero i dati registrati dalle analisi tossicologiche su sangue ed urine, pur dimenticando le polemiche intercorse in merito alle modalità d'interrogatorio che avrebbero visto minacce ai ragazzi da parte della questura.
Dette analisi sono state al centro di diverse polemiche durate tutta la durata del processo e l'avvocato insiste su come, secondo le sue parole, le stesse testimonianze degli amici siano variate nel tempo intercorso fra le prime analisi svoltesi a Ferrara e le successive avvenute a Torino.
Morfina, Ketamina, LSD, Popper, Alcool... Queste le sostanze rinvenute nel sangue e nelle urine e su cui l'avvocato ha elaborato una delle tesi riguardanti la morte di Federico. Sarebbero state le droghe infatti a determinare la morte, tesi questa rafforzata nel discorso della difesa dalla presunta constatazione in Aldro della cosiddetta excited delirium syndrome. Questa "sindrome", la cui scientificità è ancora da provare, avrebbe procurato scompensi respiratori che uniti all'effetto della Ketamina avrebbero procurato la morte del giovane. Forti le accuse contro p.m. e parte civile per un'"irresponsabile" rincorsa, nelle loro tesi, delle diverse perizie che si sono succedute dall'inizio del processo.
Per consolidare la sua tesi, l'avvocato Vecchi comincia un tentativo di erosione della valutazione del Dott. Thiene, consulente per la difesa, secondo cui il decesso di Federico sarebbe avvenuto in seguito ad una compressione meccanica (schiacciamento del torace) esercitata sul ragazzo steso a terra prono e ammanettato; ciò avrebbe comportato un blocco del fascio di His e il successivo arresto cardiaco.
Secondo il legale della difesa la "perizia non può essere fatta sulla base di una foto bidimensionale, senza esaminare i vetrini del cuore e apprezzare col tatto che le macchie, che per Thiene sono due metà di un solo ematoma, rappresentano in realtà fenomeni putrefattivi post mortem". La Vecchi si spinge poi oltre fino ad affermare che, anche qualora fosse avvalorata la suddetta ipotesi scientifica, resterebbero il contesto di droghe ed EDS a far passare in secondo piano la tesi in merito all'asfissia. Thiene viene accusato addirittura di "aver fatto deragliare il processo"
EDS e droghe danno struttura a tutto l'impianto accusatorio e anche la stessa colluttazione tra ufficiali di polizia e ragazzo andrebbe inquadrata e valutata alla luce di questi dati.
Il discorso viene quindi spostato sull'analisi delle testimonianze di pm e parte civile che secondo la difesa non potrebbero avvalorare le ipotesi di compressione toracica in fase di contenimento. Qui starebbe il vuoto probatorio dell'accusa vista la poca importanza attribuita dalla Vecchi alle dichiarazioni di Lucia Bassi. Ciò che avrebbe visto sarebbe stato un "generico sovrastare di un corpo sull'altro", il che non costituisce reato ma la normale prassi procedurale per quanto riguarda ammanettamento e contenimento.
Per l'altra teste, Anne Marie Tsegue, vengono spese ancor meno parole liquidandola con un sbrigativo "non ha visto niente" e sottolineando ancora una volta la mancanza di un nesso causale tra la morte di Aldro e l'intervento dei quattro agenti, morte che si sarebbe verificata in ogni caso secondo la difesa.
E' quindi impossibile, per l'avvocato della difesa, ricostruire le cause della morte e di conseguenza viene inficiata ogni possibilità di determinare la catena causale di eventi precedenti e determinanti il decesso così come la possibilità di individuare nelle azioni dei quattro imputati una condotta colposa per eccesso nell'adempimento del proprio dovere, pur marginalizzando la discussione sui manganelli e sulle ferite riportate da Aldrovandi. Da qui la richiesta al giudice di assoluzione degli imputati per mancanza di prove certe rimandando al principio del ragionevole dubbio.
Conclude l'udienza l'arringa dell'altro avvocato della difesa Gabriele Bordoni.
La sentenza è prevista per lunedì 6 luglio a seguito delle repliche delle due parti.
> Vai alla feature su Federico Aldrovandi