Sono le 10 e 12 minuti quando improvviso arriva il boato, in una piazza gremita di studenti e lavoratori un ordigno esplode, lasciando a terra otto morti e un centinaio di feriti. Già da mesi il territorio bresciano è teatro di numerosi attentati, aggressioni, e provocazioni squadriste nei confronti di sedi sindacali, sezioni di partito e militanti antifascisti in fabbrica e fuori. I sindacati e il Comitato Permanente Antifascista convocano per quella mattina quattro ore di sciopero generale e una manifestazione unitaria per rispondere all'escalation di violenza. E' una strana mattina di Maggio, piove, di quella pioggerella fine e continua che costringe molti a rifugiarsi ai lati della piazza, sotto i portici, per ascoltare il comizio conclusivo. Ma è una strana mattina anche perchè a differenza del solito la presenza delle forze dell'ordine è modesta e dislocata in punti insoliti , nonostante appena cinque giorni prima, Silvio Ferrari, giovane di estrema destra, membro di "Avanguardia Nazionale" , fosse saltato in aria, in piena notte , in piazza Mercato, mentre trasportava un ordigno sulla sua moto, e appena la sera prima, ma questo si saprà solo in seguito, un volantino fatto pervenire alle redazioni dei giornali cittadini e al questore, a firma "Ordine Nero" , annunciava attentati e stragi contro tutti gli antifascisti. Poche decine di agenti e nessuna misura di sicurezza particolare, un rapido controllo del palco, posizionato sotto la sede del Comune, ma nessuno che si preoccupi di togliere o controllare i portarifiuti sul lato opposto della piazza. Ed è lì che esploderà l'ordigno. Pochi minuti dopo il boato, nonostante il panico e lo stordimento, i lavoratori organizzano dei cordoni dove era avvenuto la scoppio, per aiutare i feriti e coprire i corpi delle vittime. Arrivano due camionette, intenzionate a sgomberare la piazza, ma dopo alcuni tafferugli, vengono ricacciate fuori , e non ci rientreranno più fino ai giorni successivi ai funerali.
Dopo i primi soccorsi la piazza viene però immediatamente ripulita dagli idranti dei Vigili del Fuoco, rendendo successivamente impossibile rinvenire i reperti della bomba e stabilirne la natura.
La risposta dei lavoratori e degli antifascisti è imponente, non solo in piazza, nel giro di poche ore si proclama la prosecuzione dello sciopero, l'occupazione delle fabbriche, e un presidio permanente . La gestione dell'ordine pubblico nelle giornate successive, compresi i funerali di Stato, sarà affidata direttamente ai consigli di fabbrica, anche se sotto lo stretto controllo dei sindacati.
Dopo 35 anni di distanza la "giustizia processuale" inaugura il nono processo, imputati sono gli ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, un estremista di destra legato ai servizi segreti, Maurizio Tramonte, l'ex segretario missino Pino Rauti, l'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino e Gianni Maifredi. La melassa istituzionale e le vuote retoriche commemorative hanno ormai sterilizzato la consapevolezza di quei giorni, ma entrando in piazza, anno dopo anno, non si riesce a resistere all'impulso di voltarsi per controllare se questa volta i portarifiuti ci sono o no.
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