Infoaut sull'ormai ex sindaco Sergio Cofferati

Tex senza più cartucce

"Una riflessione parzialissima sugli anni di amministarzione Kofferati. Uno spunto per un più ampio confronto".
24 giugno 2009

> Da Infoaut Bologna

E' andato via! Sergio Gaetano Cofferati lascia Bologna. La città tira un sospiro di sollievo e si gode queste giornate post-elettorali dove il discorso dei partiti si concentra sulle valutazioni dei risultati delle urne. Ancora (per poco) le sue strade, piazze, le relazioni sociali che le abitano, le culture che l'attraversano non sono oggetto di provvedimenti, nuove sanzioni, e regolamenti.

non lama Lo sceriffo è stato chiamato a far fischiare il suo revolver altrove, le manette che tiene sempre pronte alla cintura tintinneranno nelle orecchie di altri disgraziati, intanto dalla città in cui aveva impostoil coprifuoco, dalle riserve in cui aveva rinchiuso alcune tribù nemiche, si tira fuori il capo dalle case, si riaprono le porte, ci si affaccia alla finestra, si contano i danni e si fa un primo bilancio. Lo sceriffo ha vinto o perso la sua battaglia? Il suo trasferimento da Bologna è una promozione o un mal celato esilio? Le tribù oggetto della sua furia hanno pronte le cure per medicare le ferite? E i banditi che lo hanno sfidato, attaccato e che hanno ingaggiato con lui battaglie all'ultimo respiro in nome dei diritti e della giustizia sociale potranno tornare in paese ed aiutare la comunità a fare di Bologna una città aperta, accogliente, antifascista e antirazzista come in molti hanno sognato e sognano?

Proviamo a rispondere a queste domande costruendo delle ipotesi e ricostruendo secondo un ragionamento alcuni pezzi della storia recente della città. Usiamo due concetti che sono stati i grandi protagonisti dell'era Tex-Cofferati: diritti e legalità. Due parole in continua tensione, terreni di rotture, scontro, composizioni, due parole critiche della teoria politica che in questi 5 anni di amministrazione Cofferati sono stati una sorta di polvere da sparo con cui caricare le cartucce da
una parte e dall'altra, nell'arsenale dello sceriffo e in quello dei banditi.

La questione legalità inizia a venir posta con forza dal sindaco durante un'iniziativa di lotta promossa da un gruppo di precari e studenti universitari, il 5 marzo 2005 con lo slogan "Liberiamo spazi li ridiamo alla città" viene occupato l'edificio di Via Avesella 2 di proprietà comunale e lasciato vuoto e fatiscente da decenni. Un primo pezzo di un percorso di lotta sui diritti sociali e in particolare di lotta per il diritto alla casa trova sintesi in quell'occupazione, inizia l'esperienza di Crash! Laboratorio del precariato metropolitano, inizia la guerra per la legalità dello sceriffo. Tra il 2004 e il 2005 in Italia una generazione di precari, forse la prima ad autopercepirsi tale, aveva iniziato a reclamare diritti e a costruire iniziative più o
meno simboliche di appropriazione diretta, e anche in città in molti tra studenti e lavoratori iniziarono a mobilitarsi per lottare al grido di "Vogliamo tutto e soprattutto un tetto". Autoriduzioni alla mensa universitaria, occupazioni di case, autoriduzioni al cinema, e scioperi del biglietto dell'autobus, cortei, presidi e costruzione di socialità e immaginari del conflitto. In questo modo anche Bologna resisteva alla precarietà del neoliberismo e si univa a tante altre città alla
conquista di nuovi diritti e all'affermazione dei diritti consolidati.
Ma qui a Bologna, come da tradizione, si gioca pesante, questa città ha da sempre la sfortuna di essere un giocattolo in mano al potere, dove tentare provocazioni, tecniche repressive originali e inedite forzature politiche. Tutto e sempre sulla pelle di chi la abita! Tex-Cofferati lancia la sua battaglia per la legalità: campi rom sgomberati senza neanche l'ausilio dei servizi sociali, campagne repressive e criminalizzatrice contro i lavoratori pakistani costretti a lavare vetri ai semafori, sgomberi di case di immigrati, studenti e lavoratori, e guerra, guerra dura contro chi insieme a questi soggetti sociali lotta e
costruisce momenti di giusta appropriazione dal basso: i centri sociali.
E' in questo momento che Tex-Cofferati trova un efficiente alleato: il pm Paolo Giovagnoli. Iniziano a partire le denunce sparate a suon di eversione addosso ai compagni e alle compagne in lotta. A Bologna diviene interna ad un disegno eversivo la lotta per il diritto alla casa, per il libero accesso alla cultura, per la gratuità del trasporto pubblico, per un'università a tasca di studente. In questo contesto lo sceriffo Cofferati e il suo appuntato Giovagnoli aprirono anche le porte del carcere per alcuni studenti che avevano occupato un piccolo spazio nella zona universitaria, altro target insieme ad altri luoghi cittadini di socialità delle cartucce della legalità cofferatiana.

