COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA
L'arrivo di Antonio Manganelli al vertice della polizia di stato non cambia nulla. Il potere politico ha scelto la strada della continuita', senza affrontare il caso G8 nella sua gravita'. A Genova nel luglio 2001 furono sospese le garanzie costituzionali e alla scuola Diaz, come ha detto un funzionario di polizia, ci fu una "macelleria mssicana". La polizia di stato in questi anni, anziche' assumersi le sue responsabilita', sospendere i dirigenti indagati e collaborare con la giustizia, ha ostacolato le inchieste e addirittura promosso i gli imputati di grado piu' alto, un vero insulto alla legittimita' costituzionale. In sei anni non si e' fatto nulla per recuperare la credibilita' perduta, si e' anzi agito in senso contrario, e il fossato fra forze dell'ordine e cittadinanza si e' allargato ancora.
Gianni De Gennaro e' stato avvicendato - cosi' ha spiegato il presidente del
consiglio - per 'scadenza naturale' del mandato. Di fronte a vicende come
quelle accadute a Genova, in qualsiasi paese davvero democratico il capo
della polizia si sarebbe subito dimesso o sarebbe stato rimosso dal potere
politico. In Italia no.
In Italia i diritti costituzionali sono passati in secondo piano, la dignita' dei cittadini e' stata calpestata due volte: prima con le violenze, poi con la protezione dei responsabili degli abusi e le promozioni dei maggiori imputati al processo Diaz. Nessuno - lo ricordiamo anche all'attuale presidente del consiglio - ha ancora chiesto scusa, a nome dello stato, alle vittime della "macelleria messicana" e degli altri abusi commessi nel luglio 2001 nelle strade, nelle caserme, nelle carceri.
Diciamo la verita': l'Italia rifiuta di fare veramente i conti con l'abisso
di illegalita' costituzionale che abbiamo vissuto nel luglio 2001 e si
dimostra incapace di anteporre le garanzie costituzionali agli interessi
degli apparati. La carriera di un dirigente vale piu' dei diritti dei
cittadini. Il dottor Manganelli, che non era a Genova nel 2001 ma fu in
costante contatto con i dirigenti imputati per la Diaz, come lui stesso ha
riconosciuto quando e' stato chiamato in tribunale come testimone, non e'
affatto l'uomo della svolta. Il governo, nel sostituire De Gennaro, non ha
fatto cenno alle sue oggettive responsabilita' - etiche, professionali e
politiche - per la distrastrosa gestione del G8 e per l'inaccettabile
comportamento tenuto dalla polizia nei sei anni successivi.
De Gennaro se ne va inseguito da un'accusa infamante, come indagato per
istigazione alla falsa tetsimonianza, e intanto 27 imputati su 29 al
processo Diaz, anziche' testimoniare e assumersi le proprie responsabilita',
si avvalgono della facolta' di non rispondere. E' questa la misura del
rispetto per il tribunale e per l'amministrazione della giustizia? E'
accettabile una condotta del genere da parte di funzionari dlelo stato?
Ancora una volta, il potere politico assicura protezione a un apparato di
polizia che ha perso credibilita' e che non accetta di operare con la
trasparenza che sarebbe necessaria in un ordinamento democratico. Il coro di consensi che si sente questi giorno per la nomina di Manganelli, nasconde il cedimento del potere politico, la sua incapacita' di garantire la supremazia della lettera e dello spirito della Costituzione.
Siamo profondamente delusi e amareggiati. A Genova, nostro malgrado, abbiamo perso fiducia nelle forze di polizia e nella loro lealta' alla Costituzione.
I fatti di questi anni e le scelte di questi giorni purtroppo non ci hanno
consentito di cambiare idea.
