Il corteo del 20 Luglio: una festa di colori e memoria

Più di un migliaio, ieri, alle celebrazioni in Piazza Alimonda. Slogan, musica ma anche cartelli per ricordare le altre ferite aperte di questo paese. E continuare a chiedere verità e giustizia.
21 luglio 2007 - Marco Trotta

Un bimbo in Piazza Alimonda Un corteo sereno e colorato, composto e divertito. Così si è presentata, ieri, la “carovana” di un migliaio di persone che nel ricordo delle manifestazioni anti-G8 di 6 anni, è partita alle 16 in punto dallo Stadio Carlini. Destinazione Piazza Alimonda, luogo della memoria che più di ogni altro è diventato il simbolo di quelle giornate e del nome che da allora qualcuno riscrive con un pennarello su ogni targa nuova che il comune fissa al muro: Piazza Carlo Giuliani, ragazzo. Dissolte le polemiche della vigilia. Quelle con il sindacato Coisp della Polizia che voleva fare un convegno dal titolo “L’Estintore come strumento di Pace” (vietato, ma solo per quel giorno). Dissolte anche le tensioni con il solito velinaggio a mezzo stampa di presunti “problemi di ordine pubblico”. Haidi Giuliani, distesa e sorridente, poco fuori dal Carlini lo ricorda ad un collega della AGI: “Ho letto quello che avete scritto, ma vi sembra un corteo che possa creare problemi di ordine pubblico?”. Replica: “Ma l’ha detto il braccio destro di Fini”. Appunto. E intanto ci si conta: 500 almeno. Davanti un piccolo camion messo a disposizione dai portuali. Sopra suoneranno per tutto il tempo un paio di musicisti. Canzoni di lotta, certo, ma anche spazio all’ironia. Come quella di Guido Foddis, cantautore da Ferrara, che ci mette del suo per animare un corteo che è partito quasi in silenzio. Ogni tanto qualcuno intorna “Carlo è vivo e lotta insieme a noi”. C’è anche spazio per un “Genova Libera”, ma sembra prevalere il bisogno di parlare con il proprio vicino, girarsi all’indietro, contarsi. C’è chi non si incontra da 6 anni, e gli sguardi dubbiosi si sciolgono in un abbraccio. Chi qui ci viene almeno due volte a settimana, come gli avvocati, o i testimoni e protagonisti delle altre due ferite che non passano: Diaz e Bolzaneto. Come Lorenzo Guadagnucci che sfila affianco all’inseparabile Arnaldo Cestaro. Il primo con addosso una specie di lenzuolo verde con su scritto “Roberto Francesci”, il secondo la bandiera No Dal Molin. E’ l’altra novità del corteo di quest’anno. I simboli della memoria presente a passata. Ci sono le bandiere dei comitati di Vicenza, ma anche una No Tav, in fondo al corteo uno striscione di Emergency, poco più avanti quello delle Madri di Plaza De Mayo. E poi tanti pezzi di lenzuolo di colori diversi portati a mano da uno o più manifestanti. Ognuno a ricordare un momento diverso della storia di questo paese. Altre ferite aperte. E così poco dietro il camion “Freccia del Sud 22/7/70”, “Piazza Fontana 12/12/69”, “Portella della Ginestra 01/05/47”. E ancora “Francesco Lorusso”, “Pinelli” ma anche “Dax” e “Federico Aldrovandri”. Un pezzo di memoria che il Network “Reti-Invisibili” nato da una idea di Haidi, prova a mantenere vivo ogni giorno e il corteo porta con sé, sfilando tra vecchi militanti e giovanissimi (molti, forse la metà) che probabilmente non c’erano neanche sei anni fa e partecipano come se fosse una festa. Perché è una festa. Scherza Foddis, a metà di via Tolemaide: “Alzi la mano chi è del partito democratico”. Fischi e risate. Un boato quando chiede di farsi sentire ai “comunisti”. Poco più in là sfila la sinistra politica. Ci sono Gennaro Migliore, capogruppo del PRC alla Camera e l’ex senatore Malabarba, Sinistra Critica. C’è Marco Ferrando con il Partico Comunista dei Lavoratori e qualche bandiera dei Comunisti Italiani. E poi i portavoce del Genova Social Forum di allora: Raffaella Bollini dell’Arci, Vittorio Agnoletto ora eurodeputato PRC, Luciano Mulbauer, consigliere PRC Lombadia, Marco Bersani, Attac. Giuliano Giuliani è sempre davanti. Fa “piano piano” con le braccia al camion “non vorremo arrivare troppo presto?”