Ma qui conviene fermarsi e riflettere, mettiamo da parte la cronaca e proviamo a formulare la prima ipotesi: questa guerra per la legalità che ormai iniziava a divenire un caso nazionale e che loscamente connetteva procura e amministrazione, sotto quale bandiera veniva giocata? Quali gli interessi, le cause e i fini in gioco? Ricordo che nelle polemiche e nei dibattiti di quei giorni il nostro sindaco continuava a ripetere che la questione della legalità non era affare esclusivo della destra, che
anche la sinistra di governo doveva saper agire questo tema dando sicurezza e ordine per i cittadini. La legalità cofferatiana (niente di nuovo, semplicemente l'applicazione ideologica e letterale del principio forte con i deboli e debole con i forti) entrava quindi a far parte del processo di revisionismo interno alla social-democrazia italiana e le forzature fatte sulla pelle di rom, immigrati e studenti, quelle forzature che lasciarono senza un tetto donne e bambini, portarono in carcere studenti universitari, fecero sgomberare spazi numerose volte, erano solo strumenti con cui affermare un preciso schema di riforma del discorso del centro sinistra. Come è di prassi in una guerra vanno saputi riconoscere i meriti all'avversario e non posso non riconoscere in Cofferati uno dei rari politici italiani che in anticipo aveva saputo intuire la tendenza economica mondiale e quella sociale e culturale italiana, che dopo le tre giornate di Genova iniziava a guardare a destra per proteggersi dagli effetti dell'economia neoliberista in rotta. Cofferati ha avuto questa intuizione, ma non ha saputo fare i conti con la città che amministrava e con il partito e la tradizione che in un certo senso rappresentava. Semplice per una formazione liquida
come Forza Italia declinare la parola LIBERTA' sul concetto di legalità a piacimento, semplicissimo per la Lega costruire consenso e iniziativa sulla legalità come repressione, gioco da ragazzi annodare il concetto della legalità al giustizialismo dell'Italia dei Valori; altra cosa farlo all'interno di un ceto politico, di una formazione e di una base portatrice di una storia "pesante" come l'ex-PC italiano, a Bologna poi... Se l'intuizione era esatta la prassi è stata quantomai fallimentare.

