Domenica 2 agosto, ventinove anni, fa fu fatta saltare in aria la sala d'aspetto della stazione centrale di Bologna. Più di ottanta i morti, centinaia le donne e gli uomini che ebbero la vita per sempre cambiata.
Nel 1974 l'Italicus, a San Benedetto Val di Sambro e nel giugno sempre del 1980 il DC9 abbattuto a Ustica.
Sarebbe seguita la Uno Bianca, 24 omicidi da parte di un gruppo di poliziotti.
Questa città ha moltissime cicatrici che la segnano e che ricordano il prolungato e ripetuto stupro che di essa hanno fatto fascisti, nazisti, interi pezzi di stato ed i molti attori che hanno operano (ed operano) per impedire la trasformazione, il cambiamento, per garantirne il comando, in definitiva.
Basta questo per assumere l'impossibilità alla pacificazione. E continuare ad indignarsi contro chi per ventinove anni ha protetto, depistato ed insabbiato, chi ancora oggi protegge il segreto di stato (destra, centro e sinistra, da Berlusconi a Prodi).
La custodia della memoria è stata affidata per anni ad un corteo e da poco ad un museo. E al noir, genere letterario che si è assunto sulle spalle il folle ruolo di spiegare i fatti, svolgere le matasse degli eventi, nominare i colpevoli, a volte.
Questo non basta più e, nel momento in cui La Repubblica riporta che per gli studenti di Bologna è diffuso imputare alle BR la strage alla stazione, è il momento di dirci che questa memoria basata sulla ripetizione e sull'istituzionalizzazione del ricordo, sul suo essere Verità non funziona.
Allo stesso modo non si può fare verità se si leggono gli eventi di allora con il prisma ottico di chi separa giusto e sbagliato, bene e male, secondo la piatta mediana della diade violenza/non violenza.
Per chi parla dal palco sono all'interno di un medesimo perimetro brigatisti, NAR, movimenti radicali - di oggi e di ieri-, pidduisti, pidiellini, etc.
Questo prisma deforma, confonde, non produce nulla che si avvicini a quella cosa complessa, non unilaterale, collettiva che si chiama ricerca della verità, che è pratica continua e non ripetizione di postulati. Da questo punto di vista, per fortuna migliaia di cittadini indignati hanno fischiato con regolarità i messi dei Governi. Essi hanno rappresentato la continuità del Segreto (e della correità) di Stato, non la sua genuflessione di fronte alla lapide di Piazzale Medaglie D'oro.
Così come è stato giusto fischiare e contestare così ora dobbiamo rilanciare il ragionamento su come mettere in discussione come e perchè ricordiamo.
Altrimenti, si diventa tifosi. E non si ci accorge neppure più che in questo momento a Bologna ci sono almeno tre sedi di fondamentalisti di destra che fanno propaganda per repubblichini e fascisti.
Partiamo da qua per ricominciare. E per non tornare indietro.
Gianmarco De Pieri (Tpo)