A Roma sabato scorso, nell’assemblea di “Sinistra democratica per il Socialismo europeo”, come hanno riportato quasi tutti i giornali, si respirava un’atmosfera di entusiasmo e di novità, non solo per la partecipazione poderosa di tante compagne e compagni, un clima come di liberazione da un peso, un ritrovarsi, la curiosità ( ed anche la preoccupazione) per un futuro politico tutto da costruire; il pensiero agli amici e compagni di Partito con cui si condividono tanti impegni comuni, l’ansia di saper e poter coniugare percorsi ormai diversi e spirito unitario, il senso di un’identità recuperata e l’insufficienza di elementi per delineare un progetto ancora ai primi passi.
Penso che nella testa di tanti ci fosse il bisogno, troppo a lungo mortificato, di ricominciare a far politica da protagonisti, ripartendo dalle proprie convinzioni, per aprire immediatamente l’orizzonte e l’attenzione ai fatti, ai problemi, consapevoli delle angosce per la vita quotidiana di milioni di persone in difficoltà.
Il 5 maggio si è compiuto un atto importante per tutta la sinistra, spontaneo ma non avventuristico come qualcuno vorrebbe far intendere; in quella sala c’erano miglia di persone, di militanti, dirigenti, responsabili e consapevoli della posta in gioco, che non è la nascita dell’ennesimo partitino, di cui davvero non si sente la necessità, nel nostro logoro sistema politico.
E’ stato molto lucido un passaggio dell’intervento di Fulvia Bandoli: “non abbiamo la presunzione di essere “ al centro” del processo di riunificazione della sinistra per cui c’impegniamo, per rappresentarne il vertice, possiamo però essere il lievito, l’enzima, di questo processo”.
Spero che da subito sapremo incanalare tutte le energie, e le altre che si aggiungeranno soprattutto di giovani, per ridare prospettive ad una sinistra unitaria, forte e combattiva di cui l’Italia ha più che mai bisogno.