Facce da C...offerati

I sfot the sceriff

Ebbene sì. Anche tra i buoni c'è qualcuno a cui Sergio Cofferati, in un certo senso, mancherà. Potremmo chiamarli "grafici di movimento", quelle figure spesso autodidatte che combattono a suon di fotomontaggi, deturnamenti, sbeffeggiamenti e chi più ne ha più ne metta. Il sindaco - sceriffo - exsindacalistaantisindacalista - padremanontroppoperchèineuropaciva di spunti ne ha offerti tanti, purtroppo per Bologna. Pubblichiamo una carrellata di adesivi, manifesti etc prodotti in questi anni sotto le Due torri, accompagnata dall'articolo "Ciao Ciao Aquila delle ruspe, superbo stalinista padano" che ripercorre la storia bolognese di Cofferati attraverso i soprannomi che mano mano gli sono stati riservati, scritto in occasione della festa di addio (a lui e "ai suoi lacchè") in programma per venerdì 5 giugno dalle 19,30 ai giardini Fava di via Milazzo.
5 giugno 2009

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Ciao Ciao Aquila delle ruspe, superbo stalinista padano

Sono diversi gli appellativi che sono stati affibbiati, in questi anni a Sergio Cofferati.

All'epoca dell'ordinanza anti-birra, si cominciò a equipararlo a Peròn. In effetti, col caudillo argentino si possono riscontrare diversi tratti comuni: l'autoritarismo politico, il culto del leader, il sindacalismo, una certa demagogia, un indubbio eclettismo ideologico, il dirigismo economico, l'intransigenza moralista, il giustizialismo.
Su questo ultimo termine, c'è però una "lieve" differenza tra i due: il justicialismo peronista tendeva all'instaurazione di un'autentica giustizia sociale; il giustizialismo cofferatiano è stato molto più attento a una cultura da "law & order", retaggio di un certo dipietrismo aggiornato (da Tangentopoli a Baraccopoli).

Il chiodo fisso della legalità gli ha fatto indossare molto in fretta la divisa di sindaco-sceriffo.
Conoscendo la sua passione per i fumetti, in molti l'hanno visto nei panni di Tex Willer.
Tex poteva contare su un valido poker di pistole da mettere al servizio della Legge: oltre alla sua, quelle dell'anziano e burbero Kit Carson, del fiero navajo Tiger Jack e del figlio Kit.
Anche Coffy ha avuto un agguerrito staff, composto da cinque fidati assistenti (vi ricordate del tanto temuto – all’inizio del mandato - Beria-Gibelli), ma non è facile fare confronti tra i pards di Tex e i pards di Sergio.
Tex ha avuto un passato da fuorilegge (ma soltanto per il suo temperamento anarchico e libertario); ha combattuto la Guerra Civile con i nordisti, pur essendo texano, perché fieramente antischiavista. Finita la guerra, diventa ranger ed agente governativo d'una riserva degli indiani Navajo, dai quali è rispettato e conosciuto col nome di "Aquila della Notte". Tex è amico e protettore degli indiani, apprezza e rispetta la cultura indiana, e difende il popolo rosso da chi lo vuole distruggere: trafficanti d'armi o d'alcol, generali che pensano che "l'unico indiano buono è un indiano morto". Ma combattendo tutte le ingiustizie, da qualunque parte vengano, è convinto che non ci siano solo indiani "buoni". I "cattivi" indiani, però, secondo Tex, hanno mille ragioni per esserlo. Lui, comunque non ha mai abbattutto nessuna capanna, né promosso lo smantellamento di nessun accampamento Navajo.
Coffy è di origine padana, ha avuto un passato da sindacalista (e si è vantato di non avere, per la sua attività, mai preso una denuncia), non è assolutamente attestato il suo amore per gli immigrati, tanto più se rom. Non ci sono episodi significativi che certifichino suoi atti di difesa del popolo migrante da chi lo vuole distruggere: trafficanti di braccia per il lavoro nero, leghisti che pensano che "l'unico immigrato buono è quello che annega nel mar Mediterraneo".
Per quanto riguarda gli immigrati clandestini, si è comportato come se fossero persone che non hanno diritto ad avere diritti (dato che la Legge Bossi-Fini non lo consente). Pensa che per loro tutela e sicurezza, se vivono in capanne e baracche, siano di distruggere gli insediamenti di "sfortuna" dove si rifugiano, per farli rinchiudere al CPT od espellerli.
Coffy ha cominciato così ad essere conosciuto come "Aquila delle Ruspe".

