La finanziaria del governo non è mai stato un documento economico vicino alle esigenze della popolazione quello di questa volta li batte tutti! Dalla Liberazione ai giorni nostri, infatti, non era mai accaduto che in quel documento fossero previste spese di guerra. Si afferma che per tutto c’è sempre una prima volta, non era questo il caso da usare per dimostrarlo. E’ una finanziaria di guerra che taglia dal sociale a favore dell’aumento delle spese militari, ordinarie e straordinarie.
Come tutti gli anni, in questa stagione, a partire dalla fine di Novembre, si riuniscono a Palazzo D’Accursio per decidere cosa fare con i soldi che già ci hanno sottratto con le tasse, e quanti altri denari dovranno portarci via per finanziare le loro imprese: questo, nel linguaggio corrente, si chiama Bilancio del Comune di Bologna.
Sono state presentate le documentazioni (assolutamente incomplete) per la discussione in Consiglio Comunale, come già accadde anche lo scorso anno, la Relazione Previsionale Programmatica, (atto obbligatorio per aprire la sessione di Bilancio), è in realtà l’ultimo documento arrivato, a pochi giorni dall’inizio della discussione, è un’irregolarità che pesa sull’andamento trasparente della discussione, quasi volessero far sapere il meno possibile delle loro trame.
La disponibilità finanziaria del comune è composta da: trasferimenti dallo stato, tassazione locale aggiuntiva, oneri di urbanizzazione (meno 21,08%), entrate dal comune allargato (ad es. Seabo), aziende speciali e partecipate (meno27,41%), alienazione di beni patrimoniali, fondi e trasferimenti regionali e fondi europei.
I trasferimenti dallo stato, come ormai accade da molti anni, continuano a diminuire (la pressione fiscale generale al contrario aumenta), meno 2,18% nelle previsioni del 2002 rispetto a quelle del 2001, per gli stessi motivi diminuiscono i fondi regionali (meno 6,43%) e di altri enti. Come risulta evidente, il tutto deve essere compensato a livello locale: tagli, aumenti della tassazione, vendita del patrimonio pubblico (più 17,12%), privatizzazioni, sfruttamento del personale (costo del lavoro!!). Sarà questa la realtà del federalismo o devolution, come lo chiama Bossi?!
Per quello che riguarda la spesa, possiamo fare alcune considerazioni di carattere generale, l’atteggiamento pare quello di viaggiare allineati e coperti senza, almeno in apparenza, andare ad intaccare i servizi alle persone, una specie di mantenimento del livello: nessuna nuova prospettiva, ma neppure un significativo arretramento.
Chi ha scelto? Dov’è una scala delle priorità che privilegi gli interventi nei servizi normali e di emergenza sociale? Non si può certo dire che scegliere in un modo o nell’altro sia indifferente.
Non siamo d’accordo con l’impostazione generale (quando ad esempio si sceglie di mantenere tutta la speculazione edilizia e grandi opere, anche di ciò che si colloca al di là di ogni minimo senso del reale, e in questo caso non sono nemmeno più i rappresentanti dei cittadini a scegliere, bensì direttamente il lobbismo degli speculatori) ben altro dovrebbe essere il disegno e ben altri i protagonisti.
A questo proposito, andando oltre la contestazione di ogni singolo punto, ci viene in mente l’idea del bilancio partecipato (l’esempio di Porto Alegre di cui già abbiamo parlato), ci viene in mente cioè che bisogna impostare una battaglia affinché la logica venga completamente ribaltata e le scelte, le programmazioni e i disegni vengano direttamente creati dai cittadini organizzati. Non sarebbe male, ad esempio, se per il preconsuntivo del prossimo giugno, dalla base popolare:quartieri, posti di lavoro, scuole centri anziani, sociali, ecc., arrivassero puntuali critiche, osservazioni, progettazioni alternative. Questo sì che sarebbe un buon inizio, nonostante il governo di centrodestra, della pratica dell’obiettivo e dell’esplorazione dell’alternativa.