Verso le 17 il corteo infila Via Caffa, ingrossato a chiassoso. Qualche genovese si affaccia alla finestra per salutare. Fa caldo, ma si resiste. In piazza Alimonda ci sono altri manifestanti. Sotto gli alberi, vicino al chiosco di giornali si vende il DVD “OP – Genova 2001” il nuovo video preparato insieme agli avvocati del Legal Forum con le immagini e le ragioni che sono state portate nei tribunali in questi sei anni. Poco più in là la cancellata della Chiesta che questa mattina era spoglia, come ogni giorno da quando chi la gestisce ha deciso di non tollerare più fiori e biglietti che da sempre si lasciano per ricordare Carlo, torna ad essere un luogo della memoria. Vengono attaccati alcuni lenzuoli colorati, altri fiori, qualche nastro e altre dediche “Non si spegne il sole se gli spari contro” firmato Emi. Sulla scalinata i centri sociali del Global Network che aspettavano in piazza appendono uno striscione “Governo Prodi Vergogna. De Gennaro Macellaio”. C’è anche la Comunità San Benedetto al Porto di Don Gallo con una gigantografia del corteo del 20 luglio di 6 anni fa e la scritta “Quello che siamo. Con Carlo nel cuore”. Intanto il camion si è fermato e sale sul palco Peppino Coscione, maestro di Carlo e anima del comitato che, come ogni anno, organizza le giornate di Genova. “Siamo qui in ricordo di Carlo ma anche per chiedere il rispetto della Costituzione. Per chiedere Verità e Giustizia”. Poi altra musica. “La Casa del Vento”, che non manca mai, esegue qualche pezzo. Poi si appella quegli artisti italiani, magari più famosi, che a Genova non ci sono mai venuti “Li invitiamo a venire a vedere, e magari con la loro arte a coinvolgere altre persone in queste manifestazioni”. Intanto si avvicinano le 17.25, l’ora dello sparo di 6 anni fa, c’è Cisco sul palco, la musica che scorre e quasi ci si scorda del minuto di silenzio. Serve qualche cenno dalla platea, i le voci e gli strumenti tacciono per qualche secondo. Ma passa davvvero pochissimo prima che Haidi salga sul camion prendendo il microfono: “Non dobbiamo tacere ma gridare per i troppi che non hanno avuto giustizia, come Carlo. I loro nomi li abbiamo portati in corteo con noi. Sono i morti delle stragi, ma anche Federico Aldrovandi e Renato Biagetti, tutti ragazzi che non hanno avuto giustizia, il nome dei responsabili e dei mandanti della loro morte. Sono troppi eppure non possiamo più sopportare altre bugie e altri depistaggi. Perché non vogliamo altri ragazzi morti come loro. Noi donne quando partoriamo un figlio non lo facciamo per la guerra o la violenza fascista, ma perché abbia diritto alla felicità. Si può, in questo mondo, se riusciamo a dire tutti insieme 'ora basta' a chi vuole diventare più ricco e potente”. La piazza, ormai più un migliaio, la interrompe spesso con applausi. Ma quello più lungo continua dopo, quando scende, e continua il ricordo. Qualcuno la abbraccia, visi con gli occhi lucidi. Ci si stringe un po’ nello spazio in ombra della piazza, un po’ per scappare dal sole, un po’ per cercare conforto nella presenza degli altri. “Siamo più dell’anno scorso, e poi questa è una festa”. Altra musica dal camion

Intorno alle 18 si stacca un corteo dalla Piazza. Duecento persone seguono il camion del centro sociale Buridda dietro lo scriscione “DE GENNARO ha AMATO i MANGANELLI. Via Tolemaide: noi non dimentichiamo”. Francesco Caruso annuncia dal microfono un sit in di fronte alla questura. Ci si arriva poco dopo lungo Viale Bisagno. Dagli altoparlanti escono le registrazioni delle telefonate alla questura nei giorni di Genova, quelle passate agli atti dei processi dove i manifestanti sono “zecche” e la morte di Giuliani “1 a 0 per noi”. E di nuovo Caruso a spiegare ai microfoni: “Chiediamo un po’ di pazienza agli automobilisti se stiamo bloccando il traffico per qualche minuto. Ma lo facciamo per ricordare come fu bloccata la città 6 anni, quella con la quale non abbiamo mai smesso di dialogare per raccontare chi furono i veri violenti allora e perché rivendicavamo il nostro diritto al dissenso”. Altri interventi. Italo Di Sabato, Osservatorio Prc sulla repressione “Il movimento non è stato ucciso a Genova. E’ vissuto nelle vertenze dei territori: Val di Susa, Vicenza, Napoli. I troppi compagni morti in questo paese vivono anche in queste lotte. Troppo spesso, invece, la polizia difende gli attentati fascisti che stanno aumentando in tutta Italia, come poco tempo fa a Villa Ada”. E Ancora altri interventi “Siamo il movimento che rimette in moto la politica. La sinistra diffusa che rivendica il diritto dei cittadini ad una vita migliore, più dignitosa”. C’è ancora il tempo per uan breve trattativa prima di mettere lo striscione di fronte alla questura. Qualche foto e poi si torna in Piazza Alimonda. Il resto della piazza applaude. Giuliano Giuliani annuncia che tra un po’ ci sarà una cena “per tutti i manifestanti al Carlini”, poi proiezioni, dibattiti e il torneo di calcetto del giorno dopo. “Quello dello sport che ci piace, fatto senza soldi” e con un po’ di fantasia nei nomi delle squadre: Atletico Diaz e i tigrotti di Bolzaneto. Perché Genova non dimentica e questa continua ad essere una festa.

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