Zero in condotta - speciale precarietà

Le liste di riserva di Bologna Fiere

Intervista a un addetto al servizio informazioni, assunto con contratti legati ai periodi delle singole fiere. "Invece che attaccare i diritti consolidati dei propri dipendenti, cercano di ridurne il numero e di sostituirci progressivamente con lavoratori di quelle che tu chiami “aziende satelliti”, che hanno condizioni di lavoro peggiori e quindi costano meno all’azienda".
26 aprile 2007

Da quanto tempo lavori in Fiera?

“Da 3-4 anni, ho iniziato facendo solo 2-3 Fiere ogni anno, poi hanno iniziato a chiamarmi più spesso”.
Che mansioni svolgi e con che orari?

“Faccio sia servizio informazioni, per cui è richiesta la conoscenza di due lingue, sia lavori generici denominati "viabilità e controllo", che consistono ad esempio nel controllo dei biglietti agli ingressi o nell'apertura e chiusura dei padiglioni. Facciamo turni da 6 ore, più eventuale straordinario facoltativo pagato il 30% in più”.
Che tipo di contratto hai?

“Mi aprono e chiudono di volta in volta il contratto, generalmente per una o due fiere. Sono pagato attorno ai 10 euro netti l'ora. Però ho anche tredicesima, quattordicesima, quindicesima e contributi, più la possibilità di stare in indisposizione senza perdere la retribuzione, con la necessità di portare il certificato medico solo se manco per più di 3 giorni”.
Sembrerebbe un contratto onesto…

“Sì, in tutta franchezza credo che sia il miglior contratto con cui ho mai lavorato. E ne ho provati tanti… una sorta di cassa di resistenza in un mondo del lavoro sempre più precarizzato. Un’eccezione dovuta anche, stando a quello che mi raccontano, alle lotte sindacali di inizio anni ’80”.
E per l'assunzione a tempo indeterminato?

“E' un percorso piuttosto lungo ma tutto sommato trasparente: si entra nelle liste di riserva e da lì si sale per anzianità di servizio fino a ricevere la proposta di assunzione a tempo indeterminato quando ci sono posti vacanti. Semmai il problema oggi è entrare nelle liste di riserva…”
In che senso?

“Nel senso che nelle fiere più grandi vediamo lavorare ragazzi che non sono in nessuna lista. Esiste una sorta di lista di riserva “informale”, che la Fiera non ha ancora mai reso pubblica, da cui si chiamano ragazzi quando c’è bisogno. Ovviamente credo che si debba chiedere con forza all’azienda di rendere pubbliche queste liste, in modo da garantire ad ogni livello la trasparenza e di dare un minimo di garanzie anche a chi lavora da poco in Fiera”.
Cosa sai dei dipendenti assunti da aziende esterne a BolognaFiere (BFServizi, Operosa, Security…) che lavorano con voi durante le fiere?

“Molto poco, perché la Fiera tende a funzionare per compartimenti stagni e io alla fine conosco solo i colleghi assunti da BolognaFiere. Ma a livello di chiacchiere so che sono pagati molto meno di noi e sicuramente fanno turni molto più lunghi…”
C’è una reale differenza di mansioni tra voi e i ragazzi assunti dalle “aziende satelliti” di BolognaFiere?

“In alcuni casi sì, anche se questo non giustifica comunque discriminazioni evidenti in termini di diritti, salario e orario di lavoro. Ma soprattutto negli ultimi anni vedo che la Fiera sta cercando di affidare sempre più funzioni ai ragazzi assunti da altre aziende. In pratica vedo gente dell’Operosa e di BFServizi fare lavori che abbiamo sempre fatto noi. Niente di personale, ma mi dispiace che siano pagati la metà di noi per fare lo stesso lavoro…”
Non è una novità, del resto. Anni fa anche il turno di notte nel pre-fiera era affidato a dipendenti Fiera, ora lo gestiscono i ragazzi della Security…

“Me lo hanno raccontato. Diciamo che si vede chiaramente la strategia dell’azienda: invece che attaccare i diritti consolidati dei propri dipendenti, cercano di ridurne il numero e di sostituirci progressivamente con lavoratori di quelle che tu chiami “aziende satelliti”, che hanno condizioni di lavoro peggiori e quindi costano meno all’azienda. In questo modo la Fiera riesce a ridurre il costo del lavoro senza arrivare ad uno scontro frontale con i propri dipendenti”.
Un meccanismo classico di esternalizzazione…

“Già, niente di troppo strano. Il che non significa che non sia scandaloso e che non valga la pena di opporsi…”