Domenica sera ho assistito all’intervista a De Gennaro realizzata da Fabio Fazio. Già altre volte i miei commenti hanno incrociato il nome dell’attuale commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, ma sempre su Genova. Stavolta eviterò l’argomento; un po’ per non diventare monotono, un po’ perché capisco che la questione rifiuti sia di tale interesse da assorbire totalmente un’intervista con l’ex capo della polizia. Certo, non avrei disdegnato una domanda sul G8 genovese, rivolta a chi è indagato per istigazione e induzione a falsa testimonianza nell'ambito del processo Diaz, ma non pretendevo che si mettesse in difficoltà De Gennaro in un’occasione simile. Ho dunque ascoltato l’intervista con la sola speranza di uscirne illuminato sulla questione rifiuti; cause, rimedi nella situazione d’emergenza, prospettive future. Ne sono uscito con una sola e sconsolante sicurezza: di rifiuti io non so nulla, De Gennaro poco di più. Il “superpoliziotto” l’ha anche velatamente ammesso, confermando che il suo compito è principalmente finalizzato ad affrontare l’immediatezza. Posso capire che di fronte ad un’emergenza gli interventi “in prospettiva” appaiano speculazioni intellettuali poco connesse con la realtà. Gli stati di necessità modificano le nostre percezioni: le soluzioni sembrano sempre più ridotte, le vie di fuga minori e più anguste, e forte diventa la tentazione di rispondere ad un grande male accettandone uno minore; ma si abbia almeno l’onestà di ammetterlo, altrimenti assisteremo al succedersi di diverse emergenze, intervallate da soluzioni tampone.
De Gennaro, dunque, di rifiuti s’intende poco. Sta studiando la materia, s’è circondato di esperti che dovrebbero guidarlo nelle decisioni, ma nell’intervista da Fazio è apparso scivoloso sulle cause della situazione attuale (dimostrandosi in questo un abile comunicatore, attento a quel che si deve tacere quanto a ciò che si può dire) e ambiguo sulle soluzioni. Giusto un accenno alla raccolta differenziata – e solo su pressione dell’intervistatore – nemmeno quello circa riduzione degli imballaggi, riutilizzo dei materiali, razionalizzazione del ciclo dei rifiuti. La sua soluzione è apparsa sbrigativa: sgomberare l’esistente e creare nuove discariche, nuovi inceneritori (pardon, termovalorizzatori). I rifiuti? La sua filosofia pare essere “lontani dagli occhi, lontani dal cuore”.
Si impongono almeno due riflessioni. La prima: di fronte ad un’emergenza che pretenderebbe una competenza tecnica in una materia che abbraccia scienza “pura” e sociologia, le istituzioni si affidano non ad un esperto sconosciuto al grande pubblico ma competente, ma ad un “uomo d’ordine”. Si tratta della prosecuzione di quell’atteggiamento mentale che vede qualsiasi problematica da affrontare innanzitutto in termini di ordine pubblico e sicurezza. L’Italia, in una degenerazione ormai antropologica, continua a subire il fascino dell’uomo forte, a farsene sedurre: meglio un noto ma rassicurante incompetente (termine qui usato nel suo significato letterale e non dispregiativo) che un uomo privo di fama e di appeal comunicativo ma di sicura esperienza.
La seconda: le parole sono tutto fuorchè innocenti. Già l’allucinato e profetico 1984 di Orwell denunciava quanto la creazione di un neologismo fosse finalizzata ad edulcorare il concetto, tutt’altro che nuovo, che questo sottendeva, inducendo un atteggiamento mentale positivo nella popolazione. Un tentativo di usare la semantica per deformare il pensiero; un ribaltamento del rapporto fra significante e significato, basato sulla simmetrica relazione fra un messaggio rassicurante, affidato al primo, e un contenuto spaventoso, occultato nel secondo: lo “svagocampo”, usato per definire l’inaccettabile “campo per lavori forzati”, per intenderci. Tanto mi basta per diffidare dei termovalorizzatori (pardon, inceneritori), e mi fa pensare che l’ostinato silenzio che De Gennaro oppone da anni di fronte alla questione Genova sia dovuto ad una ricerca di eufemismi non ancora completata. Ma di Genova, avevo promesso, non avrei parlato…
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