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Il 20 marzo 2003 l'Iraq veniva attaccato da una coalizione capeggiata dagli USA, dando inizio ad una guerra nata e portata avanti dietro costanti menzogne e ipocrisie dell'amministrazione americana. Il presidente Bush finalmente poteva dimostrare a suo padre di essere alla sua altezza, proclamando dapprima la "guerra al terrorismo" e poi passando come nella peggiore delle tradizioni, alla "guerra preventiva", con il pretesto ipocrita della guerra per la civiltà.
Sono passati cinque anni durante i quali si sono palesati i motivi reali e meschini di quest'occupazione, le menzogne e le atrocità delle torture perpetrate dagli eserciti occupanti, il totale fallimento della fantomatica missione-lampo per la democrazia.
Da quel 1 maggio 2003, quando Bush fece il suo gran discorso "Missione compiuta", nel quale proclamava la fine delle operazioni militari in Iraq, sono passati anni lunghissimi, fatti di morte, miseria e torture.
L'accusa verso l'Iraq di possedere armi nucleari è stata dimostrata infondata e anzi, una menzogna inventata e alimentata dalla stessa amministrazione americana per giustificare la guerra; non esiste un ritrovato equilibrio mediorientale, obiettivo osannato dall'amministrazione Bush, anzi la situazione è stata aggravata: un esercito che occupa, distrugge, tortura non può che raccogliere odio. L'unico risultato, oltre ai milioni di vittime, è l'assegnazione della gestione dei pozzi petroliferi alla EXXON, BP e all’ENI.
La situazione modiale è peggiorata con questa inutile guerra, ci sembra di vivere in un clima di terrore permanente alimentato e voluto da chi vuole la guerra, che fomenta la diffidenza e l'odio tra i popoli, mentre uccide innocenti vestendo i panni della democrazia.Come sempre la brama di dominio e denaro di pochi, porta alla morte e alla miseria di popoli interi.
Le prime bombe cadevano su Bagdad prima dell'alba del 20 marzo del 2003, poche ore dopo in tutto il mondo prendeva forma un grande movimento di contestazione della guerra permanente, anche in quell'Italia che forniva appoggio politico e logistico all'operazione militare. In quello stesso 20 marzo, mentre piu di 300.000 soldati americani occupavano i territori iracheni, a Bologna il sindacalismo di base indiceva uno sciopero generale ed autorganizzato per dire no alla guerra, a cui aderirono migliaia di lavoratori.
Gli scioperanti, insieme a una folla di studenti e cittadini indignati, partirono in corteo, passarono il blocco di polizia schierato in Piazza Medaglie d'Oro e invasero i binari della Stazione Centrale. Di quelle migliaia di persone che come moltissime altre in tutto il mondo si schierarono contro la guerra globale, in 47 verranno processati il prossimo 15 maggio, con l'accusa di essere responsabili di quella iniziativa. Come è stato per gli imputati del G8 di Genova, anche qui si vuole ridurre una lotta collettiva, un movimento forte e globale, ad un'azione illegale di cui trovare i colpevoli e punirli. Anche qui, come allora, allo Stato italiano interessa puntare il dito, accusare, e soprattutto nascondere. Questi processi, come pure dare un taglio unilaterale all'informazione (da quanto tempo un telegiornale non dà notizie sulla guerra?) sono strumenti per distrarre l'opinione pubblica, che mentre è occupata a guardare i volti dei "vandali che occupano treni e binari" non pensa al fatto di vivere in un paese meschino, alleato di stati oppressori (dagli USA ad Israele), che sostiene la guerra globale ospitando sempre più basi militari sul proprio territorio.
Il movimento no war non si è certo fermato con quella data, ma ha continuato ad agire nei tanti modi in cui ognuno sente di ostacolare la guerra, come le manifestazioni del 4 Giugno '04 e del 9 giugno '07 a Roma in occasione delle visite di Bush a Roma.
