Chi decide garantisce la “legalità” nel nostro Paese? Quando l’espressione di un pensiero differente passa per le strade di una città e l’istituzione, chiusa nel palazzo di vetro, delega il ruolo di interlocutore all’azione autonoma e arbitraria di un corpo militare è ancora possibile sperare in un dialogo?
Quello che è successo a Genova sei anni fa ci ha chiarito che non è possibile. Nei giorni delle violenze, che si concentrarono tra venerdì e sabato, prima con l’assassinio di Carlo Giuliani e poi con la “macelleria messicana” nella Diaz, si è creato un profondo scollamento tra i cittadini, le forza dell’ordine e il potere politico. La situazione paradossale e tragica vedeva coloro che avrebbero dovuto difendere l’ordine pubblico, la sicurezza dei cittadini, diventare quelli da cui ci si doveva difendere. E esponenti del governo, come Gianfranco Fini, seguivano lo spettacolo dalle stanze della prefettura di Genova. C’erano tutte le condizioni affinché si producesse, come di fatto avvenne, la sospensione dello stato di diritto dove un totale rovesciamento dei rapporti rendeva impossibile discernere chi occupava quale ruolo. Grazie a un simile marasma sono passati sei anni e ancora non è stato stabilito chi ha la responsabilità di che cosa.
La serata di venerdì 6 luglio a Vicolo Bolognetti ha sollevato principalmente questi temi, prima attraverso una tavola rotonda e poi con uno spettacolo teatrale.
Giuliano Giuliani ha aperto la discussione sottolineando l’azione della catena di comando, che sotto gli occhi di tutti mise in scena delle costruzioni ad hoc per occultare le proprie responsabilità come la raccolta delle molotov e delle spranghe buttate dentro la Diaz, per dimostrare l’intenzione violenta dei manifestanti. Riferendosi alle dichiarazioni di questi giorni, ha sottolineato come ancora si continui ad avallare quell’azione criminale e delinquente. L’agente che ha parlato di macelleria messicana ha detto di non averlo fatto prima per “spirito di corpo” sottoscrivendo senza imbarazzi un regime di omertà, che come ha detto Giuliani, si immaginerebbe più proprio ad organizzazioni mafiose che a un corpo di polizia. Anche le “quote rosa” hanno rivendicato la loro parte di delinquenza restando impunite, come la poliziotta che nella telefonata intercettata e pubblicata in questi giorni insieme a molte altre dice “uno a zero per noi” riferendosi all’uccisione di Carlo. Sempre secondo Giuliani, l’ istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare per attribuire con precisione le responsabilità si rende necessaria allora anche per restituire onorabilità e credibilità alle forze dell’ordine, macchiate dall’azione delinquente di quanti ancora continuano a restare nei ranghi.
Sul punto della commissione di inchiesta il giornalista Lorenzo Guadagnucci, tra i reduci della Diaz, esprime la sua preoccupazione che non si tratti di una presa in giro. Come coniugare infatti, spiega Guadagnucci, l’istituzione della commissione con la scelta del governo Prodi di sostituire il capo della polizia De Gennaro con il suo vice Manganelli, scegliendo la linea della continuità nella gestione del corpo? La stessa linea operante a Genova nel 2001? La scelta di Manganelli per Guadagnucci ha rappresentato una forte delusione per quanti come lui in quei giorni si sono visti privare dei loro diritti costituzionali, pestati a sangue e arrestati senza neanche conoscerne il motivo. [ascolta l'intervista]
Come il vicentino Arnaldo Cestario, classe 1939, il cui reato che lo ha ascritto al mucchio indistinto dei “black blok” è stato di “non sapere dove passare la notte” e di essersi fermato per caso a dormire nella Diaz quel sabato sera. Fu il primo a ricevere una lezione quando i poliziotti fecero irruzione nella caserma: un braccio rotto, undici costole fratturate, la testa come “un pallone da rugby”. Il racconto della sua rabbia e dello schifo per la mattanza generalizzata che vide compiersi intorno a sé come possono conciliarsi con il pensiero che viviamo in una democrazia?
Libero Mancuso, ex giudice e oggi assessore della giunta Cofferati, ricorda come l’esercizio incontrollato di violenza da parte delle forze dell’ordine e i teatrini messi in piedi per declinare le responsabilità, si fossero già visti qualche mese prima a Napoli. La geografia dei rapporti sociali era già impazzita e aspettava solo un teatro più grande per esplodere definitivamente. [ascolta l'intervista]
Chiude la discussione Paolo Cento, Sottosegretario all’Economia, che da Genova ad oggi legge una pesante evoluzione dell’esercizio incontrollato del potere nella logica che regola i rapporti sociali. Auspica l’istituzione di una commissione d’inchiesta monocamerale, per non legare la reversibilità delle decisioni alla manciata di voti in più al senato creando così alibi per non decidere, anche a una parte della sinistra. Ciò che manca oggi, dice, è la consapevolezza del ruolo della politica nella gestione dei rapporti sociali. [ascolta l'intervista]
Lo spettacolo di Gianluca Grezzi e Silvia Gallerano, "Il giorno che comincio", ha raccontato Genova attraverso il coro rumoroso delle voci dei tanti adolescenti che si trovavano al G8. Gianluca è andato in giro col registratore a raccogliere queste voci, Silvia le ha messe in scena in una performance camaleontica che la vede passare da una all’altra. Oltre la paura e la violenza, che hanno stigmatizzato il significato originario di Genova nella retorica, viene fuori soprattutto la speranza. Di condividere momenti di gioia e aggregazione, di sentirsi parte di idee che nascono spontaneamente, di capire cosa succede nel nostro tempo per non esserne travolti. Genova ha mostrato concretamente nei volti di più di 300.000 che in quei giorni hanno sfilato nelle sue strade una forza propulsiva di speranza e da lì bisogna ripartire per riabilitare “legalità” e “giustizia”. In questo spirito dal 19 al 22 luglio lo Stadio Carlini accoglierà tutti coloro che non vogliono dimenticare questo significato di Genova, organizzando mostre, dibattiti, concerti e anche un torneo di calcio per giocare, come ha spiegato Giuliani, “quello che piace a noi, senza falli e rigori”.
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