Cinema - recensioni

Salvador, 26 anni contro

E' arrivato anche nelle sale bolognesi (attualmente è in programmazione al cinema Odeon) il film di Manuel Huerga sulla storia di Salvador Puig Antich, attivista del Movimento Iberico de Liberacion, condannato a morte e poi ucciso il 2 marzo 1974 attraverso la garrota, in quanto prigioniero politico del regime franchista spagnolo.
30 aprile 2007 - Davide Turrini

Salvador 26 anni contro Ciò che più fa impressione di fronte alle due ore di pura fiction del regista Manuel Huerga, è la violenta e atemporale arretratezza nella costruzione del gesto assassino con cui la Spagna franchista condanna a morte, per l’ultima volta nella sua infausta storia, un prigioniero politico. Il canuto boia che, convocato dalle autorità di polizia, si ingegna con sega e martello per costruire una garrota di fortuna nello sgabuzzino del carcere dove il ventiseienne Salvador Puig Antich verrà ucciso, è la sequenza più ispirata e penetrante di Salvador. E lì che si lacera l’anima, che si cancella ogni riserva morale nei confronti del capro espiatorio Puig, stritolato barbaramente il 2 marzo 1974, dopo sei mesi di carcere e un inutile processo farsa (l’uccisione del poliziotto durante la sua cattura, ancora oggi non è stata del tutto verificata) con tanto di pomposo tribunale militare dalle sciabole tintinnanti. Giorni in cui i calcinacci del moribondo regime del generalissimo Franco dovevano essere coperti dall’operato zelante della polizia antiterroristica e dall’omertoso silenzio della democratica Europa liberata. Contraddizioni storiche che si accavallano con la vita breve di Salvador Puig, attivista del MIL (Movimiento Iberico de Liberacion) e figlio di un amnistiato prigioniero politico del primo decennio franchista. Certo il MIL ebbe vita controversa e fu emarginato soprattutto tre le forze ufficiali clandestine di estrema sinistra antifranchiste. Ciò non toglie che il passaggio dalla teoria alla pratica (si legga: rapine a mano armata come esproprio proletario) fu l’elemento che sconvolse le dinamiche all’interno del movimento stesso e provocò il solito impaurito giudizio dell’opinione pubblica. Puig si ritrovò così a fungere da capro espiatorio del colpo di coda franchista, come del resto inutile vittima sacrificata sull’altare della lotta non violenta alla dittatura. Nucleo concettuale ambiguo che purtroppo Huerga non riesce appieno a riformulare in tutta la sua contraddittorietà storica e politica, rifugiandosi spesso nella spettacolarizzazione della figura dell’eroe e confondendo la pubblicazione cinematografica del martirologio con la documentazione storica. Salvador è così pellicola biopic-giudiziaria-carceraria che tende a perdersi nel vibrato tesissimo del privato familiare, in involontarie illustrazioni da western metropolitano (pensiamo a Bob Dylan di Knockin on heaven’s door che accompagna la dissoluzione del MIL tra i boschi pirenaici) e in superficiali tentativi di illustrazione storica (perché l’attentato dell’ETA al primo ministro Carrero Blanco peggiorò la situazione di Puig?). Fazzoletti comunque spianati e un plauso al cast femminile, che in mezzo a tanto odore di morte, brilla di luce propria.