Il Comune di Bologna ha dato il via al tanto sbandierato piano
anti-graffiti. Ovvero oltre 200.000 euro spesi, in tempo di crisi, per
cancellare un po' di colore dai muri e allo stesso tempo svelare un
fiume di contraddizioni e debolezze.
Un tema che fa da biglietto da visita della nuova Giunta e su cui vale
la pena soffermarsi. Invitiamo tutte e tutti, writers o meno, a
portare un contributo di discussione e/o una bomboletta
> Sabato 24 ottobre'09 a Vag61
Nel corso della giornata pareti a disposizione di chi vorrà replicare
coi colori al giro di vite del comune, mostre fotografiche sulla
Bologna raccontata dai muri, musica e grigliata
"Poi coi secchi di vernice coloriamo tutti i muri, case, vicoli e
palazzi...". Stia tranquillo il signor questore. E stia tranquillo
anche il signor sindaco. Non è un proclama eversivo, sono solo i versi
di una canzone. L'ha scritta tale Cocciante Riccardo, che avrà pure i
capelli un po' lunghi ma dicono sia uno tranquillo. E però, se venisse
a Bologna, qualche problema lo incontrerebbe. "Cocciante Riccardo lei
a Bologna non può entrare, e se entra non può cantare, e se canta non
può fare quella che incita a sporcare i muri". Se per uno studente
sorpreso a fare una scritta scatta il foglio di via per tre anni, si
può immaginare che la pena per chi invoca muri colorati sia esemplare.
Bologna, elezioni, ballottaggio, l'ex margheritino Flavio Delbono è il
nuovo sindaco. La stampa riporta immediatamente che Romano Prodi gli
ha telefonato per raccomandarsi che il primo atto di Palazzo
D'Accursio dovrà essere quello di eliminare i graffiti dai muri della
città. Il "grande tema", quello che in campagna elettorale aveva
accomunato i principali candidati, da Delbono a Guazzaloca a Cazzola.
Quello che qualche anno prima aveva puntellato la campagna securitaria
di Sergio Cofferati e del nascente Pd, tra uno sgombero sul Lungoreno
e una caccia ai lavavetri.
Bologna viene da cinque anni di difficoltà palesi, neanche lo stesso
Pd può nascondere che il Cinese col paracadute ha lasciato solo
macerie e tensioni sociali. C'è la crisi economica più grave dal '29,
o peggio anche di quella, e forse per la prima volta Bologna si trova
a fare i conti sul serio con i suoi effetti. Le fabbriche chiudono di
giorno in giorno, il livello di precarietà lavorativa ed esistenziale
cresce a dismisura. E stavolta "il tessuto bolognese" non basta a
reggere il colpo. Il crollo dell'export affonda quel settore
manufatturiero e specializzato che in altre occasioni aveva tenuto a
galla il resto. E non c'è più uno stato nè un tessuto sociale in grado
di attutire la fine improvvisa del reddito per migliaia di famiglie. I
sindacati sono nervosi perchè non sanno, letteralmente, cosa fare. A
breve gli ammortizzatori sociali si esauriranno e l'esasperazione di
famiglie e lavoratori cresce. Eppure, il problema di Bologna sono i
graffiti. Significativamente nella prima riunione della nuova Giunta
si rinvia alla seduta successiva la discussione sulle misure
anti-crisi, e si parla di graffiti. Per settimane in città si parla
solo di questo, scatta la gara assurda di istituzioni e imprese che da
un lato licenziano e dall'altro fanno pubblica offerta di contributi
economici per finanziare la campagna contro i writers del Comune.
Centinaia di migliaia di euro spesi come se non si sapesse che un muro
ripulito resterà tale per poco... A meno che, è chiaro, non si
realizzi il sogno espresso da Delbono: chi scrive sui muri dovrà
sentirsi talmente "in colpa" da non rifarlo. Una bella gogna sul
Crescentone e il problema è risolto.
Il gioco è talmente vorticoso che il vicesindaco Claudio Merighi (che
da ex vigile da anni ha un solo cruccio: dare i manganelli alla
Municipale) non vuole sentirsi da meno e si butta nella mischia con
una proposta di quelle che lasciano il segno. Suggerisce di assegnare
crediti formativi agli studenti che ridipingono i muri. Qualche volpe
del Pdl gli fa notare che si rischierebbe di incentivare i ragazzi a
scrivere sui muri di notte per poi ripulirli la mattina e incassare
crediti... Merighi evidentemente capisce di essersi spinto fuori dalle
proprie competenze, e torna ad occuparsi di manganelli.
Intanto la Questura capisce il messaggio e comincia a dare il suo
contributo alla battaglia: inseguimenti notturni e denunce su denunce
per mostrare che la Polizia la sua parte la fa. Ma non basta, ad
esempio per la Lega, che propone di costringere chi colora i muri a
ripulirli. Il sempre geniale Libero Mancuso, ex magistrato ed ex
assessore alla Sicurezza di Cofferati, ripescato in extremis per una
poltrona in consiglio, sbatte i piedi e frigna: "Non vale, l'avevamo
letto prima noi". Gareggiare con i leghisti sul terreno della
sicurezza è uno sport estremo a cui il centrosinistra ha affidato
tutto, e la gara è tale anche tra alleati: Mancuso non è neanche
targato Pd ma Sinistra Democratica. Di sinistra e democratici quanto
la Lega, appunto.
Però... però siamo a Bologna. La creativa, l'innovativa, l'aperta. Non
si possono cancellare tutti i disegni così, tout court. Le opere
d'arte verranno salvate, annuncia il sindaco. A decidere cos'è
un'opera d'arte oppure no sarà il direttore del museo d'arte moderna
di Bologna, Gianfranco Maraniello. Che spiega: "Occorre saper
distinguere la degenerazione del fenomeno dagli aspetti interessanti".
Interessanti per Maraniello, s'intende. Partecipano anche i giornali,
ognuno con la sua bella inchiesta fotografica: questo sì, questo no...
Tutti giudici, dall'alto, di un fenomeno che per definizione nasce in
basso e (rare eccezioni a parte) lì resta e vuole restare, altrimenti
si esaurisce.
Ciò che davvero dà il senso della vicenda, però, è la minaccia di
foglio di via ad uno studente sorpreso a tracciare scritte di
solidarietà per quattro ragazzi come lui arrestati nell'ambito
dell'offensiva contro l'Onda. Quel foglio di via ha il merito di
spazzar via le chiacchiere e mettere a nudo il messaggio. Il non
residente, il giovane, lo studente va materialmente allontanato perchè
si è macchiato della colpa più grave che a Bologna si possa commettere
di questi tempi, scrivere su un muro. Per i giornali è "il writer",
non uno studente incazzato perchè quattro dei suoi amici sono in
carcere. "Il writer" va cacciato, espulso, rimosso. "Il writer" va
rimosso perchè, sui muri, lascia traccia di qualcosa che non va.
Dal giorno successivo alle elezioni, infatti, sui quotidiani si sta
consumando un dibattito stucchevole su "Bologna e il suo ruolo", "il
laboratorio Bologna", "Bologna com'era e come sarà", "Bologna
capitale", "Bologna dell'accoglienza", Bologna che ne sa sempre più di
tutti. Con una rimozione collettiva della sciagura Cofferati e due
occhi ben chiusi sulla crisi della sinistra anche a "Bologna la
rossa". Un profluvio di illustri dichiarazioni e commenti su come
ritrovare quella Bologna di un tempo, grassa, ricca, colta. E
soprattutto senza contraddizioni. Come se fosse mai esistita. Come se
potessero esistere "le osterie di una volta" senza gli avventori
rumorosi di oggi. Come se si potesse essere "di sinistra", perchè sì,
ma promuovendo politiche di destra. Come se si potessero sfruttare
economicamente e mediaticamente i segni lasciati da writers ormai
famosi, senza che prima centinaia di bombolette siano state consumate
lungo i muri della città per narrare un proprio mondo, che non è lo
stesso di Maraniello...
Il punto è questo. Amministratori ed esimi editorialisti invocano una
Bologna europea, capace di innovare, garantire, sperimentare,
crescere, stare al passo coi tempi o magari un po' più in là. Ma senza
le contraddizioni portate dai non residenti, i residenti ma stranieri
e migranti, i centri sociali, le osterie, gli studenti, i disegni sui
muri. Ma può davvero esistere una città che innova e si rinnova senza
passare da tali contraddizioni? E' questa tensione collettiva che
produce arte, crescita, cultura, nuovo, diverso, accogliente. Sognare
"quella Bologna" e allo stesso tempo rimuovere gli attrezzi
dall'officina, chiudendo la città in se stessa, è un progetto fallito
in partenza.
Vag61