Gent. signora Minoliti ,
la tempestività con cui lei ha risposto in parole e in opere alla mia segnalazione, decisamente mi conforta. Mi lascia invece qualche perplessità la sua risposta in pensieri, là dove lei scrive: “Ci sembra però sbagliato prendere spunto da un errore, per quanto spiacevole, per accusare la Coop o la gestione del Centro Lame di presunte connivenze con la destra estrema, e arrivare a parlare di “una spia di qualcosa che sta radicalmente cambiando nel nostro paese”. Una semplice telefonata sarebbe bastata a accertare
la verità e risolvere il disguido, senza addossare alla Cooperativa e al Centro Lame responsabilità e scelte che non gli appartengono.”
Non era mia intenzione ridurre all’angolo l’intero sistema delle Coop, composto – come lei succintamente ma non chiarissimamente spiega – di cooperative, società per azioni e agenzie che si fanno di volta in volta contenitori e contenuti, gestori e gestiti, affidatori e affidatari, nonché reciprocamente contraenti all’interno di un’identità e una soggettività condivise. Ma non mi sembra il caso di proporre una patta fra l’errore vostro, che lei ammette senza mezzi termini, e l’errore mio, consistente, caso mai, nell’aver esagerato un problema risolvibile, a suo avviso, con “una telefonata”, anziché metterlo in piazza, come si dice. Essendo lei responsabile del settore comunicazione di una grande azienda, conosce bene come si può lavorare sulla differenza tra dati reali e dati percepiti. Né sarò io a negare di aver lavorato sulla percezione. il fatto è che quella percezione, ragionata all’interno del mio articolo, s’inscriveva perfettamente in un paesaggio, in un “clima, politico caratterizzato da scivolamento verso destra. Il fatto che le Coop siano di sinistra è, qui a Bologna, un dato comunemente accettato. Coincide col dato reale? Il suo argomentare sembrerebbe suggerirlo, e questo mi fa piacere. Ma eccole un termine di paragone su cui ragionare. Nel 1971, ai primi di giugno, il leader dei neofascisti italiani Giorgio Almirante, segretario del MSI, si fermò al Cantagallo, un’area di servizio nei pressi di Bologna. E accadde che tutti gli addetti, dal barista al benzinaio, già impegnati in una vertenza aziendale, scesero immediatamente in sciopero come un sol uomo: “Né un panino né una goccia di benzina!” http://www.avvenimentitaliani.it/giorgioalmirante.html.
Allora il centro commerciale Lame non esisteva. C’era però il “Canzoniere delle Lame”, un gruppo musicale che sul fatto scrisse una canzone; la registrò e destinò i proventi del disco alla raccolta fondi per sostenere le spese processuali degli scioperanti che, per il loro gesto, erano stati denunciati. Altro clima! Non voglio sostenere con questo che, alla vista dei manifesti di Storace, i dipendenti del centro Lame avrebbero dovuto fare un sit-in, oppure che i clienti avrebbero dovuto girare la macchina per andare a far spesa altrove – e dove, del resto? -. Mi dà tuttavia da pensare che né un dipendente o un dirigente casualmente in giro per la struttura, né un cliente con i pensieri interamente concentrati sul consumo, abbiano ritenuto di segnalare il fatto. Evidentemente non lo ritenevano incongruo; oppure non ne erano stati attratti: cosa seria, trattandosi di pubblicità… Il secondo caso è problema vostro. Il primo è problema mio. Un manifesto di Storace mi darebbe fastidio dovunque; ma non lo tollero in un luogo in cui, in base ai dati finora percepiti e ritenuti reali, certi fastidi mi dovrebbero essere risparmiati. Avrei potuto risolvere il tutto con una telefonata? Ho un’opinione, ma è irrilevante, visto che ho seguito un’altra via. Mi piace comunque pensare che, dopo quanto èaccaduto, future telefonate mie o di altri cittadini avranno un esito più pronto.
Cordialmente
Carlo Loiodice