Il modo migliore per continuare a lottare contro la guerra, ovunque essa si pratichi, è insistere nell'essere presenti e visibili, portando solidarietà a chi è accusato per aver manifestato il proprio dissenso. In quest'ottica per la giornata precedente al processo, il neonato Cordinamento Imputati contro la guerra, a cui partecipano attivisti di molte realtà antagoniste bolognesi, promuove innanzitutto con un presidio davanti al Consorzio Cooperative Costruzioni, "cooperative rosse" vincitrici dell'appalto per la costruzione della base militare. Il presidio a cui parteciperanno anche i compagni del No Dal Molin di Vicenza, si terrà alle 11.30 in via Emilio Lepido 182/2, ed è una tappa fondamentale poichè la guerra vive grazie a chi fornisce armamenti, costruisce e ospita basi militari, e la lotta passa soprattutto per le azioni quotidiane di dissendo e boicottaggio. La giornata continuerà con un corteo cittadino che dalla zona universitaria, partendo alle 17 da piazza Verdi, attraverserà le vie cittadine confluendo poi in piazza Nettuno.
Bologna - L’opposizione alla guerra non si processa
Il 20 marzo 2003 ha avuto inizio la guerra di aggressione contro l’Iraq,
scatenata dall’amministrazione USA per costruire un nuovo ordine mondiale
con gli obiettivi di controllare direttamente le risorse petrolifere
mediorientali e rispondere con una sorta di keynesismo di guerra ad una
pesante recessione economica, una guerra legittimata con la menzogna alla
quale successivamente ha partecipato il nostro paese in sfregio
all’articolo 11 della costituzione “L’Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali” dimostrando una volta
ancora la sua completa subalternità alle pratiche di dominio imperialiste.
Il 20 marzo 2003 decine di migliaia di lavoratori aderirono allo sciopero
generale indetto dal sindacalismo di base ed autorganizzato contro la
guerra. Il 20 marzo 2003 migliaia di compagni, esponenti della società
civile e delle associazioni e tantissimi cittadini invasero la Stazione
Centrale di Bologna, entrandoci in corteo, violando il blocco della
polizia, bloccando la circolazione dei treni. Il 20 marzo 2003 gli Stati
Uniti di G.W.Bush attaccarono l’Iraq bombardando Bassora, Bagdad, il sud
ed il nord, caserme dell’esercito e tantissime piazze e vie abitate da
semplici cittadini, magari oppositori del regime. Il 20 marzo 2003 nessun
giornalista embedded o esperto militare ebbe il coraggio di parlare di
bombe intelligenti, di raccontare la menzogna della separazione degli
obiettivi civili da quelli militari: la guerra giusta esime dal doversi
giustificare dei cosiddetti effetti collaterali, dei bombardamenti ciechi,
anche sulle redazioni televisive, sulle piazze dei mercati, sugli ospedali
e delle centinaia di migliaia di morti.
La lotta contro la guerra e le spese militari preoccupa e mette in
discussione le politiche sia dei governi di centro destra che di centro
sinistra che solo negli ultimi anni hanno aumentato del 25% le spese
militari e mantenuto le missioni di guerra in giro per il mondo. Per
acquistare centinaia di bombardieri, costruire super basi militari e
mantenere eserciti d'occupazione hanno taglieggiato progressivamente lo
Stato Sociale, ovvero meno scuole, ospedali, salari e pensioni.
Milioni di persone nel mondo hanno sabotato la guerra globale, l'hanno
ostacolata e denunciata svelandone i nessi oscuri, le cose non dette, gli
obiettivi di disegno di un nuovo modello di governance unilaterale.
Nessuno ora parla più delle ragioni della guerra globale, tutti rifiutano
il modello unilaterale di comando americano, lo stesso esercito della
willing coalition sta progettando il disimpegno dall’Iraq. Se questo è
possibile è grazie a chi si è opposto qui come sul fronte di
combattimento.
