> Da Marginalia
L'11 agosto di tre anni fa, a Sarezzo, veniva uccisa a coltellate e seppellita nell'orto di casa dal padre e da altri parenti maschi Hina Saleem. Era emigrata in Italia dal Pakistan per ricongiungersi alla famiglia nel 1999, a quattordici anni. All'epoca dell'omicidio era dunque poco più di ventenne, lavorava in una pizzeria a Brescia dove conviveva con il suo ragazzo (italiano). Ma probabilmente tutti questi particolari sono inutili, ricorderete tutte e tutti Hina Saleem: come avevo già sottolineato in Violenza sulle donne e razzismo il suo fu uno dei pochissimi "omicidi in famiglia" saltati all'onore delle cronache italiane, mentre le tante donne uccise da mariti, fidanzati, amanti, padri, fratelli e parentame vario a stento riescono a conquistare uno striminzito trafiletto nelal pagina di cronaca. Ma nel caso di Hina tutt* avevano il proprio "guadagno" (o tornaconto): la stampa che banchettò sul suo corpo martoriato, i sostenitori dello "scontro di civiltà" che nell'omicidio vollero vedere la prova dell'impossibile "integrazione" dell'Islam nella nostra cultura, le presunte paladine dei diritti e della libertà delle donne come l'onorevole Daniela Santanchè che colsero l'occasione per denunciare i "barbari costumi" della famiglia musulmana di Hina e il silenzio delle "femministe" ... In realtà tante voci di donne, di femministe, italiane e non, furono semplicemente ignorate. Qualcuna scrisse che Hina siamo noi, altre che il mostro è il patriarcato parlando con coraggio della propria personale esperienza di oppressione. Io, piena di rabbia e disgusto dopo aver letto che Hina era stata seppellita "con la testa rivolta alla Mecca, come vuole la tradizione musulmana", chiedevo provocatoriamente in che direzione era rivolta la testa di quella giovanissima donna uccisa, vicino Venezia, dal suo amante a calci e pugni e poi sepolta ancora viva, incinta di nove mesi. Di questa donna non conoscevo, mentre scrivevo, il nome, come non conoscevo il nome del suo assassino, un italiano, marito e padre. Ma appunto queste sono storie che si apprendono solo nei trafiletti. Solo più tardi ho "scoperto" che la ragazza sepolta viva si chiamava Jennifer Zacconi e che in realtà del suo omicidio si era parlato molto nella stampa locale, ma anche in questo caso strumentalmente: l'enfasi era stata posta sul fatto che era incinta, che nonostante il suo amante non fosse d'accordo aveva insistito per "tenersi il bambino" e sul fatto che l'assassino dovesse essere condannato per duplice omicidio. Sembra che dietro ci fosse lo zampino del Movimento per la vita. Due storie diverse, (come ancora diversa è la storia della donna migrante uccisa qualche giorno fa dal marito italiano), ma accomunate dalla volontà da parte di organi di informazione e apparati di dominio/controllo di usare strumentalmente la violenza sulle donne. Dire che Hina e le altre sono state uccise da quel violento rapporto di potere chiamato sessismo che non tollera la libertà delle donne non è permesso.