In teoria i lavori di restauro e di adattamento avrebbero dovuto essere completati nel maggio del 2000, anche se il cartello informativo vicino al cancello di ingresso specifica che la data prevista per la consegna dei lavori è il 26 giugno del 2001. In realtà, se ci si inoltra per via Fondazza e si sbircia nel cortile del grande complesso rosso situato all’incrocio con via del Piombo, l’ex convento di Santa Cristina appare ancora un cantiere aperto, con operai al lavoro, macchine e attrezzi, terreno dissestato e atmosfera polverosa. Guardando attentamente, per quello che è possibile, e facendo il giro dell’isolato attraverso il parchetto retrostante, si nota in realtà che il più del lavoro è stato fatto. Tra qualche mese, probabilmente prima dell’estate, l’antica costruzione dovrebbe essere riconsegnata alla città. L’architetto Nannelli, che segue dall’inizio i lavori di restauro, mi illustra la storia dell’imponente edificio, antico convento camaldolese, che, con l’avvento della Repubblica Cisalpina, nel 1796 venne convertito in una caserma. Nell’ottocento una parte venne addirittura demolita, mentre i muri cinquecenteschi venivano ricoperti con intonaco. L’edificio è rimasto quindi abbandonato a se stesso per venti anni, dagli anni ’70 agli anni ’90, subendo un grave processo di corruzione materiale, fino a quando il comune è riuscito ad acquisirlo dalle autorità militari. I lavori di restauro sono stati finanziati con i fondi statali predisposti per Bologna 2000 ma si sono prolungati oltre il previsto, per la complessità degli interventi di restauro e forse anche per l’ambiguità sulla destinazione d’uso che per mesi ha aleggiato sulla struttura: a seconda dei vari tipi di uso, infatti, si pongono problemi peculiari di adeguamento. Proprio per la sua futura destinazione, Santa Cristina fu per qualche tempo, circa due anni fa, al centro delle cronache locali: il complesso avrebbe dovuto addirittura essere venduto all’Università per la cifra assurda di 10 miliardi, persino inferiore alla somma - 15 miliardi - impiegata per il restauro. Questa vicenda non fu mai chiarita del tutto e particolarmente ambiguo apparve il comportamento della Giunta Comunale in merito alla propensione a (s)vendere il complesso. Alla fine uscì fuori l’impossibilità di vendere l’immobile per il vincolo di un mutuo ventennale con la Cassa depositi e prestiti. Anche attualmente il destino di Santa Cristina non appare del tutto chiaro. Una cosa ormai certa, e coerente con il protocollo d’intesa iniziale firmato da Comune, Regione, Università e Ministero dei Beni Culturali, dovrebbe essere l’assegnazione di una parte dei 4000 metri quadrati utilizzabili al Centro di Documentazione, Ricerca e Iniziativa delle Donne. Attualmente è in corso una trattativa, iniziata un anno fa, tra il Centro delle Donne e il comune per gli spazi da mettere a disposizione delle molteplici attività culturali portate avanti dall’associazione. Allo stato attuale della mediazione lo spazio fisico per le donne dovrebbe essere di 700 metri quadrati, anche se in realtà la diatriba, come sottolinea Raffaella Lamberti, dell’Associazione Orlando - gruppo storico del panorama culturale bolognese da cui è stato pensato e realizzato il Centro - non è sullo spazio ma sul concetto di cultura delle donne. Negli ultimi mesi, infatti, si è fatta strada un’interpretazione riduttiva da parte del Comune che vorrebbe assimilare la cultura femminile promossa dal Centro al solo aspetto del patrimonio librario fruibile attraverso il servizio di prestito e consultazione fornito dalla biblioteca. «Cultura è rapporto tra vita e pensiero, cultura è spazio per la libertà femminile» ribadisce la Lamberti. Gli ambiti di attività delle donne di Orlando sono infatti molti e diversi, dalla Biblioteca Nazionale delle Donne, che vanta un patrimonio librario di 35 mila volumi tra narrativa e saggistica, alla Sala da Te Internet, dal lavoro interculturale con le donne migranti all’attività di formazione, dall’accoglienza alle attività sociali e politiche, dalle numerose collaborazioni con gruppi e associazioni all’attività di ricerca.
Proprio qualche giorno fa, il 10 dicembre, si è svolta la festa di inaugurazione della sede attuale, in realtà fisicamente insufficiente anche solo per garantire la messa a disposizione di tutti i libri della biblioteca, allestita nella sala dei Notai, dopo il trasloco di giugno dalla sede precedente di via Galliera. Per il prossimo giugno il Centro dovrebbe finalmente occupare gli spazi di Santa Cristina. Nel frattempo le donne di Orlando continuernno a impegnarsi perchè l’identità del Centro, uno dei più importanti in tutta Europa, non venga snaturata.
Per quanto riguarda, infine, la destinazione d’uso del resto dei locali, non c’è ancora una indicazione univoca. Secondo le disposizioni originarie del protocollo d’intesa, ospiti dell’ex convento dovrebbero essere l’Istituto Parri e il Museo del Risorgimento, ma, anche se l’assessore al bilancio ha ribadito il rispetto del protocollo, in realtà sembra che tutto lo spazio non occupato dal Centro delle Donne verrà affittato all’università.