La gestione del terremoto non produce più consenso

Cronache dell'Abruzzo

Solo porte in faccia per gli abbruzzesi a Montecitorio. Altro che ricostruzione, trasparenze e partecipazione. Intanto l'aria per Berlusconi è cambiata, ora che il dispositivo mediatico non è più sufficiente per governare la crisi vengono al pettine tutti i problemi. E l'imperatore viene assediato dalla gente a pressochè ogni uscita pubblica. Sul piatto rimangono sempre le stesse domande: "Ad esempio, come pensa di risolvere il problema delle seconde case dei centri storici che rimarranno distrutte senza la copertura statale, o il buco che il sisma ha lasciato nel bilancio degli enti locali ? O ancora il problema dell'insufficienza dei moduli abitativi in costruzione?"
19 giugno 2009

Pubblichiamo, di seguito, una breve selezione di articoli usciti in questi giorni su vari quotidiani. Il 16 Giugno si è svolta una manifestazione di protesta che gli abruzzesi hanno voluto tenere a Roma, di fronte a Montecitorio. In questo caso, quando hanno voluto esporre le loro perplessità sul piano di ricostruzione hanno ricevuto solo porte in faccia, visto che non avete il danaro per operare in autonomia dal governo centrale, non potete avanzare pretese.O questo, o niente", così ha risposto loro il parlamentare del Pdl Straguadagno. Intanto Berlusconi è alla sua quattordicesima visita all'Aquila, ma l'imperatore non circola più, bellamente, per le strade della città. La gente aspetta al varco per contestarlo.In conferenza stampa, poi, viene detto a quelli di Epicentro Solidale e del comitato 3e32 di non essere graditi. Stanchi da mesi di tendopoli, preoccupati da un decreto che non non garantisce moduli abitativi sufficienti e non punta alla ricostruzione del centro storico, inascoltati, presso gli abruzzesi monta il malcontento.La gestione mediatica del terremoto sembra non essere più capace di creare speranza e ottimismo e Berlu$co, come riportava uno degli striscioni ieri  E intanto gli anziani,a stare dentro le tende, cominciano ad ammalarsi.

I terremotati, la protesta, la rabbia

 Eccomi di ritorno. Tante le cose da dire. I post lunghi non sono il mio forte. Cercherò di sintetizzare al massimo. A Roma c’eravamo, e non eravamo pochi. Più di duemila. E solo terremotati, ché la partecipazione esterna è stata del tutto irrilevante. Abbiamo capito che il problema, quando si tratta di esserci, è solo nostro. Tanti dunque, sotto il sole cocente del primo pomeriggio. Tante persone di tutte le età. Persone che, pur profondamente provate, e stanche,hanno sfidato il caldo opprimente, la fatica, la paura. Non ci volevano, questo è apparso chiaro dall’inizio. Hanno tentato di bloccare il corteo spontaneo che si è snodato da Piazza Venezia sino a Montecitorio. Non gradivano gli striscioni che recitavano, in perfetto aquilano “Berlu$co’, non te fa revede’ a L’Aquila”. L’esito della votazione lo sapete bene, non starò qui a ripetervelo. Era prevedibilissimo. Ci hanno ignorati. E calpestati. Ci hanno inferto un altro terremoto, quello di un pomeriggio sull’asfalto bollente, quello del rifiuto.Una rappresentanza dei comitati cittadini è stata ricevuta da un deputato del Popolo della Libertà, tale Giorgio Straguadagno, e qui ci starebbe bene la saggezza latina del nomen omen che io non menzionerò. Il suddetto, senza mezzi termini, dice che la tassa di scopo non passerà: non metteranno le mani in tasca agli Italiani e, tanto meno, affideranno il denaro della ricostruzione agli enti locali, dei quali non si fidano. Tutto resta nelle mani della Protezione Civile. Lo Straguadagno ha detto, infine : nte”. Raro esempio di democrazia e libertà. Complimenti onorevole Straguadagno! Da segnalare la presenza, in concomitanza alla nostra, delle guardie giurate dell’ANCR che manifestavano, in pochissimi, per problemi di rinnovo di contratto. Avevano dei fischietti che, guarda caso, usavano come rompitampani solo quando uscivano i rappresentanti dei comitati cittadini o i nostri deputati a dare notizie agli sfollati. Coprivano le voci dei nostri gridate al megafono. Momenti di tensione altissima, le forze dell’ordine difendevano solamente loro. I terremotati? Carne da macello. Per evitare strumentalizzazioni, si è deciso di snodarci in corteo di nuovo sino a piazza Venezia. Ed abbiamo forzato un posto di blocco in via del Corso, fermando brevemente il traffico con un sit in di protesta. Giunti a piazza Venezia, ci siamo uniti, mani nelle mani, in un girotondo che ha cinto l’intera piazza, al tramonto. Il minuto di silenzio per i 307 morti ha chiuso una giornata di dolore,delusione e profonda amarezza. Tutti perfettamente consapevoli del fatto che, con questo decreto, la nostra città morirà. Dopo la nottata trascorsa a Roma, per la prima volta fuori dall’inferno, coccolata dall’affetto di una carissima amica, nel primo pomeriggio son tornata a L’Aquila. In tempo per il suo arrivo. I comitati cittadini erano allertati, ma le notizie divulgate sui giornali circa il percorso del presidente erano false. Gli imperatori non vogliono essere contestati. Abbiamo istituito vari posti di blocco nelle possibili vie di accesso alla scuola della Guardia di Finanza, quartier generale della Protezione Civile. L’imperatore ci ha semplicemente sorvolati in elicottero. Non lo abbiamo intercettato. Non è sceso fra la gente che voleva porgergli delle domande. Che voleva sapere dove fossero finite le sue promesse. In compenso, abbiamo dovuto subire il sarcasmo, gli sberleffi e anche gli insulti delle forze dell’ordine, rivolti col ghigno sulle labbra. “Poveri sciocchi, ma davvero pensate che passi di qui? Siete patetici”. Questo il succo, edulcorato, delle parole che ci siamo sentiti dire.

articolo e foto tratti da Epicentro solidale

 

Scosse di rabbia a Montecitorio

Sono arrivati convinti che qualcuno, nel loro Parlamento, li avrebbe ascoltati e se ne sono andati via molto più arrabbiati e disillusi di prima. In centinaia si sono mossi di buon mattino dalle tendopoli de L’Aquila e dei paesi limitrofi, dagli alberghi della costa, dalle case dove si sono trasferiti come sfollati o da quelle che hanno rioccupato da poco, per manifestare sotto Palazzo Montecitorio proprio mentre la Camera è impegnata nell’ultimo passaggio parlamentare per la conversione in legge del decreto Abruzzo, sperando di poter ancora influenzare il voto.  Di destra e di sinistra, una volta scesi dalla ventina di autobus che li ha trasportati  fino a Piazza Venezia, hanno sfilato decisi in corteo lungo via del Corso dietro lo striscione: “Forti e gentili sì, fessi no”. Carabinieri e polizia hanno tentato di  incanalarli nei vicoli per evitare che si avvicinassero troppo a Montecitorio, ma inutilmente. Il corteo, pacifico e sorridente, ha proseguito spedito forzando il cordone ed entrando nella piazza dalla porta principale, non da quella di servizio.
Più di duemila persone hanno così manifestato sotto il solleone romano per ore, aspettando una buona notizia. Che non è mai arrivata. Alla fine, dopo una lunga attesa, le porte di Montecitorio si sono aperte per due delegazioni: quella dei sindaci che sono stati ricevuti dal presidente Gianfranco Fini, e quella dei comitati cittadini che hanno dovuto accontentarsi del deputato Pdl Giorgio Stracquadanio. “Un fallimento, una delusione totale”, raccontano i cinque rappresentati dei comitati che si sono sentiti confermare dall’esponente del centrodestra, punto per punto, il decreto legge così com’è.
“Risposte totalmente insufficienti e ascolto zero”: è netto il giudizio dei cittadini riuniti nel cartello di associazioni che ha lanciato  la “campagna 100%”. Altro che 100% ricostruzione, trasparenza e partecipazione, “abbiamo ottenuto solo porte in faccia”. Da Fini, invece, gli amministratori locali avevano ricevuto almeno la promessa che ci sarebbe stato il massimo sforzo per favorire il dialogo. Un soffio di speranza brutalmente naufragato solo pochi minuti dopo, quando la Camera ha bocciato  l’emendamento che estendeva il finanziamento totale da parte dello stato anche per la ricostruzione delle seconde case. “Lo aveva promesso davanti alle bare dei nostri morti”, urlano contro Berlusconi dalla piazza appena arriva la notizia. La rabbia è tanta. “Inutile stare qui, torniamo a casa”. Non c’è più nulla da aspettare e in corteo invadono di nuovo il Corso dirigendosi verso piazza Venezia. Qualcuno propone di dirigersi verso il Quirinale, ma tra blocchi del traffico e sit-in improvvisati, arrivano solo fin sotto palazzo Grazioli. Ma l’”imperatore” non è lì. Si sta preparando per la tredicesima visita all’Aquila, domani pomeriggio,  per verificare lo stato di avanzamento dei lavori del post terremoto. Ma gli abruzzesi domani sapranno accoglierlo come merita?

Tratto da Il Manifesto

 

Toccata e fuga tra le contestazioni

 Assediato. Per il presidente del consiglio l'aria all'Aquila è totalmente cambiata. La quattordicesima visita di Berlusconi nel capoluogo abruzzese si conclude senza mettere piede a terra, se non all'interno della cittadella della Guardia di finanza di Coppito, la stessa dove tra venti giorni saranno rinchiusi anche i grandi del G8. Decisamente sotto tono, per essere la risposta alle contestazioni del giorno prima davanti a Montecitorio e alla sua residenza di Palazzo Grazioli.
Dappertutto gruppi di cittadini lo attendono: nei cantieri del Piano «Case» a Cese di Preturo, ma anche a Sant'Elia e a Bazzano, perché scopo ufficiale della visita è controllare lo stato dei lavori nelle venti aree prescelte per le new town. Le voci si rincorrono fin dalla mattina, la gente si organizza con un tam tam che viaggia per sms, alcuni chiedono un permesso per uscire prima dal lavoro. A Coppito, la strada che porta alla Scuola ufficiali delle Fiamme gialle viene bloccata dai comitati che continuano la protesta contro il decreto legge anche se, essendo ormai blindato alla Camera, hanno abbandonato ogni speranza di vederlo modificare. Ma il Cavaliere dribbla tutti: arriva in elicottero e, senza toccare mai terra, dal mezzo della Protezione civile «controlla» lo stato dei lavori delle piattaforme antisismiche per le future case degli aquilani. L'elicottero «presidenziale» sorvola Cese di Preturo, dove il comitato locale ha installato un gazebo a ridosso dei terreni espropriati, si sofferma un po' a mezz'aria proprio sopra le ruspe e le betoniere che da un paio di giorni hanno accelerato il ritmo dei lavori, e se ne va. Lasciando tutti con il naso all'insù, e l'amaro in bocca. Fa lo stesso a Bazzano e poi, via, tra le mura protette della cittadella di Coppito. 
Ma la fuga non è finita. Il pericolo si nasconde anche all'interno della sala stampa della Scuola sottufficiali, dove il premier è atteso per una conferenza stampa. Per gli agenti della Digos, infatti, per il vice questore e per alcuni volontari della protezione civile, la presenza del consigliere comunale dell'Aquila del Prc Enrico Perilli e di due esponenti dei comitati civici «3e32» e «epicentrosolidale.net» - regolarmente accreditati all'ingresso - non è ben accetta. «Ci hanno invitato ad abbandonare la sala» spiegano i tre rappresentanti dei cittadini aquilani che volevano partecipare alla conferenza stampa per porre al presidente del consiglio alcune domande ancora senza risposta. Le stesse che la popolazione, fuori, avrebbe voluto, più o meno cortesemente, porgli. Ad esempio, come pensa di risolvere il problema delle seconde case dei centri storici che rimarranno distrutte senza la copertura statale, o il buco che il sisma ha lasciato nel bilancio degli enti locali. O ancora il problema dell'insufficienza dei moduli abitativi in costruzione che pure, come denuncia l'associazione «Osservatorio nord-ovest» di Cese di Preturo, è ben accetta dai residenti locali che non hanno alcuna intenzione di far mancare la solidarietà nei confronti degli sfollati delle tendopoli: «Noi vogliamo farci carico del problema di portare fuori dalla tende gli aquilani prima dell'inverno - spiega Roberto - ma nutriamo forti perplessità sul tremendo impatto che avrà questo insediamento in costruzione, con 14 ettari di terreno espropriati e mal risarciti, e con 2.166 persone insediabili secondo il Piano Case, in un paese che conta 400 abitanti, e senza alcun apporto di servizi». 
Berlusconi però diserta anche l'incontro con i giornalisti e se ne va in elicottero come era arrivato. Ma non rinuncia al briefing con gli imprenditori che si sono aggiudicati gli appalti per la ricostruzione post terremoto, e i sindaci neoeletti abruzzesi del Pdl nelle amministrative dello scorso 6 e 7 giugno (Mascia al comune e Testa alla provincia di Pescara, Brucchi al comune e Catarra alla provincia di Teramo). Poco prima però aveva convocato gli enti locali «ribelli» aquilani: il primo cittadino dell'Aquila, Massimo Cialente e la presidente della Provincia Stefania Pezzopane. Un faccia a faccia voluto per fare chiarezza sulla mobilitazione che sta crescendo nelle zone terremotate e che potrebbe mettere a repentaglio il tranquillo svolgimento del G8. «Abbiamo chiesto al premier di modificare il decreto legge prima del voto definitivo, spiega Cialente che spera in un maxiemendamento del governo all'ultimo minuto dopo che il testo del provvedimento è passato indenne - grazie alla blindatura della maggioranza - all'esame della Camera. Berlusconi, come già fece il 29 maggio prima delle elezioni, li ha rassicurati ma soprattutto ha cercato lui stesso rassicurazioni: «Nessuna strumentalizzazione politica, ho respinto fermamente qualunque accusa di questo genere - fa chiarezza ancora Cialente - sia io che Pezzopane abbiamo ribadito che in questo momento abbiamo solo una casacca: quella nero-verde, che è il colore della città dell'Aquila. Ora aspettiamo di vedere la prossima mossa del governo». Palazzo Chigi lo sa, come avevano scritto i manifestanti: «Gli aquilani vi aspettano per il G8».

articolo tratto da il Manifesto, foto da Epicentro Solidale

 

L’Aquila, nelle tendopoli anziani allo stremo

Le tendopoli dell’Abruzzo si stanno trasformando in un enorme “cronicario” all’aria aperta per la popolazione anziana che vi soggiorna. Servono interventi sanitari mirati, sostegno psicologico e soprattutto un programma tempestivo per togliere dalla tende la popolazione anziana. A lanciare l’allarme è lo Spi Cgil che insieme alla Cgil nazionale ha presentato un ampio dossier sulle condizioni di vita e di salute delle persone anziane sfollate che abitano nelle tendopoli allestite dopo il terremoto che ha colpito l’Aquila. L’inchiesta sul campo è stata realizzata dal mensile dello Spi LiberEtà che ha raccolto dati e testimonianze di specialisti sanitari sullo stato di salute psico-fisica delle oltre quattromila persone con più di 75 anni che vivono nelle tendopoli.

Nelle tendopoli vivono quasi 29 mila persone. Tra queste, il Dipartimento di prevenzione della Asl dell’Aquila ha stimato che ad oggi la percentuale di persone con più di 65 anni sale addirittura al 70 per cento. Secondo i dati dell’Inps in provincia dell’Aquila vivono complessivamente 73.664 pensionati dai 60 anni in su. Quasi il 50 per cento di loro, 30.750 persone, vive con meno di mille euro al mese. E tra questi 15.000 vivono con meno di 500 euro al mese. 

Il segretario generale della Cgil Gugliemo Epifani ha invitato il governo a “fare di più e più rapidamente per intervenire sull’emergenza” e a “dare priorità alla popolazione anziana per l’assegnazione delle prime case”. “Le case - ha aggiunto il segretario generale della Cgil - dovrebbero essere anche pensate in funzione di un così grande numero di popolazione anziana”. Carla Cantone, segretaria generale dello Spi Cgil, si è detta “allarmata per il rischio che cali l’attenzione su una tale emergenza”, e ribadisce le richiesta di “interventi tempestivi ed efficaci da parte del governo”. 

Il primario del reparto di geriatria dell’ospedale San Salvatore, Marco Pozone, intervistato dal cronista di Liberetà, ha illustrato qual è la situazione ad oggi. “Dopo l’emergenza adesso viviamo una situazione di cronicità - spiega il dottor Pozone -. La tenda è un grosso problema: sotto il sole le temperature all’interno sono proibitive. Il condizionatore sta creando dei problemi. Chi sta vicino al radiatore ha getti di aria gelida addosso. Come ti allontani fa caldo. Ma ci sono alcune migliaia di anziani chiusi in una tenda, che non si muovono più e hanno scarse reazioni”. Gli sbalzi di temperatura in tenda, ha spiegato ancora il dottor Lino Scoccia, coordinatore dei medici di base che operano nelle tendopoli, stanno provocando molte bronchiti e casi dibroncopolmonite. Gli anziani che non si muovono più bevono poco. “Ladisidratazione - ha siegato il dottor Pozone - comporta insufficienza renale, complicanze infettive, polmoniti, peggioramento dello stato mentale. Dobbiamo fare prevenzione nei campi perché i posti in ospedale sono insufficienti. Fortunatamente abbiamo riaperto un po’ di letti (14 per la geriatria, il 50 per cento di quelli che avevamo prima del terremoto). A livello di specialistica ospedaliera, poi, abbiamo avuto sempre una cronica mancanza di personale”. Nelle tende vivono anche anziani dializza ti, come aggiunge la psicologa Roberta Brivio che opera nel campo di Coppito. “Pur di non rimanere lontani dai figli, ci sono anziani di oltre cento anni che hanno rifiutato il ricovero nelle Rsa o il trasferimento in casa di parenti lontani - ha concluso la psicologa Brivio -. Bisogna stare attenti, l’emergenza fisico-psicologica comincia ora e su l’Abruzzo sta cadendo l’attenzione”. 

Oggi un nutrito gruppo di persone che soggiornano nelle tendopoli dell’Aquila e gli operatori che a vario titolo vi lavorano, saranno davanti a palazzo Chigi per chiedere al governo risposte ai problemi del post terremoto. “Il sindacato continuerà a vigilare - ha assicurato il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani - . Non lasceremo sole le popolazioni abruzzesi”. 
Tratto da Rassegna.it