Si parla di costi della politica: ecco un inacettabile spreco di soldi

Lo sgombero del Galilei un anno dopo

E' passato un anno dallo sgombero di un ex centro di formazione professionale di Casteldebole. Era stato occupato alcune settimane prima da un centinaio di rom rumeni che avevano iniziato a rendere concreto un interessante progetto di autogestione e di autorecupero dell'immobile abbandonato
4 agosto 2007

Ogni sgombero ha il suo compleanno.
Anche quello del centro professionale “Galilei”, una costruzione inutilizzata e vuota da anni, situata a Casteldebole (all'estrema periferia di Bologna), che la scorsa estate era stata occupata da oltre 100 rom rumeni.
Il Centro, realizzato dalla Regione e dato in convenzione gratuita al Comune di Bologna, fu aperto nel 1985. Ha funzionato per pochi anni, poi il Comune ha abbandonato la formazione professionale. Sicuramente, nel 1998 era già inutilizzato e la struttura aveva un vincolo per uso scolastico, che oggi non c’è più. Il Comune ne è pieno proprietario dal oltre 4 anni.
Lo sgombero “soft” partì la mattina del 4 agosto 2006: niente ruspe ma soltanto autobus. I vigili urbani ed i cronisti, veterani degli sgomberi del Ferrotel e del Lungo Reno, trovarono all’interno una situazione insolita e dignitosa. Gli occupanti si erano date precise regole di autogestione e, nella precarietà di un edificio lasciato andare in malora da circa 10 anni, avevano ricavato gli spazi per ciascuna famiglia, luoghi comuni e servizi utilizzabili, con porte e collegamenti di acqua potabile.
Per una volta i muratori in nero, che ogni mattina vengono assoldati dai caporali lungo la via via Emilia, a Borgo Panigale, avevano lavorato per le loro famiglie e non per gli appaltatori senza scrupoli.
La giustificazione dello sgombero fu duplice:
1. gli ambienti, privi di sistemi di sicurezza e di infissi, erano rischiosi, soprattutto per i numerosi bambini presenti;
2. i locali avrebbero dovuto ospitare presto i magazzini della Cineteca Comunale.
La prima motivazione nascondeva una grande ipocrisia, emersa chiaramente dal giorno successivo allo sgombero. Furono assistite e sistemate soltanto donne incinte e con neonati; tutti gli altri, in giro per la città. Si sa che “occhio non vede, cuore non duole” e, quindi, il Comune preferì ignorare i disagi e le peregrinazioni a cui gli stessi bambini sarebbero stati costretti, nei mesi successivi, per trovare un riparo dal freddo e di notte. Alcuni nuclei di sgomberati, un anno dopo, sono ancora in giro per la città.
La seconda motivazione era altrettanto pretestuosa perché la Giunta, in un anno, non ha prodotto nessun atto amministrativo per riadattare la struttura e assegnarla alla Cineteca e a noi non risulta che sia stato impegnato un solo euro in tale impresa.
Oggi, chiunque voglia (grandi e piccini) può visitare il Galilei, che la scorsa settimana ha ospitato anche una festa indimenticabile……
D’altra parte, con la crisi di cui risente Bologna (famiglie e lavoratori precari senza casa, giovani in cerca di spazi da socializzare), è veramente immorale tenere vuote, inutilizzate e degradate per anni delle strutture di proprietà pubblica.
Si parla tanto di costi della politica ma il costo sociale del degrado voluto di questa struttura non lo calcola nessuno? Eppure, le responsabilità sono attribuibili a tre Giunte (Vitali, Guazzaloca, Cofferati). Se non c’è nessun piano concreto di recupero, a cosa è servito sgomberare le famiglie dal Galilei e quanto ha speso, invece, il Comune per gli sgomberi e per i traslochi ripetuti nei mesi successivi?
I consiglieri dell’Altra Sinistra hanno presentato un'interpellanza chiedendo conto di questi sprechi inaccettabili. Adesso vedremo cosa risponderà la Giunta comunale a settembre.

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