Il viaggio della ska band bolognese nella Palestina occupata

Music in Beit Jiprin, video e immagini di ritorno dalla Palestina [audio]

Una realtà dura e quotidianamente infetta dall'occupazione, ma anche una terra di speranza e di lotta: questa la Palestina che lo sguardo della Lou del Bello's Ska band ci ha restituito, durante l'iniziativa organizzata a Vag61, grazie anche agli interventi di Tawfiq Haddad, giornalista palestinese, e di Elian Weizman, studiosa e attivista di origini israeliane impegnata nella denuncia delle inquietanti condizioni di vita del popolo palestinese.
25 settembre 2009

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La nota ska band bolognese dei Lou del Bello's ha partecipato al progetto "Music in Beit Jibrin", in un summer camp organizzato per i bambini di un campo profughi vicino Betlemme, realizzando dei workshop musicali su canto, danza e percussioni che si sono conclusi con un saggio finale. Una piccola impresa, tenendo conto che, come ha spiegato Emilio, per questi bambini che non hanno nulla perfino suonare uno strumento musicale diventa una forma di resistenza, e usare una telecamera un'esperienza straordinaria.
Nel primo dei filmati che hanno realizzato, e che si spera siano il nucleo di un futuro documentario, hanno raccontato l'esperienza nel campo e come il progetto sia stato uno spiraglio di luce in una realtà continuamente frustrata dalla privazione dei più elementari diritti umani, perfino della libertà di movimento. Su questo aspetto in particolare si è concentrato Tawfiq Haddad ,nel suo lungo e denso intervento, sottolineando tre aspetti principali dell'oppressione israeliana: quello dell'occupazione vera e propria, per cui ad un abitante della West Bank (la zona che dovrebbe essere sotto il controllo palestinese) è proibito fare qualunque cosa senza un permesso israeliano, o spostarsi senza passare un check point, con il rischio di essere incarcerati senza motivo o con false accuse, come testimonia la storia di un abitante di Hebron, che ha prima visto incendiare la propria casa e poi incarcerare suo fratello con l'accusa di aver appiccato l'incendio. Proprio alla città di Hebron è dedicato il secondo video che evidenza un'altro aspetto dell'occupazione, mostrando le modalità di colonizzazione della città da parte degli Israeliani: dopo aver preso possesso dei piani superiori di alcuni edifici questi vengono collegati tra loro, realizzando quasi una seconda città che non comunica con la prima, se non tramite aggressioni e lanci di rifiuti e sassi sulla gente, al punto che gli abitanti dei piani inferiori sono stati costretti a mettere delle reti tra i palazzi. Poco per volta ma in maniera progressiva la parte di territorio effettivamente in mano ai palestinesi si riduce, riempita da colonie israeliane che possono essere create dal nulla o sovrapposte a città preesistenti. Infine come terzo elemento, il lato forse peggiore, quello dell'apartheid, della segregazione razziale che attribuisce ai palestinesi lo status di "cittadini" ma non di "Nationals", privandoli in questo modo del pieno riconoscimento dei diritti civili, ma anche sottoponendoli a sistemi giuridici separati oltre ad una separazione che comprende anche i sistemi elettrici e idrici.
Infine l'intervento della studiosa Elian Weizman, si è concentrato sulla diffusa rimozione e sul contemporaneo processo di revisionismo storico che quotidianamente viene portato avanti in Israele, al punto che , ad esempio, molti israeliani sono convinti che le rovine dei villaggi palestinesi siano di epoca romana o bizantina. Contro questo tentativo di cambiare la storia e offuscare il presente la giovane attivista ha sottolineando l'importanza di utilizzare tutti i canali mediatici e non per denunciare la realtà dell'occupazione e di sostenere le campagne di boicottaggio contro le politiche del governo israeliano.