E’ veramente cominciato l’autunno, quello di cui le opposizioni parlano sempre dopo che quello del ‘69 animò le speranze di cambiamento di quella stagione politica. Solo che mutatis mutandis nell’Italia Berlusconiana i protagonisti non sono esattamente gli stessi. Una volta era il movimento operaio e quello studentesco a scaldare la temperatura, adesso è la destra di governo ad andare all’attacco e la società subisce.
Questo apparente paradosso - che sembra il vero architrave della modernità - è anche la chiave per interpretare il successo politico e popolare che ha permesso alla destra di conquistare il paese e probabilmente di tenerlo ancora a lungo. Il Gramsci del “sovversivismo delle classi dirigenti” impallidirebbe di fronte alle lezioni di laicità politica provenienti da questa destra.
Tant’è che mentre la fu sinistra si attorciglia intorno a categorie politiche che la rendono sempre più mite e muta, la destra al governo del paese e delle città dilaga utilizzando tutti i mezzi tranne quelli consentiti. All’ufficiale richiamo al rispetto delle regole e della legalità, corrisponde una prassi politica improntata all’esatto contrario e dalla sensazione di spiazzamento che ne deriva per la società ne consegue l’enorme spazio politico a disposizione della destra.
D’altronde la crisi morale che attanaglia la politica, le istituzioni e quindi la “democrazia parlamentare” gli permette di fregarsene altamente delle regole e proprio per questo mantenere alto il suo grado di popolarità. Può anche darsi che alla lunga tutto ciò non basti a coprire il vuoto spinto di progettualità sociale offerto dalla destra, è sicuro però che fino ad allora di danni se ne possono fare molti e significativi.
Accade così che il Sindaco della Capitale del paese, dopo appena un anno di governo inesistente per gli interessi della città, decida di farla finita con la realtà politica e sociale che maggiormente rappresenta i bisogni e gli umori dei romani poveri, dei lavoratori precari, dei migranti e degli studenti alle prese con la rendita immobiliare che spadroneggia in città. Un movimento, quello per il diritto alla casa, che proprio per questa sua legittimità sociale si rinnova senza interruzione da decenni, protagonista indiscusso della vita politica cittadina. Una realtà che ha accompagnato la nascita di altri movimenti, come quello dei centri sociali di cui è divenuto parte essenziale, arricchendo quelli esistenti e spesso anche la sinistra politica. Un movimento articolato, animato da diverse sensibilità, ma che ha saputo promuovere grandi battaglie di giustizia e libertà come quella contro il nuovo Piano Regolatore di Veltroni o per la Legge Regionale d’iniziativa popolare in tema di diritto all’abitare
Una realtà sociale quindi, ma in potenza anche una piccola forza politica di tipo nuovo che ha saputo interpretare le trasformazioni che investono la città, offrendo al contempo uno spazio d’organizzazione popolare non residuale. Come anche Report ha ricordato qui i processi di valorizzazione capitalistica si fondano sulla rendita immobiliare e finanziaria e quindi sull’espropriazione di suolo, risorse e diritti alla città. La “questione romana” sta tutta dentro questo connubio entro cui si aggregano e rinnovano poteri forti e classi dirigenti. Per questo il movimento per il diritto alla casa va battuto, perché restituendo ai romani il diritto alla casa, in realtà gli restituisce il diritto a decidere, a governare contro la rendita e i suoi policromi politicanti.
Ma questa sua forza e indipendenza è anche un handicap, anzi a ben vedere una grave colpa. Alla scomparsa della sinistra non corrisponde purtroppo anche la scomparsa della miope cultura politica responsabile della competizione a sinistra. Anzi più la situazione si complica maggiore è la tentazione all’isolamento e alla rivalità, come se la scomparsa di taluni fosse più accettabile di quella di altri. Tant’è che i vari tentativi di rianimare la sinistra si fondano tutti, inevitabilmente, sul presupposto di cannibalizzazione del vicino. E quando non c’è niente da digerire… vuol dire che non accade niente di importante per cui valga la pena battersi.
Solo per questo motivo può succedere che dal 1° settembre, dopo uno sgombero vergognoso e altri annunciati, il movimento di lotta per la casa si trovi solo nelle piazze e sui tetti dei Musei Capitolini ad affrontare Comune, Prefettura e Questura della capitale del paese. Niente paginone de “il Manifesto”, per altro molto attento alle proteste dei tetti; nessun segnale di vita dal Pd capitolino e dal Sindacato; ne un grido di protesta da Provincia e Regione contro l’uso criminale della polizia per questioni di natura sociale.
Non solo la sinistra è morta, ma anche l’orgoglio e la dignità di quegli uomini e donne che una volta ne fecero parte non sta più molto bene. Lo dicevamo sopra: “può anche darsi che alla lunga tutto ciò non basti a coprire il vuoto spinto di progettualità sociale offerto dalla destra, è sicuro però che fino ad allora di danni se ne possono fare molti e significativi”.