La quota di tasse universitarie che uno studente pagherà potrebbe diventare una funzione del merito o, se si preferisce, del livello di produttività che lo scolaro sollecito ha saputo raggiungere. C’è un mostro dentro la proposta sui nuovi criteri di attribuzione degli sconti sulle tasse che la prorettrice Paola Monari ha presentato mercoledì scorso in Senato accademico: chi non ottiene il numero di crediti previsto nell’anno accademico precedente, pur facendo parte della fascia di contribuzione più bassa, pagherà quanto chi ha il reddito più alto.
Riportiamo l’esempio di Riccardo, uno studente che debba iscriversi all’ultimo anno di un qualsiasi corso di laurea e presenti un indicatore Isee inferiore al 15%, ovvero possieda un reddito molto basso e sia, in virtù di questo dato, completamente esonerato da ogni pagamento. Poniamo il caso che egli abbia raggiunto un numero di crediti lievemente inferiore a quello richiesto: con il nuovo sistema sarà costretto a versare nelle casse dell’Alma Mater, sempre che voglia laurearsi, circa 2.000 euro contro i circa 1.000 che pagherebbe allo stato attuale. Pagherà, in buona sostanza, un contributo pieno.
La prima considerazione che se ne deduce è che il mostro della Monari si basa su una contraddizione inaccettabile. Infatti, con l’introduzione dei nuovi criteri, la prorettrice intende trattare gli svantaggiati come se fossero i più facoltosi dopo aver riconosciuto che dispongono di un reddito familiare tra i più bassi. In secondo luogo, questa proposta appare completamente sganciata dalle concrete situazioni di vita reale. Generalmente, lo studente la cui famiglia non possieda un reddito medio o elevato è anche un soggetto costretto a lavorare per sostenersi. In altre parole, deve scambiare tempo ed energie per denaro.
Ma, evidentemente, la prorettrice e i rappresentanti degli studenti facenti capo a Sinistra Universitaria (astenutisi) e a Student Office (a favore) non vedono come l’infelice condizione di studenti-lavoratori sottragga risorse da dedicare all’accumulo dei crediti. Sembra che tutto sia predisposto per selezionare i più adatti ad andare avanti: quelli che hanno più denaro, quelli che grazie al contesto socio-economico d’estrazione sono spesso anche i più diligenti nello studio e quelli che, in ultima analisi, studiano e lavorano sodo.
Bene, ci si augura che ad un processo di selezione artificiale dei soldatini della società di domani si accompagni la selezione naturale dei decisori che rinsaldano le ingiustizie su cui si basa la società di oggi con politiche di governance mostruose.