Quello che sta accadendo a Gaza non è una guerra di religione né una guerra etnica e neppure uno scontro di civiltà. È una questione di confini. Confini e muri reali come quello alto 8 metri che divide le città palestinesi da Israele, che trasformano decine di migliaia di palestinesi in lavoratori clandestini nello stato che oggi li attacca. Per questo condanniamo senza appello quello che sta succedendo in questi giorni a Gaza: quella del potentissimo esercito israeliano contro la popolazione palestinese è un'offesa che deve cessare immediatamente. Il massacro che si sta compiendo e gli anni di embargo e confinamento hanno trasformato Gaza in un enorme centro di detenzione a cielo aperto, dove le vite si consumano in silenzio e i diritti non valgono nulla. Di fronte a tutto questo ci uniamo alla rabbia e all'indignazione di quanti hanno manifestato in questi giorni, a Bologna, in Italia e in tutto il mondo, a fianco della popolazione palestinese. Esprimiamo la nostra solidarietà con forza, ma lo facciamo senza tradurre il linguaggio della solidarietà nel linguaggio dell'identità. Non solo per via delle strumentalizzazioni di quelle parti politiche che approfittano delle differenze religiose per alimentare logiche di segregazione e razzismo, ma perché in questi anni abbiamo lavorato duro per andare al di là delle identità, per rompere i confini che dividono le lavoratrici e i lavoratori. Siamo dalla parte di coloro che in Palestina vivono, lavorano e muoiono non in nome di un'appartenenza religiosa o nazionale, ma perché pensiamo che in gioco non è soltanto la fine di un'occupazione odiosa e di azioni militari criminali, ma anche la capacità di superare proprio un orizzonte nazionale che ha sin qui causato solo morti e distruzione e che mostra in Palestina il suo volto più brutale e violento. La questione palestinese è una questione di confini. La limitazione della libertà di movimento è la stessa per cui migliaia di uomini e donne attraversano ogni giorno i confini di Israele e non solo di Israele per lavorare, costretti allo sfruttamento pur di sopravvivere. È una storia che conoscono bene i migranti, a prescindere dalla loro appartenenza etnica o religiosa. È una storia che conoscono bene profughi e rifugiati, che questo brutale attacco sta moltiplicando esponenzialmente e che - ovunque clandestinizzati e privati di ogni diritto e tutela - alimenteranno le fila di quanti in Europa e nel mondo sono considerati solo come braccia da sfruttare, detenere ed espellere. La lotta degli uomini e delle donne palestinesi per difendere la propria vita deve poter comunicare con le lotte che qui e ora i migranti stanno portando avanti per difendere il proprio futuro. E coloro che, italiani e migranti, oggi si mobilitano per la Palestina non potranno ignorare, domani, le lotte che i lavoratori e le lavoratrici migranti stanno portando avanti, al di là dei confini comunitari e religiosi, contro la legge Bossi-Fini e il pacchetto sicurezza che proprio in questi giorni sarà discusso in Senato.
Coordinamento migranti Bologna e provincia
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