Zero in condotta, marzo 1997

Inflazione di angeli

Presentazione dei film Michael e Uno sguardo dal cielo
Massimo Moretti

Pensare di essere accompagnati, nelle proprie scelte quotidiane, dalla presenza benevola di un angelo custode consente di far convivere, con modernissimo senso dell'equilibrio e della sintesi, un sano materialismo agnostico e quel pizzico di anelito all'infinito che contraddistingue l'agire in società; significa ridefinire la scommessa pascaliana senza doversi impegnare in forzose fatiche in materia di dottrina teologica, in un mondo dove quattro accordi d'arpa e un accordatura di chitarra in sol aperto fanno pensare di poter ricongiungersi con il proprio "equilibrio emotivo", con il proprio "higher self" (timeo New Age et dona ferentes, La profezia di Celestino, per fortuna c'è Tom Robbins a ricordarlo, è il libro più brutto del mondo), tanto basta a garantire il successo dei custodi celesti, specialmente negli Stati Uniti, un paese che ha sempre avuto il bisogno di sentirsi "giustificato", di essere dalla parte "buona" della strada. Dal 1975, l'anno di God's secrets angels del reverendo Billy Graham, al 1995 sono stati più di 250 i titoli pubblicati al riguardo (del 1990 è il bestseller A book of angels di Sophy Burnham), esistono case editrici specializzate, trasmissioni TV, ed anche, naturalmente, una Angelwatch Foundation, era scontato che Hollywood si occupasse della questione, anche se in Italia è dato accorgersene solo ora per la presenza in film quali Michael o Uno sguardo dal cielo, di figure come John Travolta e Whitney Houston. Film con angeli custodi o cari estinti tornati sulla terra in quanto numi tutelari di qualche affranto essere umano se ne sono sempre girati, anzi, in un periodo particolare della storia del cinema americano (gli anni Quaranta), si sono affiancati diversi titoli come L'inafferrabile signor Jordan, Musica nelle nuvole, La vita è meravigliosa e La moglie del vescovo (diretto nel 1947 da Henry Koster e del quale Uno sguardo dal cielo è il dichiarato remake, con Denzel Washington in grigio ammiccante che fa sanguinare il cuore a chiunque ammiri la classe innata di Cary Grant), commedie più o meno sentimentali che lasciavano trasparire, come ha fatto notare Franco La Polla nel suo Sogno e realtà americana nel cinema di Hollywood, le paure e le incertezze nei confronti della realtà di tutta una nazione (con un risvolto, poi, ottimistico, il lato oscuro, almeno sugli schermi, rimaneva il vicolo dei "noirs" o la porta socchiusa degli "horrors"); oggi, invece, così come si svendono il bisogno di spiritualità e di trascendenza (valori anche fortemente laici che gli anni '60 avevano posto al centro dell'attenzione), con quattro cd e due riviste (e sedute di meditazione dalle tariffe salatissime), anche i dignitosissimi "angeli di seconda classe" dei film di Fleming, Capra, Hall (la cui ultima traccia si è potuta vedere nel Charles Durning con alucce e ukulele di Mr. Hula Hoop), vengono banalizzati e avviliti in film senza ritmo e senza verve, sbiaditi e in definitiva bassamente moralisti. Se qualcuno pensava che Travolta avesse toccato il fondo con Phenomenon, si vada a sorbire la sequenza del coretto in auto sulle note di All you need is love in Michael,(disgustorama, oltre Castagna).