Patria o muerte: immagini del Che, al cinema Lumière

Gianni Minà per Zic.it: "Il neoliberismo ha fallito" [audio]

Gianni Minà, esperto di America latina, a cui Zic.it ha voluto rivolgere alcune domande, intervista nel 1987 Fidel Castro, leader maximo della rivoluzione cubana. Per la prima e unica volta Castro accetta di rilasciare un’intervista sulla vita del suo compagno di lotta Ernesto Guevara detto il “Che”. Dalle sedici ore d’intervista realizzate è stato tratto questo documentario intitolato “Fidel racconta il Che”. Ascolta l'intervista con Gianni Minà alla presentazione del documentario.
12 marzo 2009 - Gracco

> Ascolta l'intervista a Gianni Minà

fidel castro e gianni minà

Nell'intervista di Gianni Minà, una delle più lunghe concesse ad un giornalista occidentale, Castro racconta la sua lunga amicizia con Che Guevara dal loro primo incontro in Messico, alla morte del Che in Bolivia, nell'ottobre di quarantadue anni fa. Ernesto e Fidel si conobbero per la prima volta in Messico, dove il Che era arrivato dopo il famoso viaggio dei "Diari della motocicletta" con l'amico Alberto Granada. Tra i due vi fu subito intesa sull'analisi della situazione politica che affliggeva l'America Latina,e il Che non esitaò un istante ad offrire la sua collaborazione per il progetto di Castro, volto a liberare Cuba dalla dittatura di Batista.

Nel 1956 Guevara s'imbarca con Castro, l'italiano Gino Donè Paro e altri esuli cubani sulla nave "Granma" alla volta di Cuba; ridotti al numero di tredici uomini da un duro attacco dell'esercito di Batista, il manipolo di guerriglieri si rifugia sulla Sierra Maestra, dando inizio alla guerrilla che nel 1959 portò alla conquista della capitale, l'Havana, e alla vittoria della rivoluzione. Nel documentario Castro non manca di sottolineare il valore del soldato Guevara: valoroso, astuto, coraggioso fino alla temerarietà. La generosità mostrata dal Che in combattimento non viene meno quando a presentarsi sono i problemi legati alla ricostruzione di un apparato statale completamente distrutto, come era quello cubano all'indomani della rivoluzione. Fidel racconta come il Che avesse assunto incarichi di grande responsabilità, come la direzione della Banca Nazionale Cubana e il ministero dell'industria, svolgendoli sempre con grande impegno e solerzia. Tuttavia Ernesto aveva un progetto, un sogno che coltivava sin da prima di conoscere Castro e di prender parte all'impresa cubana: accendere fuochi di rivoluzione negli altri paesi dell'America Latina così da liberarli dal giogo dell'imperialismo statunitense e dall'oppressione dai regimi militari che di tale oppressione si erano fatti portatori. Per questo prima di salpare con la Granma nel '56, Guevara fece promettere a Castro che mai impegni di stato all'indomani della rivoluzione, gli avrebbero impedito di lasciare il paese per portare avanti il suo progetto.

Castro racconta di come cercasse di tenere a bada l'impazienza del Che, cercando almeno di stabilire dei contatti con i gruppi rivoluzionari dei diversi paesi latinoamericani; attesa che il Che passò portando il suo sostegno ai gruppi rivoluzionari del Congo, impegnati in una guerriglia lunga e sanguinosa a sostegno di Lumumba, guerriglia che non porterà purtroppo a nessun risultato reale. In ogni caso, il Che non vuole più attendere oltre, così dopo un breve ritorno a Cuba, parte nella primavera del 1967 alla volta della Bolivia.

Qui svolge un breve periodo di addestramento per poi partire a capo di un gruppo di cinquanta uomini con l'obbiettivo di accendere fuochi di rivoluzione lungo i confini a sud ovest del paese, da dove successivamente si sarebbe potuta avviare anche una spedizione alla volta del suo paese, l'Argentina; nonostante i successi iniziali, il gruppo del Che fu sconfitto definitivamente qualche mese più tardi e lo stesso Guevara fu catturato nell'ottobre del '67. Il Che fu giustiziato in una scuola di La Higuera, ma sulle dinamiche della sua esecuzione le cose sono poco chiare. Ufficialmente a giustiziarlo fu Mario Tèran che tuttavia, racconta di non esser stato capace di fucilare il condannato e di essersi così girato di spalle scaricando addosso a Guevara una raffica di mitra. Dal documentario emerge come il colpo di grazia inferto al Che, colpo che lo colpì al cuore, fu in realtà esploso da Felix Rodriguez, agente della CIA che si fingeva un ranger dell'esercito boliviano usando il falso nome di Felix Ramos. Da allora la figura del Che è divenuta il simbolo di intere generazioni, e continua a vivere ancora oggi nel cuore ci centinaia di migliaia di persone per la sua generosità, la sua onestà, il suo valore. Nell'intervista Castro non può nascondere il dolore provocato dalla morte del vecchio compagno, una morte tanto dolorosa che il leader maximo afferma di non aver ancora accettato pienamente, di avere l'impressione a volte che il Che sia ancora vivo e che continui la sua battaglia.

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