> Guarda le foto del poliziotto che portò le molotov dentro la Diaz (tratte da una videoinchiesta della BBC di prossima pubblicazione)
> Guarda il video Diaz, "una macelleria messicana" (a cura del Centro di Documentazione dei Movimenti Francesco Lorusso - Carlo Giuliani e di Vagamondo)
> Da Supporto Legale:
Il complesso Pascoli-Diaz-Pertini (sui nomi delle scuole c’è sempre stata gran confusione, ma per comodità vengono indicate come Diaz la scuola dormitorio, mentre come Pascoli la scuola del media center) è costituito da due edifici contenenti vari istituti che, nel luglio 2001, vengono assegnati Genoa Social Forum (GSF) per realizzare il centro stampa e avere un luogo fisico di confronto e di “training” dove vari gruppi potessero fare i propri “allenamenti” per i presidi e per le azioni – oltre che come dormitorio (anche se in realtà questo sarà un uso improprio che non sarà possibile impedire).
I 4 piani della Pascoli ospitano una sala stampa e una palestra/infermeria nel seminterrato, una stanza di supporto legale e medico (oltre agli uffici di comunicazione del GSF) al primo piano i media alternativi al secondo piano,Indymedia al terzo piano e alcune strutture di segreteria - come fotocopiatrici e via dicendo - al quarto piano, da cui si accede al terrazzo.
Nella Diaz la palestra è adibita a zona di training, con un piccolo corridoio e uno stanzino sulla destra dell’ingresso come luogo di accesso pubblico a Internet. Rapidamente, la scuola diventa anche un dormitorio per manifestanti che non hanno trovato altro luogo dove dormire.
Durante tutta la settimana decine di hacker e mediattivisti mandano avanti la baracca, consentendo a operatori media di ogni sorta di raccontare quello che sta avvenendo a Genova.
La sera di sabato 21 luglio, mentre molti manifestanti che dormivano nella Diaz stanno decidendo di tornare a casa la sera stessa, compaiono alcuni plotoni della polizia in piazza Merani, la piazzetta a monte di via Cesare Battisti, dove si trovano le due scuole. Da lì muovono a passo di marcia e invadono sia la Diaz che la Pascoli. Sulla loro strada trovano un mediattivista che viene pestato a sangue e lasciato in fin di vita.
Nella Pascoli la furia dei poliziotti si sfoga quasi subito contro i computer di legali, medici e mediattivisti, oltre che, limitatamente, contro le persone, che vengono fatte sedere contro il muro e con la faccia al suolo mentre i locali vengono perquisiti. Nella Diaz è una carneficina. All’irruzione segue la caccia all’uomo angolo per angolo del palazzo. Rapidamente, si sparge la voce e fuori dalle due scuole si affollano i giornalisti. Nella Diaz vengono arrestati tutti i 93 presenti (alcuni sono riusciti miracolosamente a scappare). 71 sono feriti e tre in condizioni gravissime, di cui uno in fin di vita. 75 di loro, compresi tutti i feriti meno gravi, sono portati alla caserma di Bolzaneto. Per ore si sussegue l’uscita delle barelle e il trasferimento sui cellulari delle persone che escono sulle proprie gambe, mentre all’esterno si alzano cori di “Assassini, Assassini”, soprattutto quando le forze dell’ordine fanno uscire un sacco nero con “il materiale sequestrato” (in gran parte di proprietà della ditta edile Tecnoconsul), che viene scambiato con un cadavere. Ormai a notte fonda le forze dell’ordine si ritirano.
La mattina, in una conferenza stampa in Questura, i 93 arrestati sono accusati di essere parte di una organizzazione internazionale “finalizzata alla devastazione e al saccheggio”. I primi agenti entrati sarebbero stati aggrediti “a mano arma ta” e all’interno della scuola si sarebbero ritrovate “pericolose armi”. Presto molte di queste affermazioni si dimostreranno false, e cadranno tutte le accuse nei confronti degli arrestati, ma solo due anni dopo si riveleranno falsi anche il ritrovamento di due bottiglie incendiarie e il tentato accoltellamento di un poliziotto.
L’irruzione alla scuola Diaz venne decisa dai massimi vertici della polizia presenti a Genova per il G8, in una riunione tenuta la sera del 21 luglio 2001, dopo due giorni di scontri con un morto, cen tinaia di feriti e pochi arresti, nella stanza del questore Colucci. A presiederla c’era il prefetto Arnaldo La Barbera, capo della Polizia di Prevenzione, arrivato quel pomeriggio da Roma.
Presenti Gratteri (capo dello SCO), Caldarozzi (suo vice), Murgolo (vicequestore di Bologna), Mortola (capo Digos Genova) e dalle 22,30 in poi anche Canterini (capo Reparto Mobile Roma).
Tutti funzionari che si ritroveranno nella scuola: il via libera lo diede Gianni De Gennaro, per telefono. Più che una perquisizione, che infatti non si fece, fu decisa una retata: volevano fare il massimo numero di arresti a fronte di un bilancio disastroso per l’ordine pubblico. È noto che il vicecapo della polizia, il prefetto Ansoino Andreassi, manifestò le sue perplessità e non partecipò alla riunione operativa.
Del resto, inviando a Genova La Barbera, De Gennaro l’aveva praticamente sfiduciato. L’operazione, ufficialmente giustificata con la sassaiola che avrebbe colpito le auto di una pattuglia di Polizia, si concluse con 61 feriti sui 93 manifestanti trovati nella scuola, che per lo più dormivano. Secondo il decreto di archiviazione delle accuse a loro carico, a parte chiudere cancello e portone (sfondati) non opposero una significativa resistenza. Tutti e 93 furono arrestati per “associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio”, in base ai verbali di perquisizione e sequestro che attestavano il ritrovamento di “armi improprie” e di due molotov. Ma i giudici genovesi non convalidarono gli arresti.(...)
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