In un comunicato, il Coordinamento Migranti di Bologna denuncia la situazione precaria, dal punto di vista della sicurezza e dell'ambiente, delle Fonderie Atti: "Più di due anni fa un operaio migrante, assunto come interinale, si rifiutò di lavorare ad una macchina priva della protezione prevista. Al suo rifiuto seguì l’intervento dei carabinieri chiamati dalla direzione aziendale e il licenziamento, senza che nessuna voce intervenisse in sua difesa. Non si trattava di una "eccezione", - prosegue la nota - ma della "normalità" dei rapporti di lavoro nelle fabbriche dovuta all’intreccio perverso tra legge Bossi-Fini e legge Trenta. Al presidio organizzato dal Coordinamento Migranti davanti alle Fonderie Atti seguì lo sciopero deciso in autonomia da lavoratrici e lavoratori, migranti e italiani. Tutto questo non bastò: oltre all’arroganza dell’azienda e dell’agenzia interinale, la città, i sindacati e i servizi pubblici rimasero in silenzio di fronte alla denuncia del Coordinamento migranti. Sono stati necessari più di due anni per una nuova denuncia, due anni di
aria irrespirabile, di cappe senza motori né tubi di aspirazione, di mancate
protezioni, e di rapporti all'interno della fabbrica che è facile immaginare. Tutto questo ci ha messo due anni per arrivare alle pagine dei giornali. Speriamo che nessuno pensi che questo basti e che sia finita qui. Comunque, come si dice, meglio tardi che mai! Speriamo che ora nessuno dica che questi problemi si risolveranno con la reintroduzione degli sponsor o di nuovi e più flessibili decreti flussi. Non si può tacere il fatto che l’insicurezza colpisce in percentuale maggiore i lavoratori e le lavoratrici migranti proprio a causa delle leggi che “regolano” l’immigrazione.
Sappiamo del resto che sono problemi che coinvolgono tutti i lavoratori, ma certo slegare definitivamente il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro è per noi la base minima sulla quale continuare la lotta contro lo sfruttamento del lavoro migrante e l’insicurezza nei luoghi di lavoro.