Dopo i rom, se l’è presa pure con i lavavetri. Non si è fatta perciò fatica a far balzare il pensiero a un altro sindaco-sceriffo, quel Gentilini da Treviso, diventato famoso per la decisione di togliere le panchine pubbliche affinché non potessero sedersi gli "extracomunitari".
E' stato ingeneroso fare una comparazione tra i due sindaci-sceriffo? Forse sì, Gentilini è stato applaudito da tutte le forze politiche di destra, fino a Forza Nuova. Cofferati, invece, si è fermato a Forza Italia e alla Lega Nord.
Il problema, come ha giustamente detto un ex sindaco di Bologna, non è ritenere le critiche che venivano da sinistra come insulti, ma invece non ritenere tali gli applausi che gli sono giunti da "Obelix" Borghezio.
Altrettanto ingenerose sono le accuse di "metodi berlusconiani" che alcuni esponenti della “sinistra radicale” hanno elevato nei confronti del signore di Cremona, non tanto perché questi "metodi" non si siano visti a Palazzo d'Accursio, ma perché (almeno questo) il Coffy non ha mai avuto i miliardi di Berlusca.

Negli anni trascorsi si è parlato anche di Lucio Tarquinio detto il Superbo, l'ultimo dei sette re di Roma passato alla storia come un monarca malvagio a capo di un regime tirannico oltre ogni apparenza.
Lucio Tarquinio era un abile comandante, ma la tradizione popolare non vuole concedere alcun merito alla sua figura. La sua abilità nel condurre le campagne militari era accompagnata anche da frequenti ricorsi all'inganno. La leggenda lo ricorda come un re crudele, privo di particolare attenzione alla politica interna ed al malcontento popolare e delle classi medie, preso come era dalle politiche di conquista esterne.
Il suo modo di regnare sui cittadini romani fece vacillare il suo consenso politico sia nella plebe, ridotta a schiavitù, sia nelle ricche "minores gentes", estromesse dalle decisioni di governo, rendendo vani i suoi successi diplomatici e militari.
Mentre la plebe era occupata in lavori forzati per l'edificazione del tempio di Giove sul monte Tarpeio, alla costruzione dei sedili del circo e della Cloaca Massima, Tarquinio pensò che una popolazione numerosa che non si potesse impiegare fosse di peso alla città, e così attivò vere e proprie deportazioni verso Signa e a Circei, approfittandone per ampliare i confini di Roma, come presidio dell'Urbe sulla terra e sul mare.
Ma, nel 509, a Roma ci fu una rivolta e Tarquinio il Superbo fu cacciato.
Cofferati è stato il settimo sindaco di Bologna, dopo la liberazione.

E, infine, veniamo a quando "Il Riformista" titolò: "Nessuno tocchi Cofferati", parafrasando il nome della famosa campagna dei Radicali contro la pena di morte "Nessuno tocchi Caino". Come se fosse Coffy la vittima di tutto quanto è successo a Bologna dopo il 2004 e dando degli stalinisti a quelli che lo criticavano a sinistra.
In realtà, ci siamo trovati di fronte a un leader politico che, sulla pelle dei rom rumeni o su quella dei poveri lavavetri, ha voluto una prova di "obbedienza identitaria", aprioristica a qualunque svolta tattica e strategica del capo.
Il "realismo governista" di Cofferati non è stato molto diverso, in altro contesto, dal "realismo socialista" di Stalin.

Per questo lo abbiamo contrastato con fierezza e lo avremmo fatto ancora di più se si fosse ricandidato a sindaco della nostra città. Ma non sopportiamo i tanti “furbetti del posticino” che, via Cofferati, tutto a posto. Coffy se n’è andato, ma la classe dirigente che l’ha sostenuto e che ha contribuito al disastro sociale che si è lasciato alle spalle è ancora tutta lì. Si tratta di politici incompetenti, ignoranti, insensibili e conformisti che oggi stanno tutti sotto l’ombrello di Flavio Delbono, insieme ai nuovi questuanti e cortigiani delle più diverse consorterie che si sono aggregati all’ultima ora.

Bologna città libera vuole essere un bel colpo di ramazza verso tutto ciò… Prima di pulire, però, facciamo la festa (come è nostra abitudine) a questo passato che nessuno rimpiangerà…

Valerio Monteventi