La storia della Fini compressori inizia nel 1952. Nel corso di questi decenni l’azienda è diventata leader mondiale dei compressori ad aria. Qualche anno fa la proprietà decise di trasferire una larga parte delle lavorazioni in Cina, dove aprì uno stabilimento con 200 addetti. L’apertura della fabbrica nel paese della Grande Muraglia produsse, in poco tempo, un drastico ridimensionamento del personale alla sede di Zola Predosa.
Attualmente l’organico in provincia di Bologna è di 236 lavoratori, molti dei quali sono interessati a provvedimenti di cassa integrazione a rotazione.
L’andamento della gestione dell’azienda da parte del padrone e della dirigenza faceva prevedere già qualche mese fa l’attuale epilogo a livello occupazionale. Ora siamo arrivati al momento della verità.
Annunciando che il calo degli ordini avrebbe reso il 50% dei dipendenti in esubero, la Fini prefigura la messa in mobilità di116 lavoratori e, al tempo setsso, pensa alla vendita dell'immobile aziendale. Entrambi i provvedimenti sarebbero giustificati come la conseguenza di una “inaspettata” riduzione del volume delle vendite (di cui però già parlava due mesi e mezzo fa!).
I lavoratori, invece, pensano che piuttosto di rendere conto dell'incapacità del management aziendale – e dei suoi costi – la Fini voglia sfruttare l'occasione per chiudere l'attività in Italia e concentrarla nello stabilimento cinese di cui è proprietaria.
Questo viene detto, abbastanza chiaramente, in un comunicato della proprietà che afferma come l’obiettivo finale sia quello di mantenere un organico di circa 120 unità. Padron Fini confida, tra l’altro, che “le organizzazioni sindacali possano condividere le soluzioni e gli strumenti proposti”.
Ma il sindacato dei metalmeccanici, pur con una dichiarazione alquanto pacata del segretario del FIOM Papignani (“Non è una buona soluzione, prima di tutto bisogna tutelare i posti di lavoro”), a questa logica sembra non starci, ha infatti indetto uno sciopero per la giornata odierna con presidio davanti ai cancelli della fabbrica.
Sul versante delle forze politiche, invece, il silenzio è quasi totale. Va registrata solo la presa di posizione di Bologna Città Libera che ha firmato un comunicato insieme al Circolo di “Terre Libere” della Fini. Nella nota si afferma: “Anche nel caso della Fini ci sembra, purtroppo, di rivedere lo stesso copione utilizzato per le Fonderie Sabiem.
Il rapido approfondirsi della crisi sociale e la mancanza di politiche concrete al suo contrasto, rende ancora più penoso il balletto del numero di assessorati necessari per soddisfare le richieste del PD e dei partiti alleati in Comune a Bologna ed in Provincia. La mobilitazione e l'unità dei lavoratori e delle lavoratrici e delle comunità territoriali interessate (a partire dai comuni di Bologna e di Zola Predosa) deve riuscire a fermare questo nuovo passo della desertificazione industriale in atto nella nostra Provincia.
Gli enti locali devono agire (finendola con i continui proclami di accordi che poi concretamente non funzionano) a tutela dei soggetti sociali più deboli colpiti dalla crisi.
Alle donne ed agli uomini che vedono messa in discussione la loro prospettiva di vita diamo la nostra più fraterna e totale solidarietà e saremo al loro fianco in qualsiasi iniziativa di lotta loro intraprenderanno in difesa del posto di lavoro”.
Per chi fosse interessato a comprendere cosa provano gli operai di fronte a questa situzione di crisi che li colpisce direttamente consigliamo la visione di questo breve intervento che Daniele Canton (operaio della Fini) tenne lo scorso 27 maggio 2009 nel corso di una conferenza stampa di Bologna Città Libera. Canton era candidato di BCL nel quartiere Borgo Panigale.