Oggi, 14 novembre 2008, noi studenti, ricercatori, precari e cittadini italiani in Belgio, abbiamo manifestato davanti all'Ambasciata italiana contro la legge n. 133, il decreto legge n. 137 e i tagli alla legge n. 153.
La manifestazione si è svolta in forma di presidio, vi hanno partecipato circa 150 persone, tra cui si contavano anche diversi studenti belgi, interessati ad allargare il discorso a livello europeo e ad aprire un confronto tra la realtà italiana e quella belga. In seguito al dibattito svoltosi tra i partecipanti, è stata stilata una lettera che l'Ambasciata si è impegnata a far pervenire ai Ministri di istruzione, università e ricerca, economia e finanze, esteri, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica.
Il dibattito si è svolto con interventi spontanei e orientati sia alla protesta che al confronto e alla proposta.
La manifestazione ha avuto luogo in concomitanza con lo sciopero generale in Italia - con cui eravamo in contatto per esprimere la nostra solidarietà - e con manifestazioni in molte altre città europee - Amsterdam, Londra, Madrid, Granada, Murcia, Barcellona, Valencia, Parigi, Lione, Berlino, Tubinga, Copenaghen, Arhus, Istanbul, Lisbona -.
Il bilancio della mobilitazione è quindi decisamente positivo per i numeri, il coordinamento tra i vari gruppi, la maturità degli interventi e per la presenza delle realtà locali che hanno espresso non solo solidarietà, ma anche la consapevolezza della dimensione transnazionale delle politiche a cui ci opponiamo.
Questo non è un punto d'arrivo, anzi, non è che l'inizio in Belgio come in Europa di un percorso di riflessione e di lotta che continuerà fino al ritiro di questi provvedimenti e all'approvazione di una riforma pensata e costruita insieme a studenti, docenti, ricercatori e personale amministrativo.
NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO! NON COSTRINGETECI A RESTARE ALL'ESTERO!
COORDINAMENTO STUDENTI ITALIANI IN BELGIO - EUROPEAN ANOMALOUS WAVE
Per informazioni : belgiovs133@gmail.com
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> Leggi: European Anomalous Wave
> Segue il testo della lettera inviata dagli studenti in belgio al governo italiano
Egregio Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini,
Egregio Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti,
Egregio Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini,
Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi,
Egregio Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Vi scriviamo a nome di tanti studenti, ricercatori e cittadini italiani in Belgio. Anche dall'estero, seguiamo con attenzione quanto accade nel nostro Paese e oggi ci siamo riuniti davanti all'Ambasciata Italiana per esprimere la nostra preoccupazione riguardo alle nuove misure concernenti l'istruzione, l'università e la ricerca, contenute nelle leggi n. 133 e n. 137 e per i tagli alla legge n. 153. Siamo uniti in questa preoccupazione a tanti gruppi di studenti e ricercatori italiani in altre città d'Europa. Molti di noi sono stati costretti ad espatriare perché in Italia l'offerta formativa e la qualità dell'istruzione universitaria stanno peggiorando di anno in anno. Molti altri invece si sono impegnati negli studi, investendo tempo e denaro, per avere la possibilità di ottenere una borsa di studio all'estero. Tutti crediamo nel merito per andare avanti, per realizzare i nostri sogni, ma vediamo che spesso la nostra classe politica non è sensibile alle nostre esigenze. Eppure le giovani generazioni sono il futuro del Paese; non dateci l'impressione di voler aggravare di proposito la crisi del sistema formativo e della ricerca, che sono i presupposti stessi di una cittadinanza realmente democratica, sanciti esplicitamente dalla Costituzione repubblicana.
La nostra è una società che vive una crisi politica e culturale asfissiante: una crisi di valori, di organizzazione politica ed economica, di gestione del proprio rapporto con l'ambiente e delle sue risorse. L'unica possibilità di uscire da una tale crisi è investire nella formazione - critica e plurale, rigorosa ma creativa, e accessibile per tutti. Formare le giovani generazioni, la cosiddetta "futura classe dirigente". Solo così essa potrà ricostruire il tessuto sociale disgregato e immaginare nuove forme di organizzazione economica e politica, altre da quelle che hanno portato alla crisi attuale. E' nostra convinzione che il sistema universitario italiano sia in profonda crisi, anche alla luce dei riscontri quotidiani con i sistemi di istruzione stranieri. La debolezza di questo sistema è un segnale del fatto che il nostro paese sta dimenticando il suo bagaglio storico e culturale, e sperperando il prestigio internazionale che ne derivava. Una crisi dunque, che è visibile anche all'estero: basti citare The Economist, che nella classifica 2006, (in accordo con il suo indice di democrazia) ci colloca tra le "democrazie difettose", esattamente al 34° posto nel mondo.
