Siamo sinceri, le contestazioni ai politici di turno ci sono sempre state. Ma mai come negli ultimi anni la strumentalizzazione dei discorsi dal palco e di quello che è successo sotto ha raggiunto simili apici. Per la verità, le uniche vere notizie che vediamo noi sono queste. Quest’anno per la prima volta non è stato fischiato Cofferati e nel corteo non solo c’era meno gente del passato ma sicuramente con una media d’età più alta.
La prima notizia non l’ha notata quasi nessuno. Anzi, per la verità quasi nessuno ha notato il discorso di Cofferati. Fino a metà pomeriggio di ieri le agenzie nazionali neanche riportavano i consueti stralci. Solo il Domani, questa mattina, gli dedica un titolo inverosimile “Sergio Cofferati scalda la piazza «Così sapemmo reagire alla strage»”. Cosa non vera. Chi c’era ha visto che non solo non è stato fischiato, ma ha avuto anche pochi applausi, sintomo di una piazza che è sembrata tra lo stanco e l’avvelenato per le discussioni che erano già partite tra gruppi di contestatori e altri partecipanti alla manifestazione, non proprio “vera gente”, come ha detto Damiano (ma ci torneremo dopo).
La seconda notizia è che il corteo e la piazza era più vuoti degli anni passati e con una media d’età più alta. Un dato “sfuggito” a tutti i giornali. Sbaglia Prodi quando parla dal palco di “giovani in piazza anche oggi” (ne abbiamo visti pochi) e la controprova è fornita dalle dichiarazioni raccolte da “Il Domani” nell’articolo di Luca Molinari “Operazione Memoria”. Eccole: “«Siamo sempre meno e non è pensabile che i giovani possano sentire questo evento come lo sentiamo noi», spiega Valerla Manfredini, 65 anni, una che al 2 agosto c'è sempre venuta e che ora sente il bisogno di trovare degli "eredi". «Siamo sinceri: quest''anno - fa eco Loreno Benfenati - c'è poca gente, sicuramente non ci sono anniversari tondi o polemiche roventi, ma - incalza - bisogna anche dire che molti di noi stanno invecchiando e che per i giovani non è la stessa cosa: loro non hanno vissuto quegli anni e così è impensabile che vivano queste cose con la stessa passione che abbiamo noi»”. Controprova: nessun lancio di agenzia con i numeri del corteo, l’anno scorso si parlò di diecimila. Dove abbia visto De Maria, segretario DS, una “una bella e grande manifestazione” non riusciamo a capirlo.
Invece nessuno ricorda le promesse dell’anno scorso quando il sindaco Cofferati e l’assessore Mancuso parlarono di commissioni di studi per rinnovare la formula delle commemorazioni del 2 Agosto. Una boutade, evidentemente, visto che tutto si è svolto come sempre. Ma nessun giornalista bolognese chiede conto quest’anno. Eppure qualche cosa dovrebbe cambiare se si volesse tener conto del sondaggio su circa duemila studenti bolognesi fatto l’anno scorso dal Cedost (Centro documentazione storico politica sulle stragi), dal Landis (Laboratorio nazionale per la didattica della storia) e dal Censis. I risultati? Una alta percentuale non sa “indicare la data del 2 agosto 1980 o quanti furono i morti (85) e i feriti (200)”, mentre sugli autori “la percentuale di chi indica il terrorismo nero (22%) è identica a chi pensa che la bomba fu messa dal terrorismo rosso”, anzi c’è un 6% che lo attribuisce agli anarchici “o addirittura al gesto di uno squilibrato”. Se può consolare dallo stesso sondaggio risulta quasi la totalità degli studenti vorrebbero più informazioni da scuola e famiglia, e d’altra parte “sanno poco anche di altre stragi come quella della Banca dell' Agricoltura a Milano o quella di piazza della Loggia a Brescia”
A proposito di anarchici. Tutti i giornali riportano la notizia del volantino diffuso in piazza e sequestrato dalla Digos. Un volantino con su scritto “Terrorista è lo stato”, la foto della strage di Piazza Fontana e, più in basso, in piccolo, altre date di stragi dagli anni 60 fino a quella di Bologna, depistate dai servizi segreti. In basso la scritta “noi non dimentichiamo”. Lo fa in maniera completa Silvia Bignami su Repubblica (“Zittiti i pochi contestatori vince lapiazza della memoria”), L’unità con Chiara Affronte e Giulia Gentile (“Le Rdb fischiano ma la piazza applaude”). Il Carlino con Matteo Alvisi vi dedica addirittura un articolo apposta (“'Terrorista è lo Stato' Denunciati sei anarchici”) riportando l’accusa di “vilipendio della Repubblica, delle istituzioni e delle forze armate (art. 290 del codice penale)”. Solo il Domani in un articolo dal titolo “Urla contro il ministro, ma la piazza reagisce Sei denunciati: distribuivano volantini contro lo Stato” si “scorda” il riferimento alle stragi. C'è da aggiungere che, in genere, queste accuse vengono smontate in sede giudiziaria. Vedremo se questi giornali riporteranno il fatto con la stessa evidenza.
