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Sintesi essenziale dell'intervista:
Cosa prevede l’emendamento Cota, e perché ha scatenato un’ondata di indignazione nel mondo della scuola?
Si tratta di una mozione approvata dal governo nell’ambito della riforma Gelmini, che impegna il governo stesso a preparare dei percorsi didattici particolari per gli studenti stranieri che si iscrivono per la prima volta nella scuola italiana. Nello specifico, l’emendamento prevede che il bambino migrante svolga un esame di lingua italiana appena arrivato nella nuova scuola e, qualora non lo superi, che venga separato dal resto della classe e inserito in classi apposite dove svolgerà un programma apposito che prevede l’insegnamento della lingua italiana e un particolare percorso curriculare.
Partiamo dall’aspetto linguistico. Ha senso secondo te, proporre al bambino l’insegnamento della lingua italiana, isolandolo dal resto della classe?
Beh, bisogna dire che fino ad oggi le direttive del Ministero dell’Istruzione prevedono che, per il pieno inserimento nel contesto culturale italiano, l’alunno migrante trascorra tutto il tempo a disposizione nel gruppo-classe, fatta eccezione per progetti specifici. Questo perché si ritiene che oltre alla lezione in sé, siano estremamente utili al bambino il dialogo con i compagni e con i maestri, al fine di apprendere una lingua di comunicazione che gli sarà indispensabile nella vita quotidiana. Nel panorama europeo, questo orientamento è sicuramente maggioritario; ci sono alcune accezioni che tuttavia, diversamente da quanto affermano gli esponenti della Lega, rientrano in un programma generale di separazione dei migranti dal resto della società. Non si tratta dunque di percorsi didattici, come nel caso della mozione Cota, ma di provvedimenti, per quanto sbagliati, coerenti con le politiche di integrazione dello stato.
Si accennava prima ai curriculi formativi preparati appositamente per gli studenti stranieri. Si tratta di un aspetto che è rimasto in secondo piano all’interno del dibattito pubblico e per il quale è necessaria un’opera maggiore di disvelamento. Cosa prevedono questi Curriculum Formativi Essenziali?
Si tratta di un curriculum che in un certo senso dovrebbe insegnare al bambino ad essere “un bravo italiano” e che nel dibattito parlamentare ha svelato le sue finalità di esaltazione identitaria nazionale assolutamente acritica, e di razzismo culturale nei confronti degli altri popoli. Nello specifico esso prevede cinque punti fondamentali:
1 – Comprensione dei diritti e dei doveri (comprensione della tolleranza, lealtà rispetto della legge del paese accogliente…), si presuppone dunque che il bambino non possegga nella sua cultura i concetti della lealtà, della tolleranza ecc, ma che sia per sua natura infido, e che quindi vada educato per apprenderli. Si tratta di un processo di razzismo culturale che prevede l’inferiorità del diverso;
2 – Sostegno della vita democratica;
3 – interdipendenza mondiale;
4 – Rispetto delle tradizioni territoriali e regionali;
5 – Rispetto per le diversità morali e religiosi del paese accogliente; è prevista dunque una diversità morale tra gli italiani e gli altri, che si traduce in una inferiorità morale, che va dunque colmata.
Viene riproposto dunque il modello dell’integrazione come sottomissione e assimilazione della cultura del paese ospitante. Modello che ha più volte svelato le sue debolezze e al quale sarebbe forse opportuno sostituire il concetto di intercultura?
Assolutamente si. Un rapporto che sia paritario tra diverse culture che sanno di non essere “pure”, e che siano pronte a mescolarsi.
E’ possibile stabilire un parallelo tra questo tipo di proposte politiche e quelle attuate in epoca coloniale nei diversi paesi europei, e nel ventennio fascista in Italia?
Ormai anche a destra viene riconosciuto che la storia italiana ha conosciuto dei momenti di razzismo esplicito. Ciò che invece si fa ancora fatica a comprendere sono la reale estensione temporale di questo fenomeno e le sue radici profonde nella società italiana. Già nel 1936 politiche razziste sono state attuate in Etiopia dal governo italiano, ma si fa fatica ad ammetterlo poiché annullerebbe la visione di un razzismo italiano come una parentesi aperta nel 1938 e chiusasi nel ’45. Lo stesso razzismo fascista non può essere visto come una parentesi, poiché lo si è potuto realizzare solo grazie alla mentalità diffusa nella società italiana. Mentalità che è rimasta intatta anche dopo il ’45 quando le leggi razziali vengono abolite, e la perdita della guerra permette alla società italiana di non affrontare il problema. Il razzismo latente può riemergere dunque negli anni ’90 in maniera più forte e infida che in altri paesi come la Francia ad esempio, poiché l’Italia non ha dovuto affrontare i dibattiti e le problematiche sollevate dai processi di decolonizzazione degli anni ’50 e ’60. Chiaramente il razzismo oggi non può affermarsi negli stessi termini degli anni ’30, per questo si modifica in razzismo culturale, mantenendo intatta la sostanza della discriminazione e dell’esclusione ed esaltando l’elemento identitario nazionale del cittadino italiano.
Credi che la mozione Cota si inserisca all’interno di una visione razzista portata avanti dalla Lega in particolar modo, ma anche da settori più ampi della società, o sia da collegare maggiormente al progetto di riforma scolastica avviato dal Governo?
Credo che la mozione Cota sia stata generata dalla richiesta della Lega di avere un elemento forte e caratterizzante, da potersi giocare con l’opinione pubblica. È anche vero che la Lega ha introdotto in Italia un razzismo estremista prima assente dal panorama politico, facendo sì che lo stesso centrosinistra si adeguasse a quello stesso contesto culturale. Tale contesto prevede una dialettica tra razzismo estremo e razzismo moderato, che ha soppiantato quella tra razzismo e antirazzismo. Si entra così in un circolo vizioso dal quale si può uscire con la riaffermazione forte di un autentico antirazzismo da parte di partiti e associazioni, e con la presa di coscienza dei migranti stessi della propria condizione.
Come si inserisce questo tipo di razzismo,in un periodo di crisi economica come quello che la società italiana sta affrontando? Vedi il rischio di un’ondata di razzismo dei penultimi sugli ultimi?
Credo di si. Siamo in una fase molto critica per quanto riguarda le condizioni economiche e la tutela dei diritti dei lavoratori nel nostro paese. In questa situazione s’inserisce l’imprenditoria politica di destra e del padronato, che per evitare uno scontro interno alla società tra lavoratori e datori di lavoro, fomentando uno scontro tra poveri che sfocia nel razzismo.
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