Tra le migliaia di cittadini indignati che hanno invaso la stazione di
Bologna, la Procura della Repubblica di Bologna ha individuato 47 compagni
e compagne che verranno processati il prossimo 15 maggio perché ritenuti
arbitrariamente e unilateralmente responsabili di quella iniziativa. Noi,
imputati e reti che oggi come allora siamo disertori della guerra, non
accettiamo che una lotta determinata e collettiva venga risolta
individualizzandone le responsabilità civili e penali. Nella nostra città
migliaia di persone dimostrarono l’assoluta nimicità alla guerra
partecipando ai molti cortei, ai dibattititi, firmando appelli e lettere
di protesta, scioperando ed esponendo ai balconi delle proprie abitazioni
le bandiere della Pace, valore strategico e universale ora più che mai. Un
movimento che ha scritto segmenti di nuove resistenze, che nella sua
capacità di essere bastone nelle ruote della macchina bellica ha trovato
la sua contiguità alle resistenze globali. Come nella contestazione
all'ambasciatore della Gran Bretagna in visita alla Johns Hopkins il 10
Maggio 2004 e nella grande partecipazione delle reti di movimento
bolognesi alla giornata del 9 Giugno 2007 a Roma per ricordare a Bush la
sua “indesiderabilità”. Questi gli strumenti e le pratiche che la nostra
resistenza ha affinato, questo il nostro irrinunciabile patrimonio di
esperienze collettive che non accettiamo venga oggi riscritto nelle aule
giudiziarie. Noi, imputati e reti, ci rivolgiamo a tutti questi compagni
di strada proponendo di ritrovarci e di organizzare con una giornata di
mobilitazione il 14 maggio la migliore difesa per i 47 imputati e per
rilanciare l’iniziativa politica contro la guerra, sul suo fronte di
combattimento iracheno, afghano, palestinese e ovunque essa si eserciti, e
sul suo fronte interno nel quale le trincee sono i Centri di Permanenza
Temporanea, gli assetti ordinativi ed autoritari del securitarismo, e
l’applicazione di dispositivi monetari nelle politiche economiche e di
precarizzazione delle vite.
La guerra è cambiata, sta cambiando e ri-organizzando ed è ancora
tremendamente reale e presente, qui come a Bagdad e a Kabul. Essa è anche
una straordinaria occasione di business nel locale, come dimostrato dal
recente annuncio della vittoria dell’appalto per la costruzione della base
Dal Molin da parte della ravennate Cooperativa Muratori e Cementisti in
partnership con la bolognese Consorzio Cooperative Costruzioni. Due
cooperative di Legacoop, che hanno rotto definitivamente gli indugi e che
hanno detto che pecunia non olet, anche per i Democratici emiliano-
romagnoli. Due cooperative i cui piani di crescita ci indicano chiaramente
come la nuova fase della guerra non sarà più americana e unilaterale, ma
sarà agita e condivisa globalmente, con le isole di comando e governance
distribuite e con i flussi di denaro ripartiti in maniera bipartisan.
Anche per questo dobbiamo socializzare dibattito e analisi e attualizzare
l’iniziativa tra tutti coloro i quali pensano che se Bush era il problema
Obama/ Clinton o Brown non sono la soluzione.
Per reclamare la non processabilità per tutti i compagni e le compagne
accusati di reati connessi alla resistenza alla guerra globale invitiamo
tutte e tutti a costruire insieme la giornata di mobilitazione del 14
maggio, giorno precedente all’udienza contro le/i 47 compagne e compagni
MERCOLEDI' 14 MAGGIO
Manifestazione insieme al Presidio Permanente NO dal Molin davanti al
Consorzio Cooperative Costruzioni
Ore 11.30, Via Marco Emilio Lepido 182/2
CORTEO CITTADINO
Concentramento ore 17, Piazza Verdi
RESISTERE ALLA GUERRA, NO AI PROCESSI VENDETTA
NO AL BUSINESS DI GUERRA.
FERMIAMO L'APPALTO DI MORTE, FERMIAMO LA COOPERAZIONE GUERRAFONDIARIA
CRIMINALE E' CHI FA LA GUERRA NON CHI RESISTE
COORDINAMENTO IMPUTATI CONTRO LA GUERRA
Prime adesioni:
Cs Tpo, XM24, Vag 61, Lab. Crash, L. 57, Lazzaretto Autogestito,
Disarmiamoli, Cobas, RDB-CUB, Circolo Berneri, Circolo Iqbal Masih,
Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori, PRC Federaziome di
Bologna, Lista Reno, C.U.A., Aut_Of, USI-AIT
> Leggi il comunicato dell'Associazione di Mutuo Soccorso per il Diritto d'Espressione
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Vicenza non è una colonia americana: difendiamo i beni comuni!