Ore 7.30. Si accende la radiosveglia. Come un classico canto del gallo, la radio dà il buongiorno ogni mattina a milioni di persone. E’ con questa immagine che inizia il video “La radio scandisce le ore della giornata”, che apre l’iniziativa “Facciamoci Radiare”, organizzata da Esprès-Esistenze precarie resistenza sociale e ospitata nei locali di Vag61, in via P. Fabbri 110.
Per molti la musica, i jingles e la voce degli speaker e dei giornalisti radiofonici sono compagni fedeli e costantemente presenti in gran parte della giornata. Eppure, offuscata dal clamore suscitato dall’avvento della televisione, si è guadagnata immeritatamente il secondo posto sul podio dei media e resta nella memoria di tutti come l’ “eterna seconda”.
Esprèss ha offerto con “Facciamoci Radiare” una serata dedicata alle radio libere, la loro nascita, la loro storia e i loro effetti sulla radio di oggi. La proiezione di due filmati è stata il trampolino per un intenso tuffo nel passato.
Per cominciare è stato proiettato il video “La radio scandisce le ore della giornata”. Curato da Esprès, sulla base dell’ultimo libro di Mauro Orrico, “Radio libere, ma libere veramente”, il breve filmato di appena 30 minuti è un vero e proprio viaggio nella storia delle radio libere: dall’origine delle prime radio pirata nei mari del Nord, al boom delle radio libere in Italia, iniziato nel 1975. Prima di questo momento, chiunque avesse acceso la propria radio avrebbe spaziato tra vasti vuoti all’interno dell’etere, intervallati solo dalla presenza dei segnali della radio di Stato, la Rai. Tra il 1975 e il 1976 i giovani di tutta Italia, occupavano abusivamente le frequenze FM per realizzare il sogno di abbattere le barriere della comunicazione, ma spesso subentrava l’incubo delle forze dell’ordine, perché in Europa la radio era monopolio dello Stato, e per trasmettere era necessario violare le leggi. Erano già 150 le radio presenti sul territorio nazionale quando la storica sentenza della Corte di Cassazione del 28 luglio 1976 approvava la legittimità della radiofonia privata in Italia, purchè le frequenze occupate non interferissero con quelle della Rai. Da questo momento scatterà il vero e proprio “Far West dell’etere”, un fenomeno regolato solo 15 anni dopo con la legge Mammì del 1990, che divideva le stazioni radio in nazionali, locali e comunitarie.
Il filmato continua con i racconti di alcune di radio libere italiane, dalla prima nata a solo scopo dimostrativo, Radio Bologna, che trasmetteva da una roulotte parcheggiata sui colli bolognesi, alle esperienze radiofoniche di chi credeva che veramente si sarebbe trattato di un mondo libero: al 1970 risale Radio Sicilia Libera, la prima a far sentire la propria voce contro le oppressioni della mafia. Fu chiusa dopo appena 27 ore dall’inizio delle trasmissioni con l’irruzione delle forze dell’ordine. Sul suo esempio nacque, sempre in Sicilia, Radio Aut. L’orientamento irrisorio nei confronti delle realtà mafiose e politiche locali che Peppino Impastato aveva dato alla sua radio gli costerà la vita.
Un importante tassello nella storia delle radio libere fu costituito in quelle che nel ’77 furono chiamate “radio di movimento”. Nate per sostenere la voce dei movimenti studenteschi e operai, ebbero vita tutt’altro che facile, ma ebbero il merito di dare voce a chi non ha voce. L’esempio più eclatante è fornito dalla breve ma intensa vicenda di Radio Alice di Bologna, la pioniera della diretta telefonica. Una radio completamente priva di palinsesti, il cui punto di forza era lasciare la porta aperta e il telefono sempre collegato al mixer, in modo da offrire proprio a tutti l’occasione di far sentire la propria voce, senza limiti di orario o di argomento. La sua avventura terminò con l’accusa di aver fomentato le sommosse bolognesi all’indomani dell’assassinio di Francesco Lo Russo.
A distanza di decine di anni si ripetono le stesse scene: un destino simile a quello di Radio Alice è toccato alla più recente Radio Gap di Genova, portavoce dei fatti del G8 del 2001. Il filmato di Esprès offre un’accurata ricostruzione degli ultimi attimi di vita della radio, e mentre scorrono sul video le immagini degli scontri di piazza, parte la registrazione della diretta dell’ultimo giorno di Radio Gap. Anche in questo caso la polizia sfonda le porte e sequestra le attrezzature. Mani alzate e sgombero in diretta.
