Storie di vita migrante

I confini dell'umano

E’ on line da qualche giorno, all'indirizzo www.andirivieni.net/confini.html, un un progetto delle associazioni del Centro Interetnico Zonarelli che, attraverso storie di vita dei migranti intende raccontare gli anni della Legge Bossi Fini e le sue vittime. Il progetto è una forma originale di protesta e vuole essere anche un pensiero per tutte le persone che hanno vissuto e vivono questa legge sulla loro pelle, per tutte le persone che subiscono nel silenzio e nell'anonimato la schiavitù. Quanti sono? Chi lo sa?
30 aprile 2007

I confini dell'umano I “confini dell’umano” è un progetto delle associazioni del Centro Interetnico Zonarelli (via Vezza/Via Sacco, Bologna) per raccontare gli anni della bossi-fini attraverso storie di vita delle sue "vittime".
Si tratta di un progetto di denuncia che ha lo scopo di inserire nel dibattito sulla nuova legge il punto di vista e il vissuto dei migranti. Ma i “confini dell’umano” è anche un progetto di memoria, perché, comunque vada, non vengano inghiottite nel nulla le sofferenze di questi anni.
L'apertura del sito è dedicata a Abdeljalil Bani, pizzaiolo clandestino morto per una grave malattia congenita, il cui corpo, gettato nella spazzatura a Casalecchio, fu trovato il 1 maggio 2006.
Il peccato originale di Abdeljalil era la sua condizione di clandestino, di sans papier, di fantasma produttivo, accettato finché lavora silenziosamente, garantisce profitti al padrone e prezzi bassi al consumatore, ma allontanato senza pietà nel momento in cui ha bisogno, come un attrezzo rotto.
Forse è stato ucciso dalla grave malattia che si portava dentro come un destino, ma non è stato il destino a volere che morisse nell'abbandono, che nessuno gli rivolgesse uno sguardo partecipe, gli tendesse una mano, si preoccupasse almeno di seppellirne il corpo. Come è possibile vivere e lavorare per tre anni nel centro di Bologna senza poter avere fiducia in nessuno? Senza riuscire a chiedere aiuto a nessuno nel momento in cui stai male? Eppure i servizi sanitari ci sono, ci si chiede increduli, eppure anche per i fantasmi esistono dei presidi medici (anche se poi una patologia cronica difficilmente sarebbe stata presa in carico). Possibile che non lo sapesse, che nessuno gli avesse detto? Quale immensa paura di essere scoperto e rimpatriato gli ha fatto stringere i denti e andare avanti comunque? Quanta disumana indifferenza negli occhi del padrone, dei pochi parenti, dei compagni di vita e di lavoro.. Perché esisti se non sei abile al lavoro, se non produci profitti per il padrone, se non dai sostegno alla famiglia, che diritto hai di stare al mondo, che diritto ha di stare in questa parte del mondo? Non ne hai diritto: meglio che te ne vada, possibilmente senza disturbare.
Come Abdeljalil, tante persone hanno vissuto e vivono al di fuori dei confini dell'umano costretti da una legge ampiamente al di sotto dei confini dell'umano.
Il punto è far vedere chi è veramente il famigerato clandestino: un poveraccio che lavora tutta la notte in pizzeria per un pezzo di pane e un letto nel retrobottega e non ha neanche il coraggio di andare dal medico quando sta male, un ragazzo che si fa sfruttare in cantiere in nero per mandare due soldi alla sua famiglia nel deserto, un trentenne appena sposato che piuttosto che tornare dalla moglie con in mano solo i debiti e il foglio di via si butta sotto a un treno.
Ciascuno di noi ha conosciuto casi simili di tutte le nazionalità. Insomma, presentare la disumanità della legge non con parole e slogan teorici, ma con la faccia e le storie umane di persone in carne e ossa.
Questo progetto vuole raccogliere queste storie dalla voce dei protagonisti o di persone a loro vicine per consegnarle alla memoria collettiva.