In particolare, contestiamo alcune misure presenti negli Artt. 16 e 66 della l. 133:
- i tagli, nel quinquennio 2009/2013, al fondo di finanziamento ordinario (FFO), che è la principale fonte di entrata per le Università statali. Quindi meno fondi per la ricerca e la strutture didattiche.
- blocco del Turn Over. Ciò porterebbe ad un invecchiamento sproporzionato della classe docente, alla diminuzione radicale del numero di professori (e quindi a lezioni con 300 studenti con evidente peggioramento della qualità dell'insegnamento) e alla diffusione indiscriminata della precarietà all'interno dell'università. Inoltre al posto di eliminare i "baroni universitari" limiterebbe ed ostacolerebbe ancora di più l'ingresso nel mondo accademico, ripercuotendosi con effetti disastrosi sulla ricerca, già precaria in Italia.
- possibilità di convertire le Università in Fondazioni private semplicemente con la maggioranza assoluta del senato accademico; come nel modello statunitense, si arriverà così ad avere università-fondazioni di serie A - quelle che riusciranno a trovare ‘sponsor' migliori, che entrerebbero a far parte della direzione accademica e che ovviamente pretenderanno che la ricerca sia orientata secondo i loro interessi, e soprattutto con tasse annuali molto elevate per gli studenti, visto anche che non sono stati fissati tetti massimi per le tasse universitarie - e università pubbliche di serie B con una qualità molto più bassa e con percorsi formativi privi di sbocchi professionali, per chi non potrà permetterselo.
E invece pubblico significa offerto dalla Stato a tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza. Significa riconoscimento e garanzia della tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2 della Costituzione); rimozione degli "ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3 della Costituzione); riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro e promozione delle condizioni che rendano effettivo questo diritto. "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (art. 4 della Costituzione). Ma come? In teoria attraverso la tutela di uno dei diritti più importanti: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica" (art. 9 della Costituzione).
Inoltre, contestiamo anche diversi provvedimenti riguardanti l'istruzione primaria e secondaria, quali l'introduzione del maestro unico, la messa in discussione del tempo pieno, l'istituzione di classi separate per stranieri, il previsto accorpamento di istituti con meno di 300 - 500 alunni, il taglio del personale docente e ausiliario e l'aumento del tetto massimo del numero di studenti per ogni classe.
Infine, non capiamo perché vengono tagliati i finanziamenti previsti dalla legge n. 153 a favore della diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero.
Siamo preoccupati e offesi anche per le modalità con cui il governo ha imposto queste innovazioni. Ovvero attraverso un decreto legge approvato durante l'estate, per cercare di farlo passare inosservato; un decreto legge (quello convertito nella legge 133) che non è altro che un'accozzaglia in cui si ritrova di tutto: dai provvedimenti sull'istruzione alla liberalizzazione del mercato dei servizi idrici municipali, dai provvedimenti in soccorso del sistema bancario all'incremento delle spese militari.
Notiamo che negli ultimi giorni il governo ha preso atto del forte dissenso e ha iniziato ad accettare un dialogo e a fare dei passi indietro, riducendo il taglio dei fondi e rimandando il blocco del turn-over, ma questo non basta: noi esigiamo il ritiro di tutte le misure che contestiamo e pretendiamo una riforma dell'istruzione pubblica e dell'università costruita insieme a studenti, docenti e ricercatori.
Siamo infatti coscienti che i problemi del sistema universitario italiano non sono nuovi, ma che sono il frutto di più di dieci anni di disinvestimento e svalorizzazione dell'istruzione pubblica.
Lo dimostra il fatto che L'Italia è, tra i Paesi ricchi, uno di quelli che investe di meno nella ricerca: si trova infatti al 19° posto su 24 nella classifica OCSE per gli investimenti nell'Università. Le conseguenze sono l'impoverimento culturale dei suoi cittadini, la perdita di prestigio della cultura italiana all'estero e soprattutto l'immobilismo sociale ed economico.
Vi invitiamo quindi ad ascoltare il nostro appello, per il bene dell'Istruzione Pubblica e del Paese.
Cogliamo l'occasione per rivolgerVi i nostri distinti saluti.
COORDINAMENTO STUDENTI ITALIANI IN BELGIO - EUROPEAN ANOMALOUS WAVE
Bruxelles, 14 novembre 2008
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