Quanto al resto, in breve: per tutta la mattina un gruppo di attivisti dell'Assemblea Antifascista Permanente sotto lo striscione “Contro ogni fascismo” è stato sul lato sinistro e fuori dalla piazza fronteggiato da un cordone di polizia che gli ha impedito il passaggio “per motivi di sicurezza”. Qualche slogan e fischio, ma anche un paio di episodi di provocazione. Durante il comizio di Bolognesi un signore si è avvicinato appositamente per dire “andate a lavorare” prima di essere scacciato dalla polizia. I giornalisti presenti non ripoteranno l’episodio.
Come abbiamo già scritto fino a quel momento il rito del 2 Agosto è filato liscio. Bolognesi, due minuti di ritardo, poi il triplice fischio, gli applausi, il discorso di Cofferati.
I fischi, pochi, arrivano con Damiano principalmente dallo spezzone delle RdB (solo Rita Bartolomei del Carlino accusa esplicitamente anche lo spezzone dei Giovani Comunisti, lo fanno intendere anche l’Unità, Repubblica e Corriere di Bologna). Il tentativo di avvicinarsi al palco con lo striscione “Mandate in pensione almeno il segreto di stato” viene fermato da un gruppo di altri manifestanti più avanti, tra di loro alcuni del servizio d’ordine del sindacato con l’adesivo sul petto. Solo in quel momento arrivano le forze dell’ordine, principalmente carabinieri. Sul posto accuse verbali tra i due gruppi. Arriviamo quando una ragazza urla chiaramente “Non mi metta più le mani addosso” ad un signore trattenuto da altri. Un altro minaccia il ragazzo affianco “Io non le ho alzate, ma se non la smetti lo faccio!”. I carabinieri sono girati principalmente verso i contestatori delle RdB. Alla fine il sindacato di base denuncerà le aggressioni, riportate solo dal Carlino, di “Letizia Arcuri, colpita da una sberla, e Nicoletta Frabboni che si trovata le mani al collo” e citate senza nomi dal Corriere di Bologna.
Stessa scena poco più dietro con lo spezzone dei Giovani Comunisti. Qualche fischio anche qui e parte alla carica un signore over 60 che sferra un calcio (Bartolomei sul Carlino scriverà “non si sa chi l’ha dato prima”) ma viene fermato. Per Amelia Esposito e Alberto Giuffré sul Corriere di Bologna (“Rissa tra nonni Fiom e dimostranti. Protesta del Prc, Loreti fa il regista”) sono quelli con il cappellino rosso del sindacato metalmeccanici. Invece per tutto il tempo la FIOM ufficiale sta fuori dalla piazza, in silenzio e coerentemente con quello che aveva anticipato Papignani alla vigilia (“non fischieremo, nè criminalizziamo, ma lasciamo libertà di coscienza”), vanno via quando parla Damiano. Ne rimane qualcuno in piazza che verrà anche intervistato dalla Rai spiegando la loro opposizione alla riforma delle pensioni. Sfugge, invece, un altro episodio. Uno dei militanti di Rifondazione denuncia di essersi trovato in piazza con un paio di volantini con su scritto “Terrorista è lo stato”, evidentemente presi due volte. Un volantino conteso “c’erano molti giornalisti che mi chiedevano dove l’avevo trovato, cercandone una copia”. Il militante sarebbe stato avvicinato da altri due manifestanti del corteo che lo avrebbero aggredito verbalmente dicendo “sei tu quello che li sta distribuendo!”.
Ultima cosa. Mai come quest’anno il discorso Paolo Bolognesi è stata una dura requisitoria contro ogni ipotesi di chiusura politica degli anni ’60 e ’70, ed un vero e proprio attacco a Liberazione e Rifondazione. I giornali bolognesi, ad eccezione del Corriere (“Scalzone, D'Elia e gli altri: così si cancella il diritto”), spesso solerti nel riportare dichiarazioni nazionali questa volta si sono dimenticati di interpellare i destinatari di queste accuse, Giovanni Russo Spena e Sergio D’Elia.
Il primo ha risposto “Per la verità non ho mai chiesto la grazia per Battisti, ho solo detto che c’è un problema di chiusura degli anni di piombo. Le stesse cose dette dal ministro degli Esteri francese. E ho ricordato che il Brasile non ci vuole restituire Battisti perché in Italia non esiste l’istituto della revisione della pena per chi è stato condannato in contumacia”. Per D’Elia, invece, “Non si può fare a fette la vita delle persone, non si può esigere un ‘fien pena mai’ extragiudiziario, pretendere che si debba restare cristallizzati a quegli anni. Significa cancellare quel poco di Stato di diritto che esiste in questo paese”.
Tutte polemiche, c’è da scommetterci, che evaporeranno tra qualche giorno. Lasciando i problemi di memoria e soluzione politica di una delle pagine più oscure della Repubblica, esattamente come prima. C’è una costante, invece, anche di questo ventisettesimo anniversario. L’aggressione politico-mediatica che è piovuta nei giorni precedenti contro ogni ventilata ipotesi di dissenso. Il teorema è sempre lo stesso: chi fischia lo fa contro le vittime, quest’anno incarnato dal corsivo di Giuliano Cazzola sul Carlino del 2 Agosto (“Se fischiano offendono le vittime”). Con due novità, però. La prima è una bugia rispetto agli esiti dei fischi degli anni scorsi. Cazzola, ex sindacalista CGIL passato dal PSI di Bettino Craxi a Forza Italia, parla di un Giulio Tremonti che “se lo ricorda ancora, sebbene resse la sfida con buona dose di fair play”. Falso, tutti ricordano lo scatto di nervi, tra il piaccato e il beffardo, con il quale disse “bella piazza!” al microfono poco prima di parlare sommerso dai fischi. La seconda, più attuale, è l’intepretazione che Cazzola fa dei fischi “un’anteprima dello scontro tra le due sinistre (quella moderata e quella reazionaria) annunciato per l’autunno”. Vero, anche a noi è sembrato tale ma visto dalla parte di chi è stato aggredito, se non in maniera fisica, sicuramente dalle dichiarazioni politiche dai toni prevaricatori (“voglio parlare alla vera gente”, Damiano) che dalla cattiva informazione. Come quella della prima pagina di Repubblica di oggi che cita una lettera di Prodi che non sarebbe stata pubblicata dal Manifesto e da Liberazione in risposta alle critiche della sinistra radicale. Peccato che come scrive oggi il direttore Piero Sansonetti, ricostruendo la vicenda, i giornali avevano chiesto di posticiparla di 24 ore per dare spazio all’appello che oggi mettono in pagina per una manifestazione il 20 Ottobre prossimo. Prodi non ha accettato, e l’ha spedita ai giornali. Con simili atteggiamenti, e racconti dei fatti così edulcorati, qualcuno può stupirsi se dalla base della cosiddetta sinistra moderata (prossimo partito democratico) vengano segnali di intolleranza tanto pesanti nei confronti delle manifestazioni di dissenso come quelli visti quest’anno in piazza per il 2 Agosto?