Il progetto di revisionismo della sinistra cofferatiano, dopo soli due anni era già chiaro ed esplicito: la battaglia per la legalità, diviene documento, manifesto politico e lo sceriffo chiede la firma del consiglio comunale in perfetto stile democristiano. Alcuni con coraggio e coerenza si sottrassero a quella firma, altri, i soliti don abbondio della sinistretta riformista si piegarono al giogo dello sceriffo. La giunta era salva, il progetto politico Law and Order pure, ma giù dal
palazzo, nella città, il conflitto aumentava: gli studenti universitari in mobilitazione contro il Ministro Moratti sterzarono sul comune, rivendicando spazi di socialità e il diritto all'abitare, ci furono cariche e manganellate a Palazzo d'Accursio, la Street Rave Parade, una sintesi di parte dei comportamenti e degli stili di vita nel mirino dello sceriffo attraversò comunque le strade della città sfidando i divieti che erano stati imposti, e poi il 6 ottobre, manifestazione nazionale contro gli sgomberi e il modello cofferatiano in solidarietà alle occupazioni di Crash. In quella giornata di lotta si legge il primo momento in cui il discorso sulla legalità inizia ad inflazionarsi radicalmente, il 6 ottobre in un certo senso legalità e diritti sociali si trovarono vis-a-vis a Bologna. Una piazza sintesi delle soggettività che da anni si battevano contro la città di Cofferati, attraversò
Bologna concludendo il suo percorso con un occupazione, momento di scontro simbolico e reale che riaffermò la forza del discorso antagonista in città. Da quel giorno il progetto law and order di Cofferati andò avanti accumulando provvedimenti e provocazioni, ma se ricordo bene, la parola legalità non fu più pronunciata direttamente.
Finalmente lo sceriffo era stato costretto dal movimento antagonista a porsi sulla difensiva. Da quel giorno gli sgomberi continuarono, i provvedimenti razzisti e autoritari pure, ma non furono più pronunciati ed agiti esplicitamente in nome della legalità. Il caso più esplicito è quello legato alle sorti della socialità di via del Pratello, l'ultima vera pistolettata dello sceriffo, che prima di andarsene da Bologna, questo inverno, lanciò l'ennesima crociata contro quella città che ama vivere le strade, le piazze e magari dopo orari massacranti di lavoro invece di starsene a casa a guadare la tv ancora preferisce incontrarsi e parlarsi. I provvedimenti che hanno colpito gli osti della via, i provvedimenti anti-birra sono stati, sì radicali e autoritari così come lo sceriffo ci aveva già abituati, ma la parola legalità e anche sicurezza non è stata mai sfiorata. Segno di un fulmine sulla via di Damasco? Ma no, semplice segnale di debolezza di un discorso incapace di rappresentare realmente un interesse collettivo. Bologna si rendeva conto della grande illusione cofferatiana e una parte (quella intollerante e ignorante) iniziava a guardare a destra, verso la Lega Nord, un'altra a Di Pietro, e l'altra più consistente e sempre presente restava nella piazza scegliendo la direzione dell'antagonismo sociale.

Tex-Cofferati ha perso! E oltre alla piazza a gridarglielo in faccia ci sono anche le urne. La battaglia per la legalità e la sicurezza cofferatiana è stata battuta fuori dalle urne dai movimenti e dentro la cabina elettorale dalla Lega Nord, dall'Italia dei Valori, e dai Grillini. Il progetto law and order con cui si voleva riformare la strategia di governo bio-politico del centro-sinistra a Bologna è stata sconfitta. Cofferati il perdente, se ne va a Strasburgo, a godersi un mal celato esilio, e in città le questioni che erano state al centro delle battaglie sociali restano tutte aperte, anzi si divaricano e generalizzano sotto i ritmi di una crisi incalzante. La battaglia diritti e legalità bolognese può essere letta come un momento esemplare della crisi cronica che sta attraversando il ceto politico del partito democratico italiano incapace a costruire un discorso liquido e a fare i
conti con la natura pesante della sua tradizione. Se c'è bisogno di sicurezza e legalità l'elettorato non ha dato certo ampia fiducia al Pd e lo sfondamento della Lega Nord in Emilia-Romagna è forse il caso più eclatante. In questo scenario si rende quanto mai necessario la produzione di un discorso forte antagonista, che sappia prendere la direzione del territorio guardando sempre esplicitamente a un orizzonte complessivo di ricomposizione sociale dei soggetti frammentati da anni
di neoliberismo e crisi economica. Al populismo, alla destra e alla crisi del ceto del centro-sinistra, le realtà sociali e di movimento devono rispondere con l'accumulazione di forze, la produzione di consenso, e la pratica del conflitto. Uscire a sinistra dalla crisi è possibile e la radicale squalifica del concetto di legalità cofferatiano è uno dei dati da cui partire qui a Bologna.
Oggi, in queste prime giornate post-elezioni, in città ci vogliamo godere la soddisfazione di aver vinto una grande battaglia... possiamo tirare un sospiro di sollievo e osservare compiaciuti l'uscita di scena di una dei protagonisti più odiati e incapaci nella storia dell'amministrazione della città. Il sindaco sceriffo se ne va, solo e senza cartucce-legalità da sparare (per ora!).
Noi ancora tutti e tutte presenti nelle piazze con il nostro arsenale di diritti e giustizia sociale da conquistare.