Ma non è con la forza che si fermano i sogni e la voglia di farsi sentire. A smorzare l’entusiasmo per il fenomeno radiofonico, come racconta Orrico nel suo libro, furono piuttosto l’inizio degli anni ’80 e il potere, anche nella radio, del capitalismo. Sono gli anni che vedono l’emergere di poche emittenti che allargano il proprio dominio su scala nazionale. Sono i network, con le solite venti canzoni da hit parade e tanta, tanta pubblicità. Oggi esistono decine di radio libere, sparse per tutta Italia, che non hanno i mezzi per ingrandirsi e resistono grazie alla sola voglia di comunicare. L’ultima frontiera consiste nell’approdo della radio nella Rete. Grazie alle cosiddette webradio, il sogno della comunicazione senza confini può finalmente essere tastato con mano.
Il video del gruppo Esprès racconta insieme a Mauro Orrico questo fenomeno mediatico che si evolve ininterrottamente da più di trent’anni. Una simpatica cornice ci è regalata da scene girate dagli stessi componenti di Esprès, che la radio l’ascoltano ovunque, in cucina, in bagno, in auto, e la vivono da protagonisti su Radio Ciità Fujiko con il programma del lunedì pomeriggio "Radioboom" e le incursioni nel sabato mattina di “Vagamondo”.
A seguire, la proiezione del documentario “I Cento Fiori. L’Italia delle radio libere”, di Amedeo Ricucci e Stefano Dark, andato in onda su RaiTre e Rai Educational il 28 dicembre 2005. E’ stato definito il più completo documentario televisivo sull’argomento radio realizzato in Italia.
Ambientato in un suggestivo studio radiofonico poco illuminato, tutto il filmato è incentrato sugli interventi di grandi voci, tra cui Renzo Arbore, Marco Baldini, Gigi d’Ambrosio, Federico l’Olandese Volante, che raccontano le emozioni degli esordi dietro a un microfono a giraffa come in un vero programma radio. Le interviste partono da una domanda precisa: perché tanta voglia di cambiamento? Cosa non andava nelle trasmissioni Rai? Erano gli anni del rock, del distacco dai sogni del ’68 e del passaggio ai tristi anni di piombo. La Rai era una voce monofonica, conservatrice e filogovernativa. Tutto ciò che poteva sembrare fuori dagli schemi non veniva mandato in onda. Perfino “La
Guerra di Piero” di De Andrè fu bocciata dall’organo di censura. Senza le radio libere molti cantanti che hanno fatto la storia della musica probabilmente non sarebbero mai stati conosciuti. L’unica isola felice portava il nome di “Bandiera Gialla”, condotta da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, trasmissione dai toni goliardici, il cui nome ammoniva proprio di ascoltarla con cautela. E allora per sentire qualcosa di diverso si dovevano raggiungere le onde di trasmissione di Radio Caroline o Radio Veronica o Radio Luxemburg. Su questi modelli nacquero le prime radio libere italiane di metà anni Settanta. Su queste e, ovviamente, sul sogno americano. Marco Baldini racconta come perfino le più piccole radio di provincia avvertissero il fascino dell’America e cercavano di emularne lo stile, la musica, la lingua, l’accento! Ricordata da tutti gli intervistati, è stata un’icona della radiofonia italiana, Leonardo Re Cecconi, in arte Leopardo,che a differenza di molti speaker, invece di adattarsi ai ritmi della radio, ha saputo creare un ritmo per la sua radio.
Il documentario tocca diversi aspetti che hanno caratterizzato l’evoluzione delle radio libere, la politica, l’intrattenimento, la programmazione musicale. La diretta telefonica è senza dubbio uno degli elementi chiave del successo della radio, capace di far intervenire anche chi non è in studio.
Piero Scaramucci, fondatore del progetto di Radio Popolare, formata da forze politiche e sindacali di sinistra, ricorda l’esperimento della diretta telefonica: “Uno strumento da prendere con le pinze, il rischio è quello di mandare in diretta tutto ciò che viene in mente a chi parla, anche le cose più scabrose”. In realtà, la maggior parte delle radio libere non nasce come portavoce di movimenti politici, ma come radio di intrattenimento, di svago. Con giochi, musica, dediche, diventano una sorta di telefono amico, e ciò ha determinato il loro successo. Una serata all'insegna di emozioni che la televisione non è capace di regalare, perchè la radio, con le sue misteriose voci, è l’unico mezzo di comunicazione capace di raccontare i sogni della gente.