(http://www.veritagiustizia.it)
DE GENNARO ESCE, MA NON CAMBIA NULLA
SEI ANNI DOPO LA DIAZ, ALMENO CHIEDETECI SCUSA
Lettera di un cittadino che fini' nella "macelleria messicana"
Mi dispiace ma non ci sto. Non dite che la questione G8 sta arrivando a conclusione, perche' non e' cosi'. Gianni De Gennaro esce di scena, ma le ferite di Genova sanguinano ancora, forse piu' di prima. Se qualcuno pensa che la nomina di Antonio Manganelli sia un punto di svolta definitivo, si sbaglia di grosso. L'avvicendamento al vertice della polizia, per come e' stato gestito e per cio' che rappresenta, non ricompone affatto la frattura che si consumo' nel luglio del 2001 fra forze di polizia e cittadinanza. Non sana la lesione che fu inferta all'ordinamento democratico, non riscatta le istituzioni, che si rivelarono inacapaci di impedire la sospensione dello stato di diritto.
Potrei parlare di tutto il G8, di quanto accaduto nelle strade di Genova, in
piazza Alimonda, nella caserma di Bolzaneto, ma voglio limitarmi alla notte
della Diaz, il 21 luglio 2001, perche' ero dentro la scuola e ne uscii (con
altri 92) con le ossa rotta, oltre che in stato d'arresto. Quella notte mi
sentii letteralmente un cittadino senza Costituzione. Gli agenti delle forze
di polizia del mio paese mi pestavano a sangue senza alcun motivo e mi
privavano della liberta' senza nemmeno premurarsi di comunicarmene il
motivo. Non c'era piu' legge, non c'erano garanzie. La Diaz era un buco nero senza democrazia.
Sono uscito da quella scuola con due obiettivi: recuperare fiducia nelle
forze di polizia e nello stato democratico; ottenere giustizia in tribunale.
Sotto quest'ultimo aspetto, che reputo il meno importante, e' in corso un
processo, che dovrebbe chiudersi in primo grado entro il 2007, ma che
difficilmente arrivera' al terzo grado di giudizio prima che scatti la
prescrizione. La lentezza della giustizia e' un male italiano molto noto e
questo caso non sfugge alla regola.
Ma e' il primo obiettivo quello che piu' mi sta a cuore. Dopo i due giorni
trascorsi in ospedale piantonato, e una volta recuperata piena serenita' di
giudizio, mi sono ripromesso di dare un contributo alla ricerca di una via
d'uscita, sotto il profilo etico e politico, all'eclissi di democrazia che
avevo sperimentato sulla mia pelle. Nel mio piccolo, ho scritto un libro su
quanto accaduto alla Diaz, ho contribuito a fondare il Comitato Verita' e
Giustizia per Genova, ho partecipato a centinaia d'incontri e dibattiti in
tutta Italia, ho cercato il dialogo con sindacalisti della polizia di Stato.
Mi aspettavo, data l'enormita' di quanto avevo vissuto, un forte moto
d'indignazione fra la gente e fra gli uomini delle istituzioni. Credevo che
i miei diritti di cittadino e le mie aspettative di riscatto morale
sarebbero stati accolti e valorizzati. In questi sei anni, a parte il
sostegno e l'affetto di migliaia di persone, ho raccolto invece ben poco,
specie dalle istituzioni.
Da cittadino convinto che la Costituzione venga prima di tutto e che ogni
funzionario debba esserle fedele, mi sarei aspettato nei giorni e nei mesi
seguiti al G8 una serie di cose: una denuncia pubblica, da parte del potere
politico, che abusi del genere sono intollerabili; un'ammissione di colpa da
parte della polizia, con l'avvio di una rigorosa inchiesta interna e le dimissioni del massimo responsbaile del corpo; la sospensione immediata dei dirigenti coinvolti nell'operazione; un messaggio di scuse alle vittime
delle violenze; la massima collaborazione con la magistratura; l'avvio, da
parte del parlamento, di una commissione d'inchiesta sull'intera gestione
dell'ordine pubblico durante il G8. E' quanto avverrebbe in un paese
autenticamente democratico, rispettoso delle leggi e della sua Costituzione.
In questi anni, e' accaduto invece questo: la polizia ha mentito nel
riferire la dinamica del blitz (la resistenza degli occupanti, le ferite
pregresse); ha costruito prove false per giustificare gli arresti (le bombe
molotov); non ha sospeso i responsabili dell'operazione, che sono anzi stati promossi; non ha chiesto scusa di alcunche'; ha ostacolato l'azione della magistratura (gli elenchi incompleti degli agenti impegnati nel blitz,
l'invio di foto inutilizzabili per i riconoscimenti, la scomparsa delle
bombe molotov ricevute in custodia). Gli imputati, non paghi delle
promozioni ricevute, hanno tenuto un comportamento processuale assolutamente inadeguato per funzionari dello Stato: hanno disertato tutte le udienze e solo due (Canterini e Fournier) su 29 hanno accettato di rispondere alle domande di pm e avvocati.
Il potere politico ha avallato questa condotta. All'epoca del centrodestra
c'e' stata una legittimazione piena, con le promozioni degli imputati, il
rifiuto di una commissione d'inchiesta, la conferma del capo della polizia.
All'epoca del centrosinistra la politica delle promozioni e' proseguita e il
capo della polizia viene sostituito "per fine naturale del mandato" proprio
nei giorni in cui viene indagato per istigazione alla falsa testimonianza e
a ridosso del clamore suscitato dalla deposizione di Michelangelo Fournier
sulla "macelleria messicana".
Come si vede, ci vorrebbe ben altro che l'ambiguo avvicendamento deciso dal governo Prodi. Non siamo di fronte ad alcuna svolta. Il governo in carica
non ha denunciato gli abusi commessi alla Diaz per quello che sono, una
"macelleria italiana"; non ha revocato le promozioni (anzi ne ha concessa
una); non ha chiesto scusa alle vittime; non ha istituito una commissione
d'inchiesta; non ha rimosso De Gennaro in quanto oggettivo responsabile,
come capo della polizia, di quanto accaduto a Genova e delle coperture
successive; ha scelto la strada della continuita' anziche' avviare
quell'operazione di pulizia e trasparenza che sarebbe necessaria per
ripristinare un clima di fiducia fra cittadinanza e forze dell'ordine.
Sono passati sei anni e la sensazione d'essere un cittadino senza
Costituzione e' ancora intatta. Almeno, vi prego, non prendeteci in giro, e
rispondete, se potete, a queste semplici domande: chi controlla davvero le
forze di polizia? Chi garantisce la effettiva preminenza dei diritti
costituzionali?
(Lorenzo Guadagnucci )
COMUNICATO DEGLI AVVOCATI DI PARTE CIVILE DELLA DIAZ
Da circa sei anni siamo impegnati nella difesa delle parti civili del processo relativo ai fatti avvenuti nella scuola Diaz durante il g8 di Genova.
Questo nostro impegno, come quello di altri colleghi prima di noi nelle varie vicende legate alle pagine più nere della storia d'Italia, ha due finalità principali.
La prima, e la più ovvia, è quella di restituire, attraverso la difesa processuale e la ricerca del risarcimento dei danni subiti, dignità e valore a tutte le persone che difendiamo e che hanno subito non solo lesioni, spesso gravi, ma anche e sopratutto la negazioni dei più elementari diritti e della propria dignità di esseri umani.
La seconda, forse meno ovvia, è tentare di giungere ad una verità giudiziaria che sia in grado di dimostrare a tutti che viviamo ancora in un Paese democratico e libero, in cui il sopruso, la violenza ingiustificata e l'abuso vengono puniti anche qualora vengano commessi dalle forze dell'ordine o da chi esercita un potere politico, economico o, appunto, di polizia.
Ed è proprio quest'ultimo aspetto che ci impone oggi di non rimanere in
silenzio di fronte ad una vicenda sconcertante quanto grave e pericolosa.
Infatti, se ancora non fossero bastate a minare la credibilità delle
forze dell'ordine le reticenze, i silenzi, le sfrontate menzogne udite
in questi anni nelle aule dei tribunali, assistiamo oggi ad un evento
straordinario: l'apertura di un'indagine sul Capo della Polizia,
sospettato di aver inquinato ed indirizzato la deposizione di almeno uno
dei testimoni nel processo Diaz: l'ex questore di Genova, Francesco
Colucci. Non stiamo parlando, quindi, di un paio di semplici agenti,
magari giovani, magari stanchi o isolati, ma della più alta carica del
Viminale e di un Questore.
E se questo non fosse abbastanza per restare stupefatti e temere
seriamente per le sorti dei diritti dei cittadini nel nostro Paese,
nonché della saldezza democratica delle nostre istituzioni, a lasciare
sconcertati è la reazione delle forze politiche e delle maggiori testate
di stampa.
Non abbiamo udito, infatti, in questi giorni, la voce di coloro che
quotidianamente si interrogano sulla certezza del diritto e sul rispetto
della legge e delle istituzioni stracciarsi le vesti di fronte alla
situazione paventata dalle indagini svolte dalla Procura genovese.
Stiamo parlando non solo e non più del fatto già grave dell'aver
picchiato selvaggiamente decine di persone inermi, di averle arrestate
ed accusate sulla base di falsi verbali, di aver fabbricato prove a loro
carico da parte di alcuni dei più alti vertici della Polizia di Stato.
Quello che vediamo dispiegarsi oggi, con l'accusa a Gianni De Gennaro di
aver indotto un testimone a dire il falso di fronte ad un Tribunale
della Repubblica, è l'arroganza di un potere che si pensa illimitato e
al di fuori di qualsiasi controllo democratico e giudiziario. E ciò, con
le conseguenze sui normali cittadini che possiamo intravvedere nella
cronaca più spesso di quanto sia tollerabile e che sono fatte di piccole
illegalità quotidiane, di abusi che solo raramente giungono alla luce
per essere sottoposti al vaglio del pubblico dibattimento.
La Polizia italiana è palesemente malata, nonostante le migliaia di
operatori che coscienziosamente svolgono il loro lavoro quotidianamente
nel e per il rispetto della legalità e dei diritti di tutti. Nessuno può
più seriamente affermare oggi, come accadde dopo il g8 di Genova, che si
tratta solo di alcune mele marce in una cesta sana. E' la cesta, con
ogni evidenza, a dover essere profondamente riformata. Perciò ci
stupisce e ci spinge fuori dal silenzio che normalmente manteniamo,
anche a garanzia del sereno svolgimento dei processi in corso, l'assenza
di riflessione da parte del Governo italiano su una vicenda di tale
gravità e, al contrario, la decisione da parte del medesimo di operare
un avvicendamento al vertice della Polizia nel segno della continuità
specifica con la gestione precedente.
Né le istituzioni politiche né le Forze dell'Ordine del nostro Paese
hanno ritenuto in questi sei anni di dover esprimere scuse formali né
riconoscimenti morali o economici alle vittime della scuola Diaz o della
caserma di Bolzaneto.
Chiediamo almeno, oggi, che venga garantito e protetto il lavoro di
coloro che tentano faticosamente di restituire alle vittime di quei
giorni e ai cittadini del nostro Paese la dignità e la realtà di parole
come democrazia, giustizia, verità.
(Avvocati di parte civile nel processo sui fatti delle scuole Diaz)
LETTERA APERTA AI GIORNALISTI DI REPUBBLICA E UNITA’
In qualità di presidente del Comitato verità e giustizia per Genova, vi scrivo per chiedere scusa.
Chiedo scusa a nome delle centinaia di manifestanti arrestati, feriti, umiliati e torturati nel mese di luglio del 2001 a Genova, nelle strade, nelle piazze, alla scuola Diaz, nelle caserme di Bolzaneto e Forte San Giuliano.
Noi allora non lo sapevamo che avremmo (dopo ben sei anni) causato l’allontanamento di De Gennaro dal vertice della Polizia italiana. Che quei giorni avrebbero macchiato la sua onorata carriera (anche se si tratta di una macchia davvero piccola, di quelle che il Ministro degli Interni, Amato, ha subito lavato nominandolo a capo del suo gabinetto). Che, per colpa nostra, De Gennaro sarebbe stato indagato per istigazione e induzione a falsa
testimonianza.
Giustamente nei giorni scorsi sui quotidiani La Repubblica e L’Unità avete ripetutamente sottolineato tutto l’orrore di questa faccenda incresciosa, ridando all’uomo ed al poliziotto tutta la sua onorabilità. E non siete stati i soli, numerosi parlamentari (di destra, di centro e di sinistra), a partire dall’on. Violante hanno fatto lo stesso. Perché De Gennaro è stato un capo della polizia “bipartisan” nominato dal centro-sinistra, confermato dal centro-destra, nuovamente confermato dal centro-sinistra, un uomo “quattro-stagioni” come la pizza.
E’ vero, alla Diaz, abbiamo fatto di tutto per farci massacrare, fingendo di dormire, alzando le mani di fronte ai manganelli e chiedendo pietà. Abbiamo anche costretto un poliziotto a fingere un accoltellamento, altri a dover portare nella scuola due bottiglie molotov, altri a firmare verbali falsi, ma che altro potevamo fare? Mettetevi nei nostri panni e, cercate di non sporcarvi, perché sono ancora pieni di sangue. E il sangue, come ogni casalinga che si rispetti sa bene, non si lava facilmente.
Meno male che nel frattempo altri solerti poliziotti hanno provveduto a distruggere le due molotov!
E a Bolzaneto? Abbiamo fatto di tutto per costringere poliziotti, carabinieri, guardie penitenziarie, medici ed infermieri a divertirsi con noi. Non sapendo come passare il tempo, abbiamo giocato a nascondino, rimanendo anche dieci ore in piedi con le braccia alzate contro il muro e le gambe divaricate. Ma i nostri torturatori sono stati buoni con noi e non si sono nascosti tanto bene. Così si sono fatti scoprire, da noi e dalla Magistratura. Che risate ci siamo fatti mentre spaccavano la mano ad uno di noi e la cucivano senza anestesia, ci spruzzavano gas irritanti, ci accompagnavano al bagno con la testa per terra tra insulti e botte, ci minacciavano di morte e di stupro. Ancora mi piangono gli occhi al ricordo.
Ma non è stata solo colpa nostra. Siamo poi stati ingannati da quei “terroristi” di Amnesty International che hanno dichiarato che a Genova c’è stata la più grande violazione dei diritti umani in un paese occidentale dal dopoguerra. E noi ci abbiamo creduto, voi no per fortuna.
Che ne sapevano noi, allora, che De Gennaro, Manganelli, Gratteri ed altri, avevano un solido trascorso nell’antimafia, addirittura a fianco di Falcone e Borsellino? Vi assicuro: non ce l’hanno detto, né alla Diaz, né a Bolzaneto, altrimenti non ci saremmo fatti massacrare e torturare con il rischio di rovinare la loro splendida ed onorata carriera. Meno male che il governo Prodi ha sistemato decorosamente De Gennaro e Manganelli. Oggi sull’Unità si parla di Gratteri come uno dei probabili vice e, giustamente, il giornalista ha tralasciato di scrivere che Francesco Gratteri è uno dei 29 imputati per il processo Diaz; ringrazio il giornalista per la dimenticanza, altrimenti avrei dovuto scusarmi anche con lui.
Chiedo scusa anche al dottor Manganelli, che non era a Genova nel 2001, anzi stando a quanto riportato dai vostri quotidiani era in ferie. Ebbene, sappiate che il 21 luglio, prima, durante e dopo l’irruzione alla Diaz, fu comunque in costante contatto con i dirigenti imputati, come lui stesso ha riconosciuto quando e' stato chiamato in tribunale come testimone nel processo Diaz, il giorno 2 maggio del 2007. Per alcuni davvero non ci sono mai vacanze.
Per fortuna, nonostante tutto il casino che abbiamo fatto, né De Gennaro, né il governo Berlusconi, né il governo Prodi si sono lasciati sviare dalle nostre testimonianze. Infatti gli imputati, più alti in grado, per i fatti della Diaz e di Bolzaneto sono stati tutti promossi. Questori, vice-questori, dirigenti:
Gilberto Caldarozzi, Francesco Gratteri, Giovanni Luperi, Spartaco Mortola, Filippo Ferri, Vincenzo Canterini, Alessandro Perugini.
A tutti loro, a De Gennaro, a Manganelli, ed a voi giornalisti di Repubblica e dell’Unità impegnati quotidianamente nel duro lavoro di informare correttamente gli italiani, ancora grazie!
Grazie a loro ed a voi abbiamo definitivamente capito cosa significano in Italia le parole: libertà, verità e giustizia.
(Enrica Bartesaghi, Presidente Comitato verità e giustizia per Genova)
Vai alla feature Le poltrone cambiano, l'ingiustizia resta