Il Sexgate, i giustizialisti, la crisi e le lotte

Noemi, escort, bavagli all'informazione: ancora sul paese..di merda!

Riceviamo e pubblichiamo un commento sulle implicazioni politiche degli scandali che investono il Presidente del Consiglio.
13 settembre 2009 - Michele Franco (redazione di Contropiano)

A distanza di mesi dal montare del clamore mediatico non possiamo esimerci dal commentare la penosa telenovelas tra il Cavaliere, la minorenne Noemi e la signora D'Addario con annesse escort.
Vogliamo farlo oltre l'abusato gossip giornalistico cercando di interpretare questa vicenda all'interno dell'attuale corso del
berlusconismo in questo scorcio della crisi italiana.
La querelle Noemi, le escort baresi con annessi addentellati affaristici e malavitosi con i padrini della Sanità pugliese non sono solo una squallida storiella di aspiranti starlette, di esercizi di forme di prostituzione palesi ed auspicate o un macro riflesso di un dilagante sessismo il quale è la faccia speculare dell'oscurantismo clericale e culturale.
La querelle Noemi e le puntate successive sono un paradigma sociale - in salsa pruriginosa - il quale riflette la tendenza, a tratti inarrestabile, di un paese dove le idee/forza vigenti alludono concretamente ad una società niente affatto democratica, frantumata economicamente e sempre più acefala. Da questo punto di vista il recente film/documentario Videocracy bene descrive l'humus sociale e culturale del paese dentro cui siamo immersi.
Qualche tempo fa il sociologo De Rita usò l'espressione mucillagine sociale per leggere una società in cui aumenta la polarizzazione di classe (..che, sia detto per inciso, non significa aumento automaticamente del conflitto di classe) e la perdita di ogni identità mentre gli immanenti fattori strutturali della crisi accelerano le spinte centrifughe e disgregatrici.
In un contesto di questo tipo il sex/gate di Silvio Berlusconi è un pezzo di un autentico filo nero che tiene assieme avvenimenti che, uniti tra loro, configurano una situazione di crescente offensiva contro il complesso delle condizioni di vita ed alle generali relazioni sociali nella nostrana Italietta.
Abbiamo sostenuto - in numerosi articoli su Contropiano - che siamo tra coloro che ritengono che non sia possibile scatenare la lotta di classe verso i deboli e i ceti popolari fondando, unicamente, sulla leva finanziaria ed economica.
Per i capitalisti, i poteri forti, i padroni tutti affermare e consolidare il loro punto di vista significa, soprattutto, determinare una egemonia culturale la quale funge da viatico per affermare, nel breve e medio periodo, i loro obiettivi economici e disciplinanti.
Nei mesi scorsi, la demolizione dell'istituto del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro assieme all'approvazione del Pacchetto Sicurezza e delle liberticide norme che limitano il diritto di sciopero hanno caratterizzato segnatamente il piano dell'attacco borghese; in queste ultime settimane, invece, la gestione del caso Noemi/escort è servita ad implementare quei dispositivi limitanti la libertà di stampa e l'azione di quegli operatori dell'informazione che continuano, con accentuazioni varie, ad essere dissonanti e critici verso il totalizzante moloch del potere.
Nelle prossime settimane sono indette giornate di mobilitazione a difesa dell'informazione e della libertà di stampa. In questi appuntamenti ravvisiamo la solita, ed interessata, cesura politica tra la evidente questione sociale che gli effetti della crisi stanno squadernando sotto i nostri occhi e il tema delle libertà democratiche messe a repentaglio dal bavaglio imposto dal governo del Cavaliere.
Non è la prima volta che questa fuorviante impostazione fa capolino nei movimenti sociali e non è la prima volta che un sincero anelito democratico venga strumentalizzato e sussunto dai furori giustizialisti e questurini di un Di Pietro o di Travaglio i quali, solo ora, che la crisi economica inizia a mordere, fanno blandamente riferimento alle esigenze dei ceti popolari della società.
A fronte di questa situazione una soggettività comunista agente non volge lo sguardo altrove o mostra indifferenza verso settori della società che, seppur confusamente e contraddittoriamente, iniziano a percepire l'unitarietà politica, culturale ed economica dell'offensiva berlusconiana. Specie in un momento in cui, ciò che residua della sinistra, è ancora imbrigliata nelle maglie del politicismo ed è incapace, tranne rarissime eccezioni in giro per il paese, di una connessione con la società e le espressioni, latenti e potenziali, del conflitto.
La difesa della libertà di stampa, del diritto all'informazione, la battaglia contro l'oscurantismo culturale, contro l'oppressione della donna, contro il dilagare del razzismo e del sessismo sono temi qualificanti di una mobilitazione, ancora tutta da costruire, la quale dovrà, se vuole approdare a risultati consistenti, incrociare le lotte che in queste settimane, dalle fabbriche in crisi alla scuola, stanno iniziando ad attraversare la penisola.
Sarebbe poco utile e politicamente pericoloso delegare Di Pietro, Travaglio, il quotidiano la Repubblica o la direttrice dell'Unità ad una possibile rappresentazione di questo malessere sociale!!

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