Nel breve volgere di tre giorni, da domenica a ieri notte, ben due suicidi sono avvenuti nel Centro di Permanenza Temporanea di Modena. I due giovani suicidi il primo di origine tunisina ed il secondo di origine marocchina si sono tolti la vita impiccandosi.
Come è noto, le persone che si trovano ristrette al centro di permanenza temporaneo sono destinate all’allontanamento dallo Stato italiano e subiscono una restrizione della libertà personale che può raggiungere i 60 giorni non per effetto della commissione di reati, come stabilisce l’art. 13 Costituzione, che sancisce la inviolabilità della libertà personale e i casi in cui la persona può esserne privata, ma per la mera irregolare presenza sul territorio, qualunque sia la causa pregressa che ha determinato tale irregolarità.
Si tratta di una condizione di privazione difficilmente accettata dalle persone che la subiscono, sia che provengano dal carcere, e che quindi hanno già scontato la pena inflitta per i reati commessi, sia per le persone che sono al CPT per non essere muniti di permesso di soggiorno o perché lo stesso è scaduto e non è stato più rinnovato (anche solo per la perdita di un lavoro). A ciò si accompagna quasi sempre il fallimento del progetto migratorio che aveva accompagnato l’abbandono del paese d’origine, con tutto ciò che comporta di drammatico nel dover ritornare indietro.
In questi mesi la sensibilità e l’attenzione per le strutture di permanenza temporanea pare avere maggiore consistenza, con la necessità di un ripensamento della normativa in tema di immigrazione (e soprattutto della legge cd. Bossi-Fini). Il superamento di strutture come i centri di permanenza temporanea è previsto nel programma dell’attuale compagine governativa, segnale del disagio crescente verso strutture più chiuse ed impenetrabili degli istituti penitenziari, sebbene collegate, come si è detto, non alla commissione di reati, che può essere causa eventuale della perdita del permesso di soggiorno, ma più spesso alla non regolarità sul territorio.
A questo disagio si può far fronte approntando senza ulteriori ritardi in ambito parlamentare la riforma sulla legge dell'immigrazione e con l'impegno degli enti locali a svolgere un ruolo fondamentale nella gestione dei centri, finché esistenti, assicurando condizioni di vita e di assistenza rispettose delle persone, promuovendo ogni opportunità di reinserimento e di regolarizzazione ove possibile e comunque garantendo la tutela dei diritti primari delle persone.
Solo la presenza delle istituzioni locali agevola l'apertura all'esterno di questi luoghi, la comprensione dei fenomeni sociali che li hanno generati e possono impedire gli episodi drammatici occorsi al CPT di Modena.
In questo senso è utile la presenza di figure di garanzia, come inserito nello Statuto del Comune di Bologna, con il compito di tutela delle persone comunque private della libertà personale presenti sul territorio comunale.
Avv. Desi Bruno
Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna