Stati di panico e fobie collettive

"Con le mani sbucci le cipolle"... e prendi l'influenza A

Sulle pagine di un quotidiano bolognese, alcuni giorni fa, si poteva leggere: “La paura per l´influenza A scatena la psicosi sotto le Due Torri: esaurite nelle farmacie le scorte di amuchina-gel, il prodotto più pratico e veloce per lavarsi le mani, e quasi agli sgoccioli sono anche i farmaci antivirali e le mascherine”. Nel 1932, il saluto romano venne adottato come sostituto della stretta di mano borghese, il saluto veniva considerato "più igienico più estetico e più breve". Chissà che qualcuno non lo riproponga come prevenzione all'influenza aviaria.
14 settembre 2009 - Carlo Loiodice

influenza a «Nel 1841 (30 anni prima della teoria germinativa delle malattie) un giovane dottore Ignaz Semmelweis fu impiegato per gestire un padiglione per la maternità in un ospedale di Vienna. Notò che in una corsia gestita da dottori la morte delle gestanti accadeva per il 18% a causa di sepsi puerperale (causata da uno streptococco) , mentre in un’altra gestita da ostetriche il numero di morti erano molto più basse. Quando suggerì che la causa delle morti poteva essere fatta risalire ai dottori stessi fu licenziato. Successivamente ripreso, vide un amico morire di sepsi puerperale dopo aver fatto un autopsia a un paziente morto di sepsi puerperale. Concluse che doveva essere stato un agente invisibile a causare entrambe le morti e che l’agente poteva trasferirsi dalla stanza delle autopsie alla stanza delle nascite e infettare così le madri partorienti. Sulla base di questa assunzione istituì misure sanitarie compresa quella di far lavare le mani con disinfettanti ai dottori e di fargli cambiare il camice sporco di pus e sangue quando si spostavano dalla stanza delle autopsie a quella del parto. Sotto la sua vigilanza le morti delle gestanti scesero dei 2/3. Comunque le proteste dei dottori furono così forti che venne nuovamente licenziato e lasciò Vienna. Lavorò in altri ospedali dove istituì gli stessi standard di pulizia che risultarono in uno stesso declino delle morti e in una rivolta dei suoi colleghi. Semmelweis finì i suoi giorni morendo in un insano ospedale a causa di sepsi puerperale (vendetta dei batteri?)»
(Tratto da: http://www.pacifici-net.it/biologia/Microbiologia/Storia%20della%20microbiologia.htm)

Chi ha detto che la storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa? È una frase fatta, adesso; ma quando Marx la fece, più o meno così, non voleva tanto affermare una precisa filosofia della storia, quanto dare del matto a Luigi Bonaparte, che credeva... di essere Napoleone...
La farsa odierna, quella che duplica la tragedia del dottor Semmelweis, consiste nel battage, iniziato in questi giorni, per convincere le persone che, lavandosi le mani con acqua e sapone più volte al giorno, combatteranno validamente l'influenza. Che una corretta igiene diminuisca il rischio di infezioni e contagi è, al giorno d'oggi, un dato acquisito dalle persone. E sono sicuro che i ricercatori e gli operatori sanitari provvisti di spirito d'osservazione come il dottor Semmelweis, oggi punterebbero la loro attenzione su fattori meno ovvi, dando certe cose per scontate. Non dico che oggi proprio tutti si lavino correttamente le mani quando è il caso. Cinque minuti di sosta davanti alle toilettes sull'autostrada ci danno una prima nozione del dato: non tutti coloro che escono dal WC perdono ulteriore tempo dinanzi al lavabo. E siccome non abbiamo una cultura patologica del sospetto, potrebbe benissimo darsi che le loro mani non siano venute a contatto con materia infetta. Ma gli avvertimenti della comunicazione istituzionale e della pubblicità progressiva è proprio su quella gente che non hanno effetto. Gli incoscienti la coscienza non ce l'hanno; come modificarla dunque? Prendiamo ora un esempio in senso contrario. Ancora mezzo secolo fa erano molte le case in Italia senza servizi igienici all'interno; nella tinozza con la stessa acqua ci si lavava in più d'uno e lo sciampo lo si faceva dal barbiere quando ci si voleva mettere in tiro. Nelle case di oggi la funzione della sala da bagno, con tutti gli accessori di moda, non è più quella dell'angolo vergognoso e ritirato (in latino cessus=ritirata). Anzi, è talmente aumentato il tempo che gli individui vi trascorrono, che oggi una famiglia media non acquista una casa se non ci sono due bagni. Farsi una doccia è considerato attualmente come cosa piacevolissima e rinfrancante oltre che igienica. Davvero dunque si pensa di spendere bene dei soldi destinandoli a una campagna per lavarsi le mani per prevenire l'influenza suina?
Facciamo pure un peccato pensando male!
Sfogliando il mio abituale quotidiano alle pagine locali, leggo:
«La paura per l´influenza A scatena la psicosi sotto le Due Torri: esaurite nelle farmacie le scorte di amuchina-gel, il prodotto più pratico e veloce per lavarsi le mani, e quasi agli sgoccioli anche i farmaci antivirali e le mascherine. «Psicosi assurda e dannosa», dice il presidente dell´Ordine dei Farmacisti Franco Cantagalli, che sta organizzando assieme a Federfarma un incontro pubblico per rassicurare i consumatori. [...] «Sembra una barzelletta [...] ma nel giro di una settimana ho esaurito tutte le confezioni di amuchina. E pensare che negli ultimi due anni il prodotto non andava nemmeno a spingerlo. Stessa cosa per le mascherine di carta e per il Tamiflu, uno degli antivirali più conosciuti. C´è molta psicosi...»
Il Dr. Cantagalli sembra andarci pesante con le parole. «Psicosi», per il dizionario di Sabatini Coletti, è una «malattia mentale determinata da un disturbo organico o da cause esterne», oppure, per estensione, « idea fissa di qualcosa; panico, forte paura, specialmente collettiva». In ogni caso – aggiungerei – è una cosa incapace di rimediare al problema che la genera. È infatti evidente che, se l'assalto ai forni può temporaneamente togliere la fame, l'assalto alle farmacie non garantisce alcuna immunità né in linea di principio né allo stato dei fatti. Amuchina ed altri igienizzanti incrementeranno il contenuto dei lindi armadietti situati nei lustri bagni delle pulite case delle felici famiglie di italiani medi, e buona parte di quelle scorte farà la fine di buona parte dei farmaci acquistati o mutuati, con o senza ricetta, per reale necessità terapeutica del momento o per assicurazione preventiva contro un male dietro l'angolo: arredo bagno per un po' e scoria inquinante poi.
Descrizioni di grandi contagi sono presenti nella storia della letteratura da Tucidide a Lucrezio, a Boccaccio, a Manzoni, a Camus, fino al Saramago di «cecità». Si tratta in genere di storie nelle quali la massa mostra il peggio di sé per quanto riguarda l'uso del cervello. E sono storie destinate a ripetersi nelle modalità come se fosse la prima volta.
Inchieste e denunce in quantità sono state pubblicate sulle malefatte della grande industria farmaceutica, sempre pronta a lucrare sui timori e raramente pronta ad assumere punti di vista, non dico no profit, ma un minimo solidali.
Non riprenderò quelle narrazioni e non riferirò quei dati noti e presenti nella stampa e in rete. Proporrò invece una suggestione non so se marginale ma, ritengo, densa di implicazioni.
Da qualche anno, è un tormento che si ripete e si gonfia. Di volta in volta la «mucca pazza», la Sars, l'aviaria e da ultimo l'influenza suina hanno reso attuale la breve poesia di Giuseppe Ungaretti: «Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie». Peccato che all'intenso afflato umano, presente nei versi del poeta – per altro quasi dimenticato -, faccia oggi da contraltare un egoismo e un'insensibilità verso l'altro, che gridano vendetta, se pensiamo al desolante squallore che ha caratterizzato il funerale della prima vittima del virus A in Italia, e precisamente a Napoli, dove la chiesa è rimasta desolantemente vuota.
La domanda a cui tutti cercano risposta è: come si trasmette il virus? Le risposte sarebbero tutte legate al buon senso; ma siccome esso nella circostanza viene a mancare, ecco il diffondersi di comportamenti assurdi e, quel che è più grave, antisociali. L'assiduo parrocchiano che non è entrato in chiesa al funerale di Gaetano, magari la domenica successiva ha bagnato la mano nell'acquasantiera per farsi il segno della croce. La premurosa madre che si lava le mani con il gel igienizzante prima di accarezzare amorevolmente la testolina del pargolo, al supermercato stringe con robusta presa il manubrio del carrello del cui nettoyage non si può esser certi.
Il cittadino che si dice favorevole a rinviare l'apertura delle scuole, ritenendo l'aula un incubatore di germi patogeni – cosa in realtà più vera per l'anima che per il corpo – striscia disinvoltamente la mano lungo il mancorrente dell'autobus affollato che lo porta al lavoro. Le mani... importante periferica che mette in contatto il nostro corpo e la nostra mente con il mondo esterno...
«Con lu strufinaccio spolveri li cosi / e pulisci il nasu del figliolu scemu» - cantavano I Gufi, in una canzone sulle massaie, per ridicolizzare o compatire, loro, italiani del boom economico, un quadretto del mondo contadino che si avviava a diventare residuale.
Più avanti Zucchero Fornaciari cantò: « Con le mani sbucci le cipolle / Me le sento addosso sulla pelle / E accarezzi il gatto con le mani / Con le mani se vuoi, puoi dirmi di si».
Dovremmo ora proclamare una moratoria nell'uso delle mani in funzione relazionale? Non so se qualcuno oggi lo pensa. Posso però dire che anni addietro qualcuno lo pensò.
Nel 1932, il saluto romano venne adottato come sostituto della stretta di mano borghese. Nelle sue disposizioni, Starace auspicò che "l'anno XI segni il tramonto della stretta di mano". Il saluto veniva considerato "più igienico più estetico e più breve", per dirla con le parole di Mussolini, e il regime si definì antiborghese attraverso il saluto romano» (Simonetta Falasca Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Rubettino, 2003).
Ecco il motivo dell'igiene venir fuori in un contesto, sì, diverso dall'attuale, ma verso cui l'attualità sembra guardare con un atteggiamento di meno netta presa di distanza. Come tante volte abbiamo sentito dire a certi ben pensanti, «Mussolini qualcosa di buono lo ha fatto!» I treni che arrivavano in orario e anche questa di aver evitato a tanti italiani di buscarsi l'influenza... Gli è che boiate del genere devono avere veramente qualcosa di diabolico: tu le scacci da una parte e loro trovano sempre l'interstizio attraverso cui rioccupare l'ambiente. Questi sono i virus di cui aver paura!