Domenica 6 luglio. Al Convention center di Sapporo si tiene l`assemblea generale del forum contro il summit del G8.
La sala e` affollata di rappresentanti delle ONG e dei movimenti asiatici. Arrivano notizie sugli arresti del giorno precedente: quattro ragazzi finiti senza colpa sotto i manganelli della polizia alla fine di una manifestazione che piu` pacifica e ordinata (quasi pateticamente ordinata) non poteva essere.
Il centro della discussione, qui al Convention center, e` una valutazione del ruolo del G8, come istituzione e come strumento delle politiche globaliste. Parla per prima Juniko Edahiro, una rappresentante delle ONG giapponesi invitata a partecipare alla commissione sule politiche dell`ambiente del G8, alla quale alcuni rappresentanti del movimento ambientalista giapponese rimproverano una posizione di mediazione con le posizioni inaccettabili che il summit ha elaborato.
Poi parla Jurgen Maier, del partito verde tedesco, che svolge una riflessione molto documentata sul consumo energetico nel mondo. Dalla sua analisi emerge che i paesi che partecipano al G8, pur avendo soltanto il 13 per cento della popolazione mondiale, consumano il 60 per cento delle risorse mondiali, sono responsabili del 39 per cento delle emissioni inquinanti attuali, e del 62 per cento delle emissioni inquinanti passate. Naturalmente per avere un quadro piu` completo della situazione presente delle emissioni inquinanti occorre considerare il fatto che al G8 non partecipano India, Cina e Brasile, i paesi che hanno una piu` intensa crescita in fatto di consumo delle risorse e in fatto di emissioni. Passando poi alle proposte, Meier osserva che solo una rivalutazione delle politiche di regolazione nazionale puo` portare ad un effettivo incremento della domanda di energia rinnovabile, perche` le fonti energia rinnovabile non possono essere gestite se non su scala locale.
Interviene poi Medha Patkar, rappresentante del Save Narmada Movement. Medha Patkar e` una signora dai capelli bianchi e dalla corporatura minuta che con voce fermissima e con una forza retorica impressionante denuncia gli investimenti delle potenze industriali che provocano la devastazione ambientale del suo paese, l`India. In particolare Medha attacca il Giappone, che e` fra i principali responsabili di quella politica che minaccia di distruggere le abitazioni e la vita stessa di centinaia di migliaia di contadini della costa occidentale indiana. Il suo intervento e` poi dedicato anche a una critica delle politiche di conversione bioenergetica. Anche queste hanno dimostrato di produrre effetti devastanti non solo sull`ambiente ma anche sulla disponibilita` di risorse alimentari. E allora? si chiede, poi la signora Patkar. E allora non resta che ripensare profondamente le scelte economiche fondamentali, prima di tutto rimettere in discussione la crescita e restituire la decisione politica ed economica alle comunita` locali. Non c`e` contraddizione, conclude, fra sviluppo e ambiente, a patto che con la parola sviluppo si intenda il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, e non l`aumento dei profitti delle corporation.
Per finire interviene Walden Bello, il leader filippino i cui contributi teorici e informativi abitualmente possono leggersi su Le Monde diplomatique. Il suo intervento e` stato a mio parere illuminante e decisivo, perche` ha costituito una messa a punto indispensabile della funzione che il G8 svolge in questo momento, e soprattutto della maniera in cui i movimenti della societa` civile hanno visto finora il G8 e sulla scelta politica che debbono compiere oggi.
Per sintetizzare il suo pensiero, Bello conclude dicendo che dobbiamo chiedere l`abolizione del G8 e chiedere che quello di Hokkaido sia l`ultimo incontro di questa istituzione. Ma per giungere a questa conclusione Bello svolge una analisi storica molto interessante. Anzitutto, definisce il ruolo che l`organismo internazionale dapprima chiamato G7 si e` attribuito fin dalla sua origine, nel pieno della crisi energetica degli anni `70: un organo non eletto di governo sull`economia mondiale finalizzato alla privatizzazione, alla deregulation e all`aumento dei profitti delle grandi corporation internazionali.
Ma qual e` stato, si chiede Bello, l`atteggiamento dei movimenti della societa` civile negli ultimi anni, dopo la grande sollevazione spontanea del 1999 contro il WTO? Il momento di passaggio determinante e` stato Genova. In quella occasione il movimento globale ha chiarito che il G8 non e` affatto un organo per la soluzione dei problemi del mondo, ma la fonte di queti problemi. Per questo a Genova emerse chiaramente l`intenzione di opporsi all`azione del G8 ed alla sua stessa esistenza, in quanto illegittima e pericolosa.
Dopo quel momento, dice ancora Bello, il movimento passa attraverso una fase complessa, nella quale le organizzazioni non governative svolgono un ruolo che talvolta diviene contraddittorio. Nel 2005 il summit si svolse in Inghilterra, e il leader laburista Blair, in quell`occasione aiutato da personaggi come Bono e Bob Geldorf, tento` di offrire un`immagine nuova del G8, e di accreditarlo come organo di mediazione e di integrazione degli organismi rappresentativi della societa` civile. Ma le politiche reali delle potenze occidentali non attenuo` affatto il rigore neoliberista che le aveva caratterizzate. E nel 2007, a Rostock, il movimento si propose di tornare allo stile politico di Genova, pur non avendo piu` la forza dei trecentomila che fecero di Genova il momento piu` alto della storia dell`opposizione contro il capitalismo liberista.
Oggi, conclude Bello, qui in Giappone, noi dobbiamo ribadire in maniera definitiva che il movimento non nutre alcun dubbio sulla funzione di questo organismo, che peraltro e` oggi rappresentato da leader screditati e privi di ogni visione innovativa.
Abolire il G8 e` la sola proposta con la quale il movimento si deve presentare all`appuntamento.
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