"Fa parte di una generazione che ha dato tanto, senza avere ricevuto in cambio quasi nulla..", tra i tanti ricordi che si sono "accalcati" nella bellissima cerimonia laica che si è tenuta questa mattina al Teatro San Leonardo per ricordare Mario Zanzani, questo è uno di quelli che hanno lasciato il segno.
L'altro, molto forte, è del suo amico del cuore Andrea Ruggeri ed è ruotato attorno alla parola "indipendenza", un tratto fondamentale della vita di Mario.
Erano tantissime le persone che hanno affollato l'ex chiesa sconsacrata di via San Vitale, per tanto tempo la "casa artistica" di un altro grande, Leo de Berardinis.
Tra queste, c'ero anch'io che avevo conosciuto Zanzani nel 1970, quando giovane studente medio partecipai ai seminari di economia politica che lui, studente universitario, teneva nella sede di Potere Operaio. Mario faceva parte, insieme ad alcuni altri compagni ravennati, del gruppo di intervento presso le fabbriche del Polo chimico di Ravenna. Forse (chissà), è anche per questa ragione che la sua tesi di laurea (relatore il professor Romano Prodi) ebbe come tema l'industria chimica mondiale.
Lo persi di vista nella prima metà degli anni settanta, alla prima crisi di P.O., ma lessi i suoi saggi su riviste teoriche "militanti" come "Primo Maggio" e "Sapere".
So che per tutti gli anni settanta si era interessato a studi sulla moneta e sui cambi; poi, successivamente, si occupò di pianificazione per la Regione Emilia Romagna, facendo parte dello staff incaricato dell'elaborazione del 1° Piano regionale delle Acque e del 1° Piano Territoriale Regionale. E' appunto negli uffici della Regione che lo ritornai a vedere, dopo circa 10 anni che ci eravamo persi di vista.
Tornammo a frequentarci a metà degli anni ottanta, quando diede vita, insieme ad Andrea Ruggeri ed altri, alla rivista culturale "Quindi" che aveva al suo interno "Quando", un calendario con gli avvenimenti in regione di cinema, musica, arte, teatro.
E, devo dire la verità, è un po' a quella esperienza che mi ispirai quando decisi di dare vita al progetto editoriale di "Mongolfiera".
In quegli anni Zanzani seguì con interesse e passione l'evoluzione delle tematiche relative alle trasformazioni (sociali, economiche, urbanistiche) delle nostre città. Infatti, con Andrea Ruggeri, scrisse il libro "Rinascimento urbano" in cui auspicava per Bologna un rinnovamento basato su una dialettica più prolifica fra conservazione e innovazione (si domandava se la cultura dovesse essere intesa come memoria o come creazione).
Man mano che si dimostrarono irrealizzabili i progetti di trasformazione sui quali aveva scommesso professionalmente, decise di dedicare il suo tempo e le sue energie a un amore travolgente: la musica contemporanea e di ricerca.
Divenne così organizzatore e promotore del festival "Angelica" che vide la luce nel 1991 "per dare rilievo alla musica dei nostri tempi, alla musica dei nostri giorni". Quindi, ogni genere di musica che, secondo Mario Zanzani, avesse carattere di innovazione, di ricerca, e di bellezza: dalla musica contemporanea cosiddetta colta ad alcune forme di rock, dalle forme di jazz e di musica improvvisata agli elementi più interessanti della musica popolare.
Il festival, nato a Bologna, si è ripetuto per tutti gli anni, fino ad oggi, nel mese di Maggio.
Mario si è spento, dopo una breve malattia, proprio durante il suo "maggio musicale", alla conclusione dell'edizione 2007 della sua Angelica, sul territorio bolognese.
Me lo ricordo nei primi mesi di quest'anno, quando ci incontrammo per parlare dell'opera musicale di Stefano Scordanibbio, "Il cielo sulla terra", ispirata al '77. Si valutava insieme la possibilità di portarla a Bologna, nell'ambito delle iniziative sul trentennale del movimento del '77, poi non se ne fece nulla per gli alti costi e per lo spazio necessario per la rappresentazione.
Ed infine l'amarassima sorpresa sui giornali di ieri, dove veniva annunciata la sua morte.
A me, tra le tante cose belle di Mario, ce n'è una, molto personale, che mi è rimasta impressa: la sua gentilezza (trentacinque anni fa come l'ultima volta che ci siamo visti).
"Forse non siamo ancora riusciti a dare il meglio di noi stessi, ma siamo ottimisti", questo suo bellissimo sprone, scritto dietro alla foto che lo ricorda, è il segno della sua originalità anche nell'ultimo saluto che